Socrate ascoltatore: tre severi criteri per “setacciare” le nostre parole

Socrate ascoltatore rifiuta sistematicamente il gossip

Pressoché quotidianamente siamo assediati da una valanga di chiacchiere e informazioni, non tutte ugualmente buone. Come vagliarle? Un aneddoto spurio che ritrae un inedito Socrate ascoltatore offre tre validi “setacci” attraverso cui far passare ciò che ci viene detto.

In tanti, magari dai ricordi di scuola, conosciamo il filosofo Socrate come il grande maestro di Platone innamorato del discorso, del ragionamento e della libertà. L’autore, per intenderci, della celebre affermazione secondo cui «una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta». Nonché colui che rese celeberrimo il motto delfico «conosci te stesso». In quanti, però, conoscono Socrate ascoltatore severo, pronto a farsi censore di ciò che viene detto non solo dal punto di vista della correttezza formale, ma soprattutto sul piano etico? Un simile profilo certo emerge dai Dialoghi platonici che lo hanno per protagonista, nonché dalle opere di autori che, come Senofonte, da Socrate ebbero modo di imparare. Eppure, questo inedito ritratto emerge soprattutto da un aneddoto spurio, ormai decisamente molto diffuso, che apparentemente ha il filosofo greco per protagonista.




Si tratta, va precisato, di un racconto filologicamente eccepibile. Eppure, merita di essere conosciuto per l’importante regola che potremmo trarne per maturare un’etica comunicativa più onesta e consapevole.

Socrate ascoltatore (che si rifiuta di ascoltare), ovvero: di come il filosofo avrebbe zittito un pettegolo

L’aneddoto di Socrate ascoltatore, disponibile in rete in molte versioni, è il seguente:

Un giorno, il filosofo Socrate incrociò un conoscente, che lo fermò mentre tornava a casa. Costui, infatti, aveva appena sentito un succulento pettegolezzo sul conto di un amico comune e voleva prontamente riportarlo al filosofo. Quando il pettegolo gli anticipò di cosa desiderava parlargli, Socrate lo fermò con un gesto della mano e disse: – Mio caro, ascolterò molto volentieri quel che hai da dirmi. A patto, però, che la tua storia superi almeno uno dei tre setacci che impongo al discorso quando si tratta di questo genere di cose.

Primo “setaccio” del discorso: il vero

-Ecco il primo. Dimmi: ciò che hai intenzione di raccontarmi è vero? Voglio dire, lo sai per certo, avendo assistito con i tuoi occhi agli eventi? Oppure lo hai saputo da qualcuno che ne è stato testimone diretto ed è senz’altro affidabile? –

Perplesso, l’interlocutore rispose che no, non aveva assistito direttamente a quanto stava per raccontare. E chi glielo aveva raccontato poteva aver alterato un po’ i fatti, per rendere la storia più intrigante.

– Capisco. – fece Socrate, pensieroso.

Secondo “setaccio” del discorso: il buono

– Allora, dimmi: è buono quel che desideri dirmi? Si tratta di qualcosa di bello e nobile, che possa essere d’ispirazione o mostrarmi quella persona in una luce positiva che non conoscevo? –

Il pettegolo, sogghignando nel pregustare uno scandalo, ribatté: – Macché, caro mio. Proprio tutto il contrario! –

–Dunque vuoi raccontarmi qualcosa di sconveniente o riprovevole che qualcuno che io conosco avrebbe fatto o detto, però non sei nemmeno sicuro che sia vero. – rispose Socrate, grattandosi il mento – La tua storia, perciò, non passerebbe né il vaglio del vero né quello del buono.

Terzo “setaccio” del discorso: l’utile

-Forse, però, può ancora avere una possibilità con l’ultimo setaccio. Dimmi: è in qualche modo utile quel che vuoi dirmi? Può giovarmi sapere quel che hai da raccontare su questa persona? –

Confuso e un po’ deluso dalle domande del filosofo, l’uomo rispose che non vedeva proprio come quella diceria avrebbe potuto essere utile a qualcuno. Al più, avrebbe potuto essere dannosa per chi ne era l’oggetto e vantaggiosa per i suoi avversari politici.

– Ma buon uomo, abbi pazienza, – rise Socrate – tutto questo non ha nulla a che fare con me! –

E, poiché l’interlocutore lo guardava con tanto d’occhi, il filosofo soggiunse:

– Mi vuoi raccontare qualcosa che molto probabilmente non è vero e, per di più, non è sicuramente né buono né utile. Perché mai, allora, dovrei volerlo ascoltare? Tienilo pure per te! Ti saluto, stammi bene. – Detto questo, Socrate girò i tacchi e senza aspettare una risposta se ne andò, piantando in asso quel pettegolo e la sua malalingua.

Socrate censore del discorso: un aneddoto non vero (a quanto ne sappiamo), ma buono e utile

Questa storiella, come accennato in precedenza, non si trova in Platone, né in Diogene Laerzio o Senofonte o Isocrate. Le sue origini si perdono nel terreno fumoso del gossip storico-letterario. Nel 2013, in un articolo sul suo blog l’esperto di comunicazione Luca Propato ha tentato di ricostruirne origine, circolazione e diffusione. In particolare, Propato ne rintracciava il motivo ispiratore in un passo del testo semi-autobiografico La via del guerriero di pace (1980) dello scrittore Dan Millman. Il quale, in particolare, piuttosto furbescamente dava il nome di Socrate a uno dei personaggi centrali della vicenda.

Al netto di considerazioni filologiche, però, l’aneddoto su Socrate ascoltatore sembra comunque utile e interessante per l’epoca in cui viviamo almeno per due motivi. In primo luogo, perché questo semplice criterio tripartito costituisce un valido strumento di igiene mentale. Servirsene, infatti, può aiutare non poco a mettere ordine nel costante chiacchiericcio che ci circonda, permettendoci di filtrarlo stabilendo dei limiti e delle priorità. In secondo luogo, d’altro canto, cercare di seguirlo potrebbe renderci comunicatori nettamente migliori. Certo, si tratta di andare in controtendenza: la nostra è l’epoca delle fake news. Del pettegolezzo che rimbalza ai quattro angoli del mondo. Della più o meno scoperta diffamazione. Si tratta, quindi, di condurre una battaglia di retroguardia? Forse no. Un uomo straordinariamente saggio nel secolo scorso, interpellato sulle motivazioni che lo spingevano ad agire come agiva, ha detto:

Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.

Anche nel nostro piccolo, a partire dalle interazioni quotidiane, potremmo cambiare (almeno un pochino) il mondo. Pensiamoci su.

Valeria Meazza

 

Exit mobile version