Ieri poco prima delle 21 ora italiana la sonda InSight è ammartata (il neologismo ammartare potrà suonare curioso ma a parer mio è sempre meglio della contraddizione in termini “atterrare su Marte” ) le scene di giubilo che avete potuto osservare direttamente via internet nel canale Youtube della NASA o in TV rimandate nell’ottimo evento televisivo trasmesso dalla rete del gruppo Mediaset Focus TV, sono perfettamente giustificate se pensate che meno del 50% delle missioni sul Pianeta Rosso sono riuscite. In particolare se inviare una sonda verso Marte è relativamente facile, farla entrare in orbita è un discorso molto più delicato, mentre far scendere sulla superficie (ma sarebbe più giusto dire precipitare in maniera controllata) un lander è decisamente una faccenda molto molto complessa.
Giubilo a parte per aver evitato uno schianto disastroso come quello successo alla sonda Schiaparelli dell’ESA (in collaborazione con l’agenzia spaziale russa) in realtà solo nelle prime ore di oggi il sollievo è diventato completo, perché c’era un ulteriore delicato step da confermare, il dispiego dei pannelli solari, senza quelli gli straordinari strumenti di bordo non avrebbero energia per funzionare. Attorno alle 4 del mattino ora italiana l’account twitter NASA annunciava che InSight si stava godendo il sole ricaricando le sue batterie.
Appena dopo l’ammartaggio InSight aveva mandato una foto, di pessima qualità per via della polvere depositatasi sull’obiettivo, ma anche questo era previsto, a tempo debito verrà fatto sganciare un filtro protettivo.
Coraggiosamente per InSight era stato scelto un sistema di discesa uguale a quello fallito dalla Schiaparelli, prima paracadute e poi retrorazzi, a differenza dei due precedenti rover che erano stati fatti precipitare protetti in airbag gonfiabili. Nel caso della Schiaparelli l’errore era stato del computer di bordo che in parole povere aveva detto alla sonda “sei quasi sul terreno, spegni i retrorazzi” quando era ancora a tre chilometri di altezza, errore provocato dal sovraccaricarsi del sistema inertial measurement unit che misura la rotazione.
Se l’ammartaggio riuscito di InSight è prima di tutto un successo della NASA ora che comincerà il lavoro ci sarà motivo di soddisfazione per scienziati di altri parti del mondo, soprattutto italiani, perché negli strumenti scientifici c’è molta tecnologia italiana, di cui giustamente nello special organizzato da Focus TV si vantavano orgogliosi i prestigiosi ospiti che si sono succeduti.
Ma qual è la missione scientifica di InSight?
InSight in inglese vuol dire comprensione o intuizione, l’etimologia della parola però vuol dire guardare all’interno, in realtà però InSight è uno di quegli acronimi creati in modo da formare una parola che riassuma il significato dell’acronimo, InSight infatti sta per Interior Exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport.
Innanzitutto chiariamo una cosa, se come me avete sentito TG che annunciavano che la sonda è già al lavoro sappiate che è una cazzata, o meglio sì è al lavoro, ma solo nel controllare se stessa, il lavoro inizierà in seguito, i primi dati scientifici arriveranno tra tre o quattro giorni, ma il vero lavoro di Insight non inizierà prima di 3 o 4 settimane, anche perché il braccio robotico verrà dispiegato non prima di una settimana e gli strumenti verranno posizionati sul terreno dal braccio robotico.
E sì perché tornando al nome della sonda forse avete intuito come funzionerà la sua investigazione principale, InSight deve “ascoltare” il sottosuolo marziano e per farlo prima posizionerà un sismometro e dopo alcune settimane addirittura scaverà nel sottosuolo marziano penetrando fino a una profondità di 5 metri. Parlando di contributo internazionale: questo componente (Heat Flow and Physical Properties Package o HP3) è stato realizzato dall’agenzia spaziale tedesca e indagherà la parte riguardante il trasporto di calore (heat transport), invece il contributo più importante di produzione italiana è il Laser RetroReflector for InSight (realizzato da ASI e INFN) che servirà per permettere la localizzazione del lander da parte degli orbiter. anche quando il lander avrà smesso di funzionare.
Scopo della missione?
Stabilire se su Marte ci sia ancora attività sismica, non ci aspettiamo certo che sia attivo come la Terra, ma la supposizione iniziale che Marte sia completamente inerte dal punto di vista sismico negli ultimi anni è stata corretta.
Il fatto è che stiamo iniziando ora a conoscere Marte, abbiamo appreso molto, ma possiamo dire di conoscerlo benino, non benissimo, i numerosi orbiter che ruotano attorno al pianeta, in questi anni, grazie a misurazioni precisissime che sfruttano l’effetto doppler (dunque inviano onde verso il pianeta ed ascoltano il ritorno) hanno portato ad ipotizzare che Marte possieda un nucleo fuso come la Terra, forse di 1000 km (quello della Terra è 7000) il che vorrebbe dire che c’è calore all’interno e se c’è calore all’interno allora dobbiamo rivedere le nostre ipotesi sulla possibilità di trovare acqua liquida e dove cercarla. E così via con una serie di conseguenze a cascata che riguardano non solo la pura conoscenza teorica di Marte ma anche aspetti pratici delle future esplorazioni, anche umane.
Nota finale per i due piccoli Mars Cube One (nomi ufficiali MarCO-A e MarCO-B ma mi piace chiamarli con i nomignoli affibbiati loro dagli ingegneri del JPL: WALL-E e EVE ovviamente presi dai personaggi del famoso film Disney) si tratta di due piccoli velivoli autonomi che si sono staccati dalla navicella insieme al modulo di atterraggio e l’anno accompagnato fino all’entrata in atmosfera marziana ma non sono entrati, i due piccoli velivoli spaziali (20X30 cm) hanno funzionato da ponte radio con la Terra durante la discesa di InSight, ma in realtà il loro apporto era assolutamente non necessario alla missione, vanno considerati come una missione separata che serviva a provare questa nuova tecnologia di ponte radio in vista di future missioni.
Fonte immagine: mars.nasa.gov
Roberto Todini