Il sogno di volare accompagna l’umanità fin dai tempi di Icaro, ma soltanto negli ultimi secoli è divenuto realtà. Tuttavia, ci riusciamo solo grazie alla tecnologia, non per conto nostro.
Perché è così difficile, per un essere umano, riuscire a volare?
Sappiamo che, per quanto forte proviamo a lanciare in aria qualunque oggetto, da un semplice sasso a una palla di cannone, esso ricadrà inevitabilmente al suolo. Tutti i corpi vengono infatti attratti verso il centro della Terra dalla forza di gravità.
E, per vincere la forza di gravità, che è sempre diretta verso il basso, serve una forza uguale e contraria, che sia diretta verso l’alto.
Il sogno di volare nell’aria si realizza partendo… dall’acqua
Guardando i pesci in un acquario, li vediamo nuotare sollevati dal fondale. In un certo senso “volano” nell’acqua. Se gettiamo un sasso nell’acquario, invece, lo vediamo scendere sul fondo.
Perché il pesce si sostiene e il sasso no?
La risposta è semplice: perché il pesce ha la stessa densità dell’acqua. “Avere la stessa densità” significa che il pesce e un uguale volume d’acqua hanno lo stesso peso. Ragion per cui il pesce si sostiene, galleggiando, nel liquido che lo contiene.
Un sasso, essendo più pesante di un egual volume d’acqua, va a fondo. Oggetti con densità minore, per esempio un pezzo di legno, tendono invece a restare in superficie, dove galleggiano.
La scoperta di Archimede
La legge che stabilisce la galleggiabilità dei corpi è stata scoperta dallo scienziato siracusano Archimede (III sec. a.C.), e così compita: «Un corpo immerso nell’acqua riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso di un uguale volume d’acqua».
Se il corpo immerso nell’acqua pesa quanto un pari volume d’acqua, la spinta d’Archimede è uguale alla forza di gravità che agisce sul corpo, ed esso si librerà in equilibrio nel fluido.
Come il pesce.
Altrimenti, a seconda dei casi, galleggerà o affonderà.
Ma noi?
Gli esseri umani sono in grado di volare nell’acqua, anche se non lo sono nell’aria. Questo perché la densità di un corpo umano è di poco inferiore a quella dell’acqua, e dunque galleggia naturalmente. Bastano quindi pochi movimenti perché un essere umano possa sostenersi sulla superficie di una piscina, di un lago o del mare.
Insomma, perché nuoti.
Il nuoto è uno sport agonistico, e si basa su due principi fisici: quello di sostenere il corpo in virtù della spinta dell’acqua, e quello di spostarsi in essa creando una propulsione con bracciate e movimenti delle gambe.
L’intuizione dei fratelli Montgolfier
La legge di Archimede si applica a qualsiasi fluido: non solo all’acqua, ma anche all’aria. Ben conoscendo questo principio, i fratelli Joseph-Michel e Jacques-Étienne Montgolfier si dissero un giorno: «Se inventassimo qualcosa che sia leggero come l’aria, o ancora più leggero, potremmo volare!».
L’idea era buona, ma che cosa poteva essere più leggero dell’aria?
Ebbene, l’aria calda!
Quando l’aria si riscalda, infatti, si dilata, e dunque diminuisce la propria densità.
Fu così che, riempiendo un grande pallone d’aria calda, i fratelli Montgolfier furono i primi esseri umani a sollevarsi da terra. Era il 19 ottobre 1783.
Grazie alla legge d’Archimede e ai palloni aerostatici – chiamati mongolfiere in onore dei due fratelli – l’uomo poté per la prima volta realizzare il sogno di volare. E il seguente video, una sorta di reperto storico, ci riporta a quei tempi…
I limiti delle mongolfiere
Le mongolfiere presentavano un serio problema: essendo più leggere dell’aria, erano sottoposte a ogni minimo vento, brezza e corrente, e non erano facilmente controllabili. Vennero rese più sofisticate, ma anche gli imponenti palloni dirigibili, alla fine, erano ingombranti e poco pratici.
L’aria calda venne presto sostituita con gas meno densi: l’elio con cui si gonfiano i palloncini dei luna-park, o l’idrogeno, che però aveva la pessima abitudine di prendere fuoco, causando a volte spettacolari disastri.
Più leggero o più pesante dell’aria?
Alla fine dell’Ottocento, sorse una querelle tra i fautori del più leggero dell’aria e quelli del più pesante dell’aria. Questi ultimi erano convinti che la soluzione non fosse costituita da mongolfiere e dirigibili, i quali si limitavano a stare sospesi in un fluido: gli uccelli non sono affatto più leggeri dell’aria, eppure volano a gran velocità; scelgono agilmente dove dirigersi, atterrando e decollando con invidiabile disinvoltura e leggerezza.
«Il vero volo è quello degli uccelli, non quello dei palloni!», sostenevano i paladini del più pesante dell’aria.
L’importanza della portanza
Lo sviluppo degli aeroplani e degli elicotteri, nel XX secolo, poté realizzare il sogno di volare come gli uccelli, con massimo controllo di direzione e velocità.
Ma anche gli aeroplani abbisognano di una forza che, vincendo quella di gravità, li tenga sospesi in aria, e questa forza si chiama portanza.
La portanza si sviluppa allorché, nel movimento di un aereo in avanti, la sagoma delle ali taglia l’aria in modo che questa si addensi nella parte inferiore. Ciò produce una spinta che, dal basso verso l’alto, soffia sotto le ali dell’aereo, sostenendolo in cielo.
Senza aria non si può volare
Che si tratti di un oggetto più leggero o più pesante dell’aria, per volare è comunque necessario sviluppare una forza che si opponga alla gravità.
Nell’uno o nell’altro caso, però, c’è bisogno di un appoggio, che è l’aria. Se ci trovassimo in un ambiente privo d’aria, come la Luna, né mongolfiere né aeroplani potrebbero sostenersi in alcun modo: l’unico sistema per staccarci dal suolo potrebbe essere costituito da un razzo.
Perché non voliamo utilizzando i razzi?
Il razzo produce la forza che lo lancia verso l’alto espellendo violentemente un propellente. La terza legge della dinamica stabilisce che, alla spinta verso il basso del propellente, corrisponde una controspinta verso l’alto del razzo.
Il guaio è che questo sistema funziona finché dura il propellente, e c’è un limite ben preciso alla grandezza dei serbatoi.
Il traffico aereo sta danneggiando il clima
Poter volare ci ha consentito di percorrere distanze un tempo proibitive in tempi relativamente brevi. Con tutto ciò che questo comporta a livello di utilità, come spostamenti di lavoro o per emergenze sanitarie.
Tuttavia, il prezzo da pagare è molto alto. E non mi sto riferendo ai biglietti di aereo. Secondo i rapporti della Commissione europea, il traffico aereo incide ogni anno tra il 2 e il 3% sulle emissioni mondiali di CO2: più del totale di quelle emesse da Francia e Regno Unito messi insieme. In pratica, “se l’aviazione globale fosse un Paese, si classificherebbe tra i primi dieci emettitori”.
Inoltre gli aerei disperdono nell’atmosfera ossidi di azoto e vapore acqueo: elementi altamente responsabili del surriscaldamento globale.
Dobbiamo rinunciare al sogno di volare?
Se l’aereo è il mezzo di trasporto in assoluto più inquinante, il treno è quello meno inquinante. E, salvo casi particolari, consente di coprire grandi distanze in tempi brevi. Anche i pullman, perfino le auto, costituiscono una preferibile alternativa.
Ma a chi davvero ama l’ambiente, consiglio la bicicletta, oppure di fare come Peter Pan: di certo più pesante dell’aria, si libra a volte come una mongolfiera, galleggiando nelle brezze dell’Isola-che-non-c’è; altre sfreccia veloce come un aereo, gettandosi sui pirati.
Non esiste nessuna legge a noi conosciuta che permetta a un corpo di comportarsi come Peter Pan. Tranne quella della fantasia.
Claudia Maschio