Anche la Pubblica Amministrazione si rinnova. Al governo si starebbe lavorando ad una direttiva che introdurrebbe lo Smartworking. Nello stesso decreto anche gli asili aziendali per i figli dei dipendenti. Dopo il decreto che introduce le “Pagelle” per il servizio, passa l’idea che “lavoratori più felici sono anche più produttivi”. Intanto Boeri ipotizza un’equiparazione fra pubblico e privato per le ore di reperibilità della malattia e la gestione delle 104.
Cos’è lo SmartWorking?
Troppo semplice semplificare: Smartworking = telelavoro. Il concetto di Smartworking, introdotto Siemens e, il cui caso più grande per coinvolgimento di dipendenti in Italia è quello di Tim , è decisamente diverso. Nel telelavoro il lavoratore opera in una fascia ben definita e svolge il lavoro come in ufficio. Lo Smartworking è un concetto più ampio. Un’attività lavorativa che si può svolgere in un arco di orario flessibile e anche in luoghi diversi. Casa, in una sede aziendale diversa dalla propria, a casa del cliente: l’importante è essere connessi e lavorare.
Inoltre cambia un altro concetto di base: il dipendente lavora per obiettivi e non a orario. Concetto che si basa sulla comprensione che, in un mondo in cui la tecnologia facilita molti processi, l’impegno richiesto non è costante, ma sempre migliorativo e strutturato. Per poter ottenere miglior produttività, quindi, occorre investire nel lavoratore ponendogli sfide e obiettivi chiari e sfidanti che lo responsabilizzino e che creino senso di appartenenza al progetto e all’azienda.
Oggi nel privato più di 100.000 dipendenti dei reparti di informatica, consulenza, bancario e tecnologia, nonché qualche caso nel manifatturiero, sono coinvolti nel “lavoro agile”. L’esperimento sembra conquistare sempre nuove aziende che oggi, come non mai, devono far quadrare i costi con la produttività.
I pro e i contro
I luoghi possono essere diversi, c’è chi per lavoro sta spesso al telefono, chi invece ha bisogno di una semplice rete lan. I costi d’investimento iniziali per le aziende si riducono all’utilizzo delle tecnologie esistenti: lan aziendali strutturate per essere accessibili in sicurezza da remoto, un sistema integrato di comunicazioni che può passare anche su prodotti già esistenti e gratuiti, vedi skype e cellulari aziendali. Il ritorno è decisamente interessante: dipendenti che si sentono più coinvolti e motivati e possono suddividere la settimana in giorni presenza in ufficio e quelli a casa. Anche gli asili aziendali per i figli dei dipendenti, altro progetto al vaglio, potrebbero essere un’ottima soluzione per i genitori impiegati.
Contro? La mentalità. La mentalità è dura da cambiare. I più riluttanti sono le vecchie leve e i manager tradizionali. Se ieri avere tutti sottocchio ci faceva sentire sicuri che tutti stessero facendo il loro lavoro, oggi bisogna reimpostare il rapporto di lavoro sulla fiducia. Non più riunioni de visu, ma audio o video conference. Non più dipendenti sempre a bordo scrivania del capo ma suddivisione del lavoro strutturata per essere condivisa in rete e sempre reperibile da tutti i dipendenti.
D’altra parte, le aziende e le PA, in un futuro prossimo, quando l’esperienza dello SmartWorking sarà realtà consolidata potranno pensare ad uffici più piccoli, potranno contribuire alla riduzione di traffico e smog nelle città e raccogliere i risultati di rendimento dall’assunzione di responsabilità e di flessibilità dei propri dipendenti.
Boeri e le malattie: uniformiamo i processi di rilevazione e reperibilità tra pubblico e privato.
Nello stesso decreto si vorrebbero regolarizzare gli standard delle visite fiscali. Boeri, presidente dell’INPS, vorrebbe uniformare le fasce di malattia tra pubblico e privato. Questo porterebbe, secondo il presidente, ad una migliore organizzazione dei medici e delle risorse. L’impegno per i dipendenti pubblici sarebbe una reperibilità di 7 ore rispetto le 4 ore attuali. E mentre le associazioni sindacali sollevano un vespaio di proteste, c’è chi si analizza le differenze statistiche. In media le giornate di malattia del privato sono la metà della PA (11 di media contro le 6 dei privati).
A quanto pare, la stretta sui controlli non dovrebbe riguardare solo i giorni di malattia. Tra gli altri “sorvegliati speciali” c’è anche l’utilizzo dell’istituto della 104. Legge che permette a malati, aventi diritto, di avere dei giorni per curarsi e familiari di fornire loro assistenza. Anche qui notevoli differenze: nelle PA la media di giorni è di 6 nel privato è 1,5 giorni l’anno. E il presidente ipotizza a possibili abusi di permessi del genere.
Nell’attesa rimangono da risolvere i licenziamenti per i furbetti, la riduzione delle partecipate e la riorganizzazione della dirigenza sanitaria all’INPS. Ma per queste, bisognerà attendere ancora un altro po’.
Simona Scravaglieri