Hai visto, nonna? Sono sopravvissuta a tutte le sfighe e agli anatemi che mi scagliavi contro. Mi dicevi: “Sempre con quei cosi nelle orecchie, guarda che diventi sorda”, ora ne ho la certezza, nonna, non era il walkman il problema, nemmeno la discoteca, la vera minaccia al mio canale uditivo era l’Ispettore Derrick, sparato nel vostro salotto manco fosse un concerto dei Metallica. Te la ricordi la casa di Corso Regina? Io me la ricordo di quel colore lì, il color Derrick, dovrebbero aggiungerci una tacca pantone tutta per l’ispettore.
Non so se ti fa piacere, ma non sono nemmeno morta di ipocanottierosi, so che tra gli avi si sono verificati decessi per questa terribile patologia, ma di qualcosa si deve pur morire, mi son detta, e ora la canottiera non la metto nemmeno in inverno. Tra l’altro nonna, la nostra famiglia nei tuoi racconti sembrava una puntata di “1000 modi per morire. Spiffero edition”. E prima la cugina della zia Fanny che gli era presa la congestione il giorno delle sue nozze (che uno “la camiciola” come la chiami tu, manco sotto il vestito da sposa può togliersela), poi la prozia della Lisì uscita senza scialle e mai più tornata, infine il cugino Francesco rimasto secco per non essersi subito asciugato il sudore dopo una partita di calcio con gli amici. Tutta gente sopravvissuta alla guerra, tra l’altro, per schiattare di colpo d’aria.
Un’altra cosa che ho scoperto è che non sono idrosolubile, nonostante fosse questa la tua paura, ora lo so. Al mare coi cugini, ci intingevi come bustine di tè, tre minuti e via, fuori, che altrimenti ci venivano le pieghe sui polpastrelli (la nipote della sorellastra della cugina della Marianna ci morì di pieghe dei polpastrelli, c’è poco da scherzare).
Io sono di quella generazione cresciuta con il demone dell’alone viola pulsante intorno alle persone, il sesso protetto a noi lo insegnava pure Lupo Alberto. Sono della generazione che ha visto Chernobyl e non poteva mangiare le verdure senza bonificarle prima sotto un getto d’acqua, che manco la doccia di Rambo. Ma a te di quelle cose importava poco, a te importava che non bevessimo dopo la banana e dopo il gelato, soprattutto. L’altro giorno Lorenzo ha fatto gli occhi storti e gli ho detto di smettere subito, perché altrimenti restava strabico. Me lo ripetevi sempre tu e io ci credevo. C’ha creduto anche Lorenzo e in quel momento ho provato una terribile nostalgia.
Enrica Tesio