In Grecia, scoppia lo scandalo della sorveglianza verso oppositori politici, giornalisti e ONG.
Nel frattempo, le autorità portano a processo due attivisti in difesa dei migranti
La nascita dello scandalo della sorveglianza in Grecia, rinominato “Greek Watergate” risale allo scorso marzo, sotto il governo Mitsokatis.
Il primo a denunciare i fatti è stato il gruppo per i diritti digitali Citizen Lab, che ha informato il giornalista Thanasis Koukakis del fatto che il suo telefono fosse stato sorvegliato per dieci settimane dal software spia di origine israeliana Predator.
Quattro mesi dopo, ad agosto, anche il leader di uno dei partiti di opposizione, Nikos Androulakis, ha scoperto di essere stato vittima di dello spyware e di essere stato sorvegliato dai servizi segreti nazionali.
Ma tutto questo, secondo Mitsokatis, sarebbe avvenuto senza la sua consapevolezza.
Successivamente, il giornale nazionale Documento ha pubblicato una lista di persone di alto profilo, tra cui politici e giornalisti, che sarebbero state sorvegliate attraverso Predator.
In seguito alle forti pressioni, nel novembre 2022, il governo greco aveva annunciato di voler introdurre una legge che “vietasse la vendita di spyware“.
Il mese successivo, tuttavia, è stato approvato un disegno di legge che legalizza l’acquisto di tecnologia di sorveglianza da parte delle autorità.
La legge, fortemente criticata dalla società civile, prevede che un individuo debba aspettare tre anni per sapere se è stato oggetto di sorveglianza. Infine, può solo essere informato sulle misure di sorveglianza e sulla durata, non sui motivi del provvedimento.
Oltretutto, due dei tre membri del comitato incaricato di decidere se informare la vittima, fanno parte della stessa autorità giudiziaria che avrebbe autorizzato la sorveglianza.
Sorveglianza e repressione in Grecia: la Commissione PEGA
Nel marzo 2022, la commissione PEGA è stata incaricata di indagare sull’abuso di software spia da parte dei governi dell’UE.
PEGA nasce sulla scia del progetto Pegasus, un’inchiesta condotta da 80 giornalisti di 17 media provenienti da 10 Paesi, che ha rivelato l’uso dello spyware israeliano Pegasus per colpire giornalisti, difensori dei diritti umani e politici in tutto il mondo, e in Paesi UE come Ungheria e Polonia.
A fine anno, PEGA ha presentato una bozza di raccomandazioni che esprimono grave preoccupazione per la “fondamentale inadeguatezza dell’UE a rispondere agli attacchi alla democrazia“.
Nel dicembre 2022, la rete di media europea Euractiv ha riferito che anche il giornalista investigativo Tasos Telloglou, che stava conducendo indagini sugli spyware, e l’eurodeputato Giorgios Kyrtsos, sono stati posti sotto sorveglianza per motivi di sicurezza nazionale.
A questo punto, l’autorità indipendente ADAE ha richiesto una verifica dei fatti per conto di Telloglou e Kyrtsos.
Ma ADAE ha dichiarato di aver incontrato le resistenze del Procuratore, il quale ha giudicato i metodi di indagine illegali.
Decisione criticata da esperti costituzionali, associazioni di avvocati e partiti di opposizione, i quali sostengono che si tratti di un modo per minare il controllo indipendente della sorveglianza statale.
L’indagine, infine, è proseguita.
La Commissione Europea commentato criticando duramente la situazione di sorveglianza e repressione in Grecia.
Abbiamo sentito notizie preoccupanti di giornalisti che si sentono insicuri quando scrivono di argomenti importanti, di autorità per la protezione dei dati che dovrebbero essere indipendenti che vengono messe sotto pressione, e di sicurezza nazionale usata come giustificazione generica per l’abuso di spyware e sorveglianza
Come racconta il giornalista Stavros Malichudis, vittima di sorveglianza statale, il Greek Watergate è stato un vero e proprio trauma.
Per molti mesi ho avuto paura. Avevo paura di incontrare le persone e le mie fonti.
Mi ci è voluto molto tempo per sollevarmi da quanto accaduto e ricominciare a fare giornalismo
Ad oggi, sono in corso tre indagini sui presunti software spia, ma il governo continua a negare di aver utilizzato il software Predator.
Tutte le riunioni si tengono a porte chiuse. Inoltre, decine di testimoni proposti dai partiti di opposizione non sono stati ammessi.
La scorsa settimana, il leader dell’opposizione, Alexis Tsipras, ha mostrato un rapporto contenente un elenco di persone sorvegliate dallo Stato. Tra questi, un ministro del governo e il capo delle forze armate.
Tsipras ha poi presentato una mozione di sfiducia al governo Mitsokatis, il cui voto si è tenuto, senza successo, lo scorso venerdì.
Le autorità greche contro gli attivisti
Negli ultimi mesi, la Grecia è stata criticata in merito ad alcune accuse rivolte a due attivisti difensori dei migranti: Panayote Dimitras e Tommy Olsen.
L’accusa è di aver “costituito o aderito a scopo di lucro e per professione a un’organizzazione criminale con lo scopo di facilitare l’ingresso e il soggiorno di cittadini di Paesi terzi nel territorio greco“.
Dimitras è il fondatore dell’ONG Greek Helsinki Monitor (GHM), attraverso la quale difende i diritti umani da 30 anni.
Olsen, a sua volta, è il fondatore dell’Aegean Boat Report (ABR), ONG che monitora i tentativi di attraversamento del Mar Egeo da parte di richiedenti asilo e migranti.
Dimitras è stato incriminato per aver avvisato le autorità dell’arrivo di migranti sulle isole greche di Kos e Farmakonisi, così che questi potessero fare richiesta di asilo.
Mentre Olsen avrebbe “facilitato l’ingresso e il soggiorno di cittadini di Paesi terzi nel territorio greco“, con il presunto aiuto di due trafficanti di esseri umani.
Come afferma la ricercatrice di Human Rights Watch, Eva Cossé, le accuse contro Dimitras e Olsen rappresentano un grave segnale da parte delle autorità greche.
L’incriminazione di Dimitras e Olsen ha lo scopo di inviare un messaggio agghiacciante a tutti coloro che osano chiedere conto e difendere i diritti dei migranti.
Il governo greco deve smettere di trattare i difensori dei diritti umani come criminali, e concentrare le proprie energie sul rispetto dei diritti delle persone sul territorio greco e alle frontiere esterne
Le accuse contro Dimitras e Olsen non sono un caso isolato, ma sono parte di uno schema più ampio di persecuzione degli attivisti in difesa dei migranti.
Già tra settembre 2020 e luglio 2021, infatti, la polizia greca aveva aperto procedimenti penali simili.
Uno contro 33 cittadini stranieri e membri di quattro ONG, un altro contro 10 stranieri. Tuttavia, pare che non sia seguita alcuna incriminazione.
Inoltre, da 4 anni, le autorità greche stanno conducendo un’inchiesta contro i due operatori umanitari Sarah Mardini e Seán Binder.
Nel giugno 2022, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, Mary Lawlor, ha svolto un’indagine di 10 giorni. Al termine, ha dichiarato di aver assistito ad un ambiente di paura e insicurezza per i difensori dei diritti umani, in particolare per quelli che difendono i diritti dei migranti.
Non solo rischiano sanzioni penali per le loro attività, ma operano in un ambiente sempre più ostile in cui l’opinione pubblica è influenzata dalla retorica negativa di funzionari di alto rango e dalla loro rappresentazione sfavorevole da parte dei media tradizionali, che spesso confondono le loro attività con quelle dei trafficanti di esseri umani e delle reti criminali
In merito a sorveglianza e repressione in Grecia, il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, ha lanciato un appello:
Esorto le autorità greche a garantire che i difensori dei diritti umani e i giornalisti possano lavorare in modo sicuro e libero, fornendo un ambiente favorevole al loro lavoro e riconoscendo pubblicamente il loro importante ruolo in una società democratica