I social media e gli effetti dannosi sulle studentesse: il nuovo report Unesco

La tecnologia esaspera la disuguaglianza di genere nelle scuole.

social media

L’Unesco ha di recente pubblicato il report per il 2024 sulle disuguaglianze di genere nell’educazione globale dal titolo Technology on her terms. Se si possono notare progressi globali rispetto all’uguaglianza di genere per quanto riguarda l’accesso e il completamento dell’istruzione delle giovani donne, la tecnologia e le piattaforme dei social media diffondono ancora potenti stereotipi di genere che influiscono negativamente sulle adolescenti per quanto riguarda il loro benessere, l’apprendimento e le prospettive di carriera.

In tutto il mondo si assiste al fenomeno del Gender Digital Divide, ovvero una disparità tra donne e uomini sia nell’accesso alla tecnologia, sia alle prospettive di carriera. Ancora oggi per quel che riguarda le professioni STEM, ovvero Scienza, Informatica, Ingegneria, Matematica la quota di donne tra i laureati STEM è del 35% e non è cambiata negli ultimi dieci anni.

Il report dell’Unesco porta a conoscenza numerose ricerche che dimostrano come la fiducia delle giovani donne nelle loro capacità matematiche venga danneggiata presto da familiari, coetanei e anche insegnanti.

L’ansia e la sfiducia influenzano il rendimento e così si allontanano dalle carriere STEM.

Le adolescenti pagano gli stereotipi di genere basati sulla carriera, le donne si dedicano più a lavori legati alle persone, gli uomini alle cose. C’è come una direzione inconscia, determinata appunto dalle aspettative sociali.

I social media perpetuano e diffondono gli stereotipi di genere

Secondo un recente studio dell’Unesco sui modelli di intelligenza artificiale generativa, una donna viene descritta come modella o cameriera nel 30% dei testi generati automaticamente, mentre i nomi maschili sono associati a termini come affari e carriera.

Il legame tra benessere e apprendimento

Nel processo di apprendimento un ruolo cruciale è giocato dalle emozioni. Oggi le neuroscienze hanno dimostrato che il benessere psicofisico permette di raggiungere migliori risultati scolastici. Al contrario, numerose ricerche hanno messo in luce come i social media intacchino l’autostima delle giovani donne a partire dalle immagini di corpi perfetti, stereotipati e irraggiungibili. Le giovani donne che soffrono di disturbi alimentari sono il doppio rispetto ai loro coetanei maschi. In una ricerca promossa da Facebook è emerso che il 32% delle giovani donne, quando è depressa per il proprio aspetto fisico, se va su Instagram si deprime ancora di più.

Anche TikTok, nonostante durante la pandemia sia stato usato per scopi didattici, espone le giovani donne a maggiori probabilità di cyberbullismo, bodyshaming, molestie e stalking che possono portare ad ansia, depressione e problemi di salute mentali. La ricerca del Center for Countering Digital Hate sostiene che l’algoritmo di TikTok si rivolge agli adolescenti con contenuti relativi all’immagine corporea e alla salute mentale ogni 39 secondi, con contenuti relativi al suicidio ogni 2 minuti e 36 secondi e con contenuti relativi ai disturbi alimentari ogni 8 minuti, esacerbando i problemi di salute mentale tra i giovani. Uno studio condotto su giovani donne di età compresa tra 10 e 24 anni in 17 paesi ha evidenziato l’associazione tra l’uso dei social media, preoccupazioni sull’immagine corporea, disturbi alimentari e cattiva salute mentale.

Violenza di genere e social media

Se la violenza di genere è una preoccupazione globale della scuola, sembra che la tecnologia ne abbia facilitato il diffondersi, anche con nuove pratiche come il cyberflashing. Il cyberflashing è una molestia sessuale in cui si ricevono foto e video non richiesti. In un sondaggio l’88% delle giovani donne di scuole e università ha dichiarato di aver subito questo tipo di molestia. Per non parlare del deepfake, tecnologia che combina immagini reali a immagini create con l’intelligenza artificiale. Tra il 2020 e il 2022, si è registrato un aumento del 360% delle immagini sessuali “autogenerate” dei bambini di età compresa tra 7 e 10 anni. È stata colpita anche un’insegnante in Texas, perseguitata da uno studente. Questi casi di cyberbullismo colpiscono in generale più le giovani donne dei giovani uomini, i quali sono invece più facilmente artefici delle molestie.

Il cyberbullismo aumenta man mano che le persone trascorrono più ore sui social media. A livello globale, le donne di età compresa tra 16 e 24 anni trascorrono in media 2 ore e 59 minuti al giorno sui social media, rispetto alle 2 ore e 32 minuti dei ragazzi.

Di fronte alla crescente minaccia della violenza di genere, del cyberbullismo e della disinformazione, i paesi stanno iniziando ad agire. In Italia, una legge del 2017 ha stabilito azioni preventive e una strategia di attenzione, protezione ed educazione per i bambini.

La soluzione è nell’istruzione

Guardando al quadro generale mondiale troppo spesso si legifera e ci si occupa affinché la tecnologia diventi parte integrante dell’istruzione e non viceversa. Invece è proprio l’istruzione che può garantire l’uguaglianza di genere nello sviluppo tecnologico.

La tecnologia deve e può sostenere l’uguaglianza di genere. I casi virtuosi sono tantissimi: app per la salute del ciclo mestruale in India dal nome Help Pinky, app per informazioni sulla violenza di genere e le possibili vie legali in Lesoto o l’app Girl Talk per l’educazione sessuale delle adolescenti.

È la scuola che può e deve creare percorsi di educazione digitale: insegnare una comunicazione digitale corretta, insegnare a riconoscere le fonti e la manipolazione delle informazioni, offrire esempi femminili di percorsi STEM, madri simboliche che incoraggino le giovani donne e creare percorsi virtuosi che privilegino l’inclusione e il benessere.

Come afferma nel report Audrey Azoulay, direttore generale dell’Unesco:

«Il progresso tecnologico può sostenere il progresso educativo e sociale, ma solo se rimaniamo padroni degli strumenti tecnologici, piuttosto che servitori. Solo se sfruttiamo la tecnologia nell’istruzione, alle nostre condizioni».

Federica Sozzi

 

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