Le tanto attese elezioni che si sarebbero dovute tenere lunedì 8 febbraio sono state rinviate, a causa della scarsa organizzazione. Il popolo è sceso in piazza e le conseguenze sono state tragiche
In un anno fondamentale per il proprio progresso e per la ricerca della libertà la Somalia manca l’appuntamento con le elezioni. Il Presidente Mohamed Farmajo non è riuscito ad organizzare le urne, e scarica la colpa sulle opposizioni e sui leader degli Stati federali.
Le promesse elettorali
Uno dei capisaldi della politica di Farmajo, che lo ha accompagnato per tutti gli anni di presidenza, è stata la promessa di elezioni in cui tutti potevano votare. Se infatti dal nostro lato del mondo questo concetto sembra una banalità in Somalia la situazione non ha permesso, negli ultimi anni, di portare il popolo alle urne.
Il sistema elettorale somalo non è mai stato definito con regole stringenti, e ogni volta si deve pensare un nuovo metodo di voto. Nel 2012, per esempio, 135 anziani dei clan scelsero il parlamento, che votò il presidente. Nel 2017 invece gli anziani scelsero 14.025 delegati, che vennero divisi in 275 collegi elettorali per decidere i membri del parlamento che avrebbero eletto il presidente.
Va da sé quindi che la promessa di Farmajo ebbe un peso notevole quando fu pronunciata. Diversi cronisti tuttavia hanno evidenziato negli anni le difficoltà che elezioni del genere avrebbero incontrato, a causa della delicata situazione del paese. Le aree rurali sono infatti in larga parte in mano ad Al-Shabaab, e il Governo centrale non è in ottimi rapporti con i presidenti degli Stati federali.
A settembre infatti il presidente e quattro dei cinque leader degli Stati federali raggiunsero un accordo per attuare delle elezioni indirette. Gli anziani dei clan avrebbero dovuto scegliere dei delegati, 101 per ogni Stato, che avrebbero eletto i membri della Camera Bassa. I parlamenti dei singoli Stati avrebbero scelto i 54 senatori.
I problemi relativi ai seggi
Naturalmente l’accordo di settembre ha incontrato subito difficoltà, con il Presidente Farmajo che sembrerebbe voler pilotare le elezioni. I leader di Jubaland e Puntland lo hanno accusato di voler riempire i consigli elettorali di suoi alleati. Ciò ha fatto slittare la scelta degli elettori, prevista per dicembre.
Un altro aspetto che ha creato molti rallentamenti è stato il posizionamento delle cabine elettorali. Le leggi federali vorrebbero infatti che siano i singoli Stati federali a decidere dove svolgere le elezioni. Tuttavia sembra che il Governo centrale abbia ostacolato anche queste scelte.
I portavoce del Presidente del Somaliland hanno addirittura accusato Farmajo di aver completamente estromesso lo Stato federale da questa decisione. La notizia non è difficile da credere, viste le mire indipendentiste della regione e le tensioni con il Governo centrale.
Anche nello Jubaland la questione dei luoghi adibiti alla votazione ha tenuto banco. Una delle due città preposte ad accogliere il voto infatti è sotto il controllo del Governo centrale. Ciò creerebbe una situazione in cui presenzierebbero ai seggi solo forze governative, non permettendo alle autorità federali di intervenire. Il Presidente del Jubaland, Ahmed Mohamed, ha dichiarato di aver cercato un confronto con Farmajo, che ha però rifiutato.
Proteste a Mogadiscio
Naturalmente la situazione ha generato il malcontento tra la popolazione e tra i leader d’opposizione. Nel corso di venerdì 19 febbraio quest’ultimi sono scesi in piazza nella capitale, Mogadiscio, in un corteo pacifista per protestare contro la situazione. In una dinamica non ancora chiara il corteo si è trasformato in uno scontro a colpi di arma da fuoco, tra le forze di sicurezza ed alcune guardie armate che stavano proteggendo i leader d’opposizione.
Fortunatamente non sembrano esserci vittime, mentre le strade di Mogadiscio sono state barricate nelle giornate successive. I leader di opposizione parlano di tentato omicidio, anche se risulta ancora difficile capire quale schieramento abbia aperto il fuoco per primo. L’opposizione ha comunque convocato un’altra manifestazione per la giornata di domani.
A seguito di questo annuncio il Presidente Farmajo ha deciso di vietare le proteste in strada e le marce, a causa del numero di infezioni da Coronavirus che preoccupa particolarmente gli esperti. I leader d’opposizione hanno urlato alla dittatura.
Analizzare la situazione resta comunque difficile, l’empasse non sembra essere prossimo alla risoluzione mentre il clima si sta scaldando in tutta la nazione. I casi di Covid-19 stanno effettivamente crescendo in modo preoccupante e Al-Shabaab continua imperterrita i propri attacchi, e anzi, potrebbe essere un pericolo reale in una situazione di instabilità politica.
Marzioni Thomas