La Soprintendenza del Mare siciliana ha recuperato dalle acque dell’isola di Levanzo tre rostri di nave, risalenti a dopo la metà del III secolo avanti Cristo.
Questi reperti sono legati ad un evento fondamentale nella storia dell’espansione romana nel mar Mediterraneo, ossia la battaglia navale delle Egadi del 241 a.C.
L’evento sancì la predominanza di Roma sul mare, che fino allo scoppio della prima guerra punica (264 a.C.) non aveva una flotta militare, né una tradizione navale paragonabile a quella dei rivali. Infatti la forza di Roma stava negli scontri terrestri e non in quelli marittimi: il primo conflitto con Cartagine spinse i Romani a dotarsi di una vera flotta, apportando anche delle innovazioni come il corvo, una sorta di ponte levatoio che agganciato alla nave nemica permetteva ai romani di sfruttare il loro punto di forza. L’episodio è narrato anche dallo storico greco Polibio, la cui opera principale si concentra sull’ascesa di Roma come potenza mediterranea.
Il progetto di ricerca sulle Egadi
Il rostro recuperato dalle acque di Levanzo. Dietro al rostro, Sebastiano Tusa, assessore ai Beni Culturali della Regione Sicilia. fonte: Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana.A più di venti secoli di distanza, la Soprintendenza del Mare, in collaborazione con i subacquei della Global Underwater Explorer, la RPM Nautical Foundation e la Guardia di Finanza, ha riportato alla luce uno dei rostri, dopo averne individuati altri due sul fondale indagato, ad una profondità di 85 metri. Il progetto di ricerca e recupero di reperti legati alla battaglia delle Egadi (tra cui l’esatta individuazione del luogo in cui si è svolto l’evento) va avanti dal 2004 e nel 2008 si è ritrovato il primo dei dodici rostri recuperati dal mare, mentre le ricerche nelle acque di Levanzo risalgono all’aprile del 2017. Tutto ciò è stato possibile grazie alla collaborazione a livello internazionale tra le istituzioni prima citate.
Tra i reperti vi sono anche ventuno elmi romani, anfore e oggetti di bordo delle navi: tutti questi reperti, insieme ai rostri, sono esposti al Museo della battaglia delle Egadi nell’ex tonnara Florio, a Favignana, unendo in una sola mossa la valorizzazione dei beni archeologici antichi e industriali. L’esposizione è corredata anche da supporti multimediali che aiutano i visitatori a comprendere meglio le dinamiche della battaglia.
Sebastiano Tusa, assessore ai Beni Culturali della regione siciliana, ha affermato:
Sono particolarmente felice di questa scoperta, poiché dimostra ancora una volta la validità dell’intuizione che abbiamo avuto sull’identificazione del luogo della Battaglia delle Egadi. […] Fino agli anni 2000, al mondo erano stati ritrovati solamente due rostri. Grazie all’intuizione che ha permesso il ritrovamento dell’esatto luogo della Battaglia delle Egadi, l’Isola detiene un record mondiale: sedici rostri e ventuno elmi. Un primato che pone la politica dei Beni culturali siciliani ai vertici dell’archeologia mondiale, così come riconosciuto da prestigiosi enti di ricerca e università di tutto il mondo.
Un’eccellenza italiana nei beni culturali
In effetti la Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia si è sempre distinta in progetti per lo studio e la valorizzazione del patrimonio sommerso siciliano, promuovendo progetti, collaborazioni internazionali e programmi di formazione professionale; fa parte del programma UNESCO UNITWIN, che riunisce le comunità accademiche, le associazioni e le istituzioni nel perseguire gli obiettivi proposti nella Convenzione UNESCO sul patrimonio culturale subacqueo, tra i quali si annoverano la cooperazione tra stati, la valorizzazione e la divulgazione del patrimonio sommerso.
Ma non solo ricerca e tutela: grazie alla Soprintendenza del Mare gli itinerari archeologici subacquei siciliani sono diventati accessibili a tutti grazie all’installazione di telecamere che permettono la visita dei siti sommersi virtualmente e in tempo reale, ampliando al massimo l’accessibilità e la fruibilità dei siti. Per quel che riguarda invece la formazione professionale degli archeologi, la Soprintendenza del Mare organizza campi scuola di archeologia subacquea, una delle poche offerte formative in Italia per questo ambito di studi.
Questa istituzione nata nel 2004 finora si è sempre contraddistinta per l’intraprendenza e la serietà dei progetti sostenuti, diventando una vera e propria eccellenza nella gestione dei beni culturali subacquei in Italia, dove questo genere di patrimonio storico-archeologico non è ancora abbastanza valorizzato e indagato. La proposta di legge per la creazione di una soprintendenza del mare nazionale del 2009 cadde nel vuoto e, in controtendenza con il resto del mondo, l’Italia sembra rimanere indietro nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio sommerso e nella promozione dell’archeologia subacquea. Tuttavia non mancano progetti singoli come l’Anaxum Project dell’Università di Udine o siti celebri come il parco sommerso di Baia che cercano di contribuire allo sviluppo della disciplina.
Barbara Milano