È possibile che a distanza di millenni l’uomo ancora non sia pronto ad affrontare la sfida lanciata da Socrate?
Chi era Socrate?
Non sono molte le informazioni che si posseggono sulla biografia di Socrate. Figlio di uno scultore e di un’ostetrica, nasce ad Atene nel 470 a. C. circa. Studia nella città natia e per essa combatte in modo instancabile e valoroso in diverse battaglie.
Uomo semplice, Socrate. Di quella semplicità che solamente i grandi uomini riescono a sostenere. Egli dedica la propria vita alla filosofia e tramite il dialogo cerca di far partorire le anime. Eppure il filosofo è un elemento disturbatore dell’ordine sociale. Fa riflettere. Interroga. Insinua il dubbio.
Egli afferma che sapere non significa possedere una dottrina. É indagine, dialogo, conoscenza di sé. E tutto ciò non può essere scritto. Ecco perché non abbiamo testi diretti di Socrate; ciò che di lui sappiamo deriva da diverse fonti. Prime fra tutte quella del suo più illustre allievo, Platone.
So di non sapere:
É addirittura l’oracolo di Delfi a decretare che il più sapiente sia proprio lui, Socrate. Ma com’è possibile questo?
Eppure, proprio colui che nulla scrive e che semmai disturba la società con le sue eterne domande – su cosa sia l’uomo, la giustizia, il bene – risulta essere il più sapiente.
Ma cos’è che egli, quindi, sa?
Interrogato a tal proposito è lo stesso Socrate ad affermare che, semmai, l’unica certezza che egli può avere è quella di “sapere di non sapere”. E qui ha inizio il grande insegnamento della filosofia.
Chi è il vero sapiente?
É Socrate il primo a sorprendersi della sentenza dell’oracolo: lui non sa!
Perciò inizia ad interrogare coloro che veramente sono considerati sapienti: artisti, politici, poeti. Eppure, questi stupiscono Socrate.
Nonostante uno di essi avesse l’aria, agli occhi di molti e particolarmente di se stesso, di essere sapiente, in fondo non lo era affatto. (Platone, Apologia di Socrate, 21c)
È interessante notare come chi è ritenuto dai più, il sapiente, lo sia particolarmente agli occhi di se stesso. É forse questo il tranello nel quale tendiamo a cadere?
Oggi l’affermazione socratica appare anacronistica. Oggi, ovunque ci si volti si incontrano coloro che particolarmente agli occhi di se stessi si sentono sapienti. Ed è questa sapienza a farci sentire al sicuro.
Figli di un’epoca che regge su basi scientifiche ci sentiamo di aver piazzato un bel sorpasso al vecchio Socrate. Anzi, forse di averlo addirittura doppiato.
Sarà forse anche a causa delle informazioni fai-da-te, usa-e-getta e prêt-à-porter di cui siamo vittime e carnefici allo stesso tempo. Basta un click e l’informazione attraversa il nostro cervello tanto da soddisfarlo, quasi avesse ingoiato un altro dato di cui far sfoggio in qualche discussione.
Peccato che un’informazione non sia la conoscenza. E l’illusione che il dialogo socratico possa essere quel botta e risposta tra le dita su una tastiera e il ritorno di qualche carattere su uno schermo al tempo di pochi secondi, non allevia di certo la questione.
Socrate, oggi:
Ma in fondo, quei filosofi che crediamo di aver superato, questo già lo sapevano:
“Tu offri ai discenti l’apparenza, non la verità della sapienza; perché quand’essi, mercé tua, avranno letto tante cose senza nessun insegnamento, si crederanno in possesso di molte cognizioni pur essendo fondamentalmente rimasti ignoranti, e […] avranno non la sapienza, ma la presunzione della sapienza.” (Platone, Fedro, 275e)
Può forse apparire bizzarro che una disciplina da sempre legata alla sapienza – o meglio ancora, all’amore per la sapienza – abbia tratto la sua origine dalla consapevolezza del proprio non sapere.
Eppure, se filosofia significa amore per il sapere ciò indica che il sapere non lo possiede, semmai lo desidera.
E desiderare qualcosa significa rendersi conto che questo qualcosa ci manca. E noi, ciò che oggi rifiutiamo è proprio la consapevolezza della mancanza.
Perché il sapere non si possiede mai, lo si ricerca. Ma la ricerca implica la fatica di perseguirla. Allora meglio chiudere libri polverosi e un po’ troppo complessi per godere di un click che ci pone al sicuro. Per cercare una frase celebre da inserire qua e là, magari in qualche post, senza conoscerne la contestualizzazione.
Ma quale sicurezza possiamo avere se continuiamo ad ingannarci, credendo di essere in possesso di verità che, in realtà, non possediamo? Non è forse proprio quest’illusione di sicurezza a porci più in pericolo verso falsi miti ed abbagli?
L’esortazione socratica richiama così quella dotta ignoranza di cui, secoli dopo, ci parlerà Cusano. Ma ciò, ancora una volta, comporterebbe fare i conti con i nostri limiti. Propensione mal vista nella contemporaneità.
Non ci resta forse che attendere qualche disturbatore della società, che con fare sulle prime fastidioso, ci stimoli, esorti, e rimproveri, conducendoci ad una semplice ed umile presa di coscienza.
Ah, per la cronaca. Socrate viene processato. E condannato a morte.
“forse accadrà che voi, stizziti come chi nel sonno vien destato all’improvviso […] mi colpirete, mandandomi, sconsideratamente, a morte. Ma allora, voi continuerete a dormire, per il resto della vostra vita […]” (Platone, Apologia di Socrate, 31a)
Sarebbe da chiedersi che fine farebbe oggi, Socrate. Saremmo pronti a rispondere alle sue domande?