Il lavoro di Deborah Willis dona onore ai soldati afroamericani

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Deborah Willis esplora la storia afroamericana negli anni della Guerra di Secessione attraverso la fotografia, nel suo libro
The Black Civil War Soldier: A Visual History of Conflict and Citizenship 

Uno dei capitoli più affascinanti della breve storia degli Stati Uniti è sicuramente la guerra civile che ha interessato la potenza mondiale tra il 1861 e il 1865. Tema centrale di tale conflitto, come tutti sappiamo, fu la schiavitù, e in particolare quella degli afroamericani.

Gli afroamericani in guerra

Storicamente la guerra scoppiò quando i repubblicani nordisti, guidati da Abraham Lincoln, sostennero l’abolizione della schiavitù. I paesi del sud basavano la propria economia sui campi di cotone e, indirettamente, sulla forza lavoro afroamericana costretta alla schiavitù. Molto in breve queste sono le motivazioni dello scoppio della Guerra di Secessione.

E’ lecito quindi chiedersi, visti i presupposti, quale fosse il ruolo nel conflitto dei diretti interessati, ossia degli afroamericani. Per anni la storia ha raccontato le gesta di valorosi eroi, che con coraggio e dedizione alla bandiera si sono alternati sui campi di battaglia. Il particolare che spesso non è stato colto è però che tali eroi avevano sempre la pelle bianca.

In realtà soldati afroamericani che hanno combattuto la guerra civile ce ne sono stati a migliaia, 180.000 soltanto tra le file dei nordisti. C’è comunque da specificare che la volontà dell’abolizione della schiavitù da parte dell’Unione non significava l’assenza di una mentalità razzista. Spesso i bianchi consideravano i soldati di colore non in grado di combattere alla stregua dei propri colleghi, e sempre i reggimenti di colore erano guidati da un capitano caucasico.

Le truppe afroamericane erano rilegate soprattutto a ruoli secondari, come il controllo della posta e la sorveglianza delle diligenze, oltre ad essere state le principali truppe a “costruire il West”.  Le persone di colore erano vogliose di partecipare alla guerra per la loro liberazione, ma i dubbi sul loro ruolo alla fine della guerra erano tanti e frenavano le operazioni. Concluso il conflitto furono ufficializzati 6 reggimenti composti da afromericani.

Per una popolazione a lungo vittima di schiavitù l’arruolamento era un’occasione per elevarsi socialmente. I giovani uomini di colore vedevano nell’uniforme l’opportunità di avere una retribuzione, scolarizzarsi e provare ad entrare nel sistema di una società che li aveva sempre tenuti ai margini.



I Buffalo Soldiers tra i sudisti

I soldati afroamericani, come abbiamo già evidenziato, furono utilizzati in quel West ancora dominato dai nativi americani. Nella romanzata storia della conquista delle terre selvagge infatti ci si dimentica spesso del grosso ruolo che i regimenti di soldati di colore svolsero. In questa circostanza i nativi americani affibbiarono loro il soprannome di Buffalo Soldiers, soldati bufalo. Questo strano soprannome deriva dalle capigliature afro dei combattenti, che alle tribù native ricordavano i suddetti animali.

C’è da evidenziare come, anche se le fonti sono poche e confuse, ci fossero regimenti di afroamericani tra le file dei sudisti durante la Guerra di Secessione. Le motivazioni possono essere varie, dalla volontà di elevare la propria condizione e conquistare la libertà al bisogno delle truppe confederate di soldati. L’esercito del Sud partiva infatti fortemente svantaggiato in termini di numeri, e verso la fine della guerra aprì liberamente le fila dell’esercito agli afroamericani, sperando di resistere.

Il libro della Willis

Deborah Willis è una fotografa afroamericana molto attenta alla storia del suo popolo in tutte le pubblicazioni da lei redatte. Nella sua nuova opera ha deciso di affrontare proprio lo spinoso tema degli afroamericani nel corso della guerra di secessione.  La particolarità del progetto è la ricostruzione fotografica di tali temi. La guerra civile americana infatti è rimasta tanto impressa nelle coscienze comuni degli statunitensi poiché è stato il primo conflitto testimoniato attraverso la fotografia. 

L’utilizzo di un formato tanto visuale gli ha permesso di registrare il cambiamento della storia afroamericana nel corso degli anni, e i vari modi in cui tale popolo è stato represso. Con la fine della schiavitù infatti non sono finiti i problemi per gli afroamericani, come manifestano le proteste del BLM o la storia di Ozzie Fletcher. Riguardo tale tema consigliamo il documentario “XIII° Emendamento“, di Ava DuVernay. Il girato, disponibile su Netflix, racconta le varie metodologie della repressione degli afroamericani dopo l’abolizione della schiavitù. 

Il lavoro della fotografa è organizzato cronologicamente e ricopre il periodo tra il 1860 e il 1866. Naturalmente i primi anni, in cui gli afroamericani non erano ammessi nell’esercito, sono la parte più scarna. Ciò tuttavia permette alla scrittrice di riflettere sulla condizione del suo popolo in quell’epoca, e di raccontare singole storie di precursori dell’uguaglianza.

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