Società civile 2.0 : opportunità e problemi

La società civile 2.0 contraddistingue per molti aspetti il periodo che stiamo vivendo.

Società civile e retake
Società civile e retake

Con questa espressione intendiamo riferirci al protagonismo di quei cittadini e gruppi sociali che si fanno carico di funzioni normalmente demandate alle istituzioni.

Tutto sommato, è quel principio di sussidiarità (se un intervento lo può fare un privato, o comunque se si può organizzare al livello più vicino al problema da risolvere, allora non serve che intervenga lo Stato).

Società civile e retakers

Ci siamo soffermati sul fenomeno più evidente: il movimento dei vari gruppi di “retakers”, coloro che letteralmente vogliono riprendersi, recuperare la città.

Provvedendo a pulire, spazzare, curare i giardini, ecc.

Insieme al retake, nello stesso canestro, si possono mettere cose come la sharing economy – dai trasporti alle ormai annose banche del tempo).

O tanti addentellati del movimento per la decrescita, come le proposte per l’autoproduzione casalinga e simili.

In generale, il riuso-riparo-riciclo, al centro della galassia ecologista, in eterna battaglia col buco nero dell’economia finalizzata alla crescita.

E poi, perchè no, l’homeschoooling – cioè la pratica di non mandare i figli a scuola, ma di istruirli a casa, in maniera perfettamente legale se si avverte il Ministero.

E molte altre iniziative, in cui gruppi di cittadini si danno da fare, all’interno del perimetro di ciò che è pubblico, col permesso e spesso il sostegno dell’amministrazione.
Ma molte volte, senz’altro in autonomia rispetto alle istituzioni – che come da etimologia, non si muovimentano, ma (ri)stanno.

E’ bene capire che a questo punto si parla di qualcosa di diverso dal volontariato, anche se col volontariato si intreccia fittamente, com’è ovvio.

Il volontariato, almeno nelle intenzioni, integra lo Stato – e viene organizzato attraverso dipartimenti e uffici di carattere pubblicistico.

In questa fase storica, si parla di iniziative che si fanno largo invece proprio per supplire alla ritirata dello Stato, preda di una malattia grave.

Al San Filippo Neri una Onlus firma il protocollo per stabilire una “Smile House” nel reparto pediatrico, e nel frattempo la ministra della Salute Lorenzin ammette che il ticket sanitario si potrebbe anche eliminare “ se solo si effettuasse una seria spending review”.

Uno Stato sempre più pesante e sempre più lento

Da un parte lo Stato non riesce a recuperare suffiienti quote di evasione o elusione fiscale; dall’altra ammette come nel caso di Equitalia, che degli 817 miliardi di debiti contratti da privati verso lo Stato, la metà è inesigibile.

Per un verso lo Stato e le Pa tardano sempre a saldare quanto dovuto ai fornitori privati ; per un altro non si effettua mai una seria revisione della spesa, o spending review che dir si voglia, nei ministeri ma non solo.

E i servizi latitano. Per cui i cittadini devono rimboccarsi le maniche.

E inventarsi a mano a mano un nuovo modello, o quantomeno una nuova prassi economico-sociale : che dopotutto corrisponde a quel ripiegamento della sfera economica nell’ambito del locale e dell’autooproduzione e consumo, che è caratteristica dei periodi di crisi.

Capitalismo e capitale sociale : un paradosso

Insomma, più va in crisi il capitalismo (o meglio, il capitale finanziario provoca crisi) e più cresce il valore del cosiddetto capitale sociale: senso di comunità, fiducia e collaborazione fra i cittadini, oltre ogni obbligo di legge e convenienza economica immediata.

Ma forse il paradosso è che questa sia un’altra strada attraverso la quale il capitalismo sgretola il senso delle istiutzioni, e dei beni, comuni – e avanza la privatizzazione di fatto dello spazio pubblico.

La scuola è sempre divisa fra la passata organizzazione in cui affonda, e slaci verso nuove modalità didattiche o controverse alternanze col mondo del lavoro – ma di sicuro il mondo della formazione si regge sul brulichio di iniziative che dovrebbero impartire istruzione al servizio della società, ma troppo spesso servono solo a riempire le tasche di chi le mette in piedi.

I titoli di studio mantengono valore legale; ma nei fatti ne hanno sempre di meno, e nessuno è in gradi di porre rimedio.

La crisi, da crisi di un sistema, si è trasformata in cambiamento del sistema.

Il mondo alla rovescia : vizi e virtù della società civile

Un conto è dire che dove ci sono appalti pubblici, c’è sempre un po’ di corruzione.

Ma la quantità italiana di corruzione ha raggiunto livelli troppo grandi: non è più una questione di quantità ma, marxianamente, di qualità.

Interi settori della pubblica amministrazione hanno mutato infatti la propria natura : non esistono più per servire la società, ma esistono per servire a chi vi lavora e li dirige.

Anzi, più spesso per servire quella quota della società che è in grado di sfruttarli effettivamente : per cui ormai non accade che vengano banditi degli appalti per dei lavori, sui quali poi gravano tentativi di corruzione – ma al corruzione si pone a monte.

Per cui vengono ordinati lavori, servizi e costruzioni di infrastrutture prrogrammaticamente inutuili, e al solo scopo di indirizzare i fondi pubblici relativi nelle tasche di amministratori, dirigenti e palazzinari /imprenditori.

Gli appalti si bandiscono apposta, per potervi lucrare – e non il contrario, come ai “bei tempi”.

E’ davvero il mondo alla rovescia.

Gli sgomberi contestati a Roma : fra diritto e esigenze sociali

Sempre nella capitale, in queste settimane monta la polemica e sorgono proteste, per gli sgomberi di quei locali di proprità pubblica, nei quali da anni e talvolta decenni hanno posto la propria sede differenti attività socio-culturali.

Si parla di cose come scuole per migranti, centri sociali occupati impegnati in attività polivalenti, e a tanti luoghi dove si esercitano attività solidaristiche o comunque di rilievo culturale.

Come che sia, a norma di legge e regolamenti, la magistratura su impulso del Comune ha disposto gli sgomberi, per ripristinare un principio elementare.

L’eguaglianza di tutti i cittadini : per cui le sedi in questione vanno assegnate con regolare gara a bando, e le concessioni non possono essere illimitate.

La risposta delle associazioni sgomberate è, in buona sostanza, che esse svolgono un ruolo indispensabile, in settori o contesti nei quali lo Stato è venuto a mancare ai propri doveri.
E che, in questa maniera, la collettività per un verso evita problematiche più gravi, e per un altro risparmia pure.

E se le concessioni, una volta scadute, non sono statte rinnovate : la colpa è dello Stato che non se n’è più curato (ma quanto spesso perché è stata, diciamo così, incentivata la distrazione di chi avrebbe dovuto controllare ?).

Liberalizzare : quanto?

Argomenti analoghi sono portati dagli ambulanti che protestano contro la Direttiva Bolkenstein – che stabilisce il criterio delle concessioni messe a bando anche per quanto riguarda gli stalli per le attività commerciali.
Gli ambulanti sostengono che devono pur mangiare, e che bisogno ha lo Stato di organizzare gare a bando : l’importante è che certe attività molto importanti, comunque sia, qualcuno le svolga.

E se dietro le proteste c’è l’interesse di pochi potenti che controllano tutto quel settore, pazienza.
(In altri ambiti, invece, le antiche corporazioni si fanno forti proprio delle licenze che hanno acquistato dalla Stato a caro prezzo, per opporsi all’ingresso sul mercato di attività di sharing economy : si veda il Taxi vs Uber ).

E tanti saluti alle liberalizzazioni dei servizi e delle professioni.

Un settore dove lo Stato ha legalizzato certi ragionamenti è quello delle Società in House (potremmo anzi dire che dopo la società civile e quella politica, ora abbiamo l’ibrido ircocervo della società in house).
Si tratta di quella articolazioni della macchina pubblica, che vengono però dichiarate di natura privata.
Per cui oscillano, secondo convenienza, fra i due poli, e per esempio impiegano tranquillamente personale che non ha superato concorsi pubblici – perlomeno, non i concorsi che si dovrebbero affontare per l’ingresso nel pubblico impiego.
E tuttavia, tali società svolgono funzioni pubbliche, spesso nelleo stesso regime di monopolio in cui le svolgerebbero se fossero a tutti gli effetti parte della pubblica ammnistrazione.
In definitiva, impiegano capitali pubblici e impdiscono ogni concorrenza, ma sono al servizio soprattutto dei propri dirigenti.
Il settore culturale è quello dove prevalgono, ma non solo quello.

Il girone infernale delle municipalizzate e delle partecipate

E se parliamo delle partecipate ?

Lì il principio del mondo alla rovescia trionfa : un carrozzone come l’Atac serve di più a chi vi lavora e la dirige, o al resto della società ?

E società in lentissima transizione dal pubblico al privato-sul-mercato (o al fallimento) come Alitalia? Non obbediscono altro che al principio ordinatore del clientelismo.
E non menziono neanche sua maestà la Rai.

Il “Mondo di mezzo”

In realtà, fra i due mondi rovesciati (per cui il privato impone i suoi principi al pubblico) spesso a fare da mediatore e il celebre mondo di mezzo.

Dove non arriva la pecunia, insomma, a fare da mediazione e lubrificante sociale, arrivano i proiettili.

Se Roma è ridotta così (e l’Italia ?) ciò è dovuto al triangolo fra palazzinari, politica e criminalità.

Una proposta di interpretazione

Ma alla base di tutto c’è sempre lui, il principe di questo mondo : il denaro.

Il denaro, lo ripetiamo fino allo sfinimento, non è lo sterco del demonio.
Ma di sicuro, proprio dato che non olet, e non si distingue a prima vista il denaro buono da quello cattivo, spesso può servire a scopi contrari a quelli per cui converrebbe.

E tutta la società è in affanno, perché sottoposta da decenni ad una lenta, articolata e generalizzata, opera di corruzione attraverso il denaro e il suo mito.

Valori diversi da quelli costituzionali hanno provocato una mutazione rilevante ed estesissima del tessuto sociale, e della mente delle persone.

Per cui il denaro non è più un mezzo, ma un fine.

E questo è un po’ una crisi del metabolismo sociale, che porta a un cancro simile a quello che interessa i tessuti vitali in caso di metastasi.

Per cui le meta-stasi hanno pervertito le istituzioni (che non stanno più in piedi).

La fine del valore del lavoro e la crisi della cittadinanza democratica

Che il denaro, e non il lavoro, sia alla base di tutto, lo dimostrano proprio esempi come quelli che facevo.

Per un verso, nelle partecipate e nelle società in house – con la scusa magari che la scuola non forma, non prepara alla vita vera e al lavoro, e che quindi si deve sempre pagare esperienze e contatti (partite a calcetto con Poletti ?) col proprio lavoro – la pratica di lavoratori sottopagati o addirittura senza alcuna remunerazione, è moneta corrente (davvero!).
E questo va di pari passi con le assunzioni senza bando di cui sopra.

Per un altro, vediamo esempi che la pratica del lavoro gratuito dilaga : da ultimo nel paradossale bando per un fotografo pubblicato dal Ministero dell’Interno.

Ma come stupirsi, quando i ministri si addottorano scopiazzando la tesi ? Ed è normale affidare lavori di responsabilità, in cambio di quattro soldi, ai ragazzi del servizio civile?

Il servizio civile, dovrebbe fare da tramite fra scuole e lavoro e fra società civile e società polticia : dovrebbe insomma integrare, e non sostituire lo Stato, per quelle funzioni dove esso ha smesso quasi di assumere lavoratori regolari.

Proposte provocatorie ?

Ecco che proposte, provocatorie, come quella di De Masi, affinchè i disoccupati offrano il proprio lavoro gratuitamente e sistematicamente, trovano la propria dimensione naturale.

Servono nuove idee, coraggiose e creative, per calibrare un nuovo equilibrio fra uno Stato in affanno,e la società civile che anche grazie alle nuove tecnologie, smania per farsi protagonista.

L’importante è che con le cose cattive non si perdano quelle buone: cioè l’autentico concetto di res pubblica e di beni comuni.

ALESSIO ESPOSITO

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