Uno smartphone venuto dal futuro rappresentato all’interno di un’opera molto particolare. Il dipinto in questione si chiama “Mr. Pynchon and the Settling of Springfield” e il suo autore è l’italiano Umberto Romano. Quest’uomo nacque a Brancigliano, un paese nei pressi di Salerno, nel 1906. Si trasferì all’età di soli nove anni in America, precisamente a Spingfiled. Questo dipinto, in realtà è un murale presente all’interno di un ufficio governativo proprio nella città di Springfield, in Massachusetts, città dove l’artista ha trascorso la sua infanzia.
Umberto Romano, l’artista
Questo pittore divenne particolarmente celebre grazie ai ritratti che fece a Martin Luther King, al presidente degli stati uniti Kennedy e ad Albert Einstein. Fece anche un mosaico presso il tribunale della città di New York. Ebbe insomma una grande carriera pittorica soprattutto in America. Insegnò per dieci anni all’Accademia Nazionale di Design dal 1968. Romano morì a New York nel 1982, all’età di 77 anni. Alcune delle due opere sono custodite all’interno del Metropolitan Museum of Art, al Whitney Museum of American Art, al Fogg Art Museum a Boston, presso il Corcoran Gallery e lo Smithsonian Institution a Washington.
Il murale di Umberto Romano
I suoi lavori, soprattutto quelli tardivi, sono considerati di genere espressionista astratto, questa definizione la si può dare grazie alle caratteristiche che hanno i contorni e le espressioni degli uomini osservabili soprattutto all’interno del murale Mr. Pynchon and the Settling of Springfield. Quest’opera d’arte, aggiunge la professoressa Margaret Bruchac, è ricca di così tante differenze rispetto alla realtà che probabilmente il pittore sembra non aver mai visto gli oggetti che ha dipinto.
O magari sono semplicemente frutto della sua astrattezza. Ci sono svariati oggetti di ambigua natura, oltre al presunto smartphone, tra cui la presenza di una donna nuda, in basso a sinistra e una strega con la scopa in lontananza. Dunque, dice la professoressa Bruchac, questo dipinto rappresenta perfettamente quelle che erano le fantasie degli americani circa il rapporto con gli indigeni, ma non dice niente a proposito della realtà e dei nativi americani stessi.
Uno smartphone nel 1937
Ma ora concentriamoci sull’oggetto misterioso all’interno di quest’opera che, ripetiamo, si trova nella città di Springfield. In basso a destra si può notare un nativo americano che in mano ha qualcosa di strano. Sembra proprio che con sè abbia uno smartphone. A primo impatto si rimane particolarmente increduli alla vista di quest’opera d’arte.
Ma quello che disorienta di più è la posizione in cui in nativo americano tiene in mano l’oggetto. La postura del corpo, la posizione delle mani, hanno dell’incredibile. Sembra effettivamente di guardare una scena quotidiana dei giorni nostri. Il dipinto risale al 1937 ed è ispirato ad una scena del 1600.
La storia rappresentata nel murale
Il protagonista del murale è William Pynchon, colui che fondò la città di Springfield. William Pynchon nacque in Inghilterra nel 1590 e salpò per il nord america nel 1630. Il dipinto racconta una scena in cui due importanti tribù si incontrano, i Pocumtuc e i Nipmuc. Il tutto quindi è ambientato in un epoca che precede l’elettricità di 200 anni.
Per cui sia per l’epoca in cui il pittore ha dipinto l’opera sia per l’epoca in cui è ambientata non è possibile che quello che l’indigeno tiene in mano sia uno smartphone. La data che segna l’avvento del telefono cellulare è il 1973 ma solo nel 2007 Steve Jobs lancia sul mercato la sua creazione, l’iPhone. Quindi, ripetiamo, quell’oggetto non può assolutamente essere uno smartphone. Ma allora cosa tiene in mano il nativo americano?
Ipotesi sull’oggetto
Ci sono molte ipotesi a riguardo, secondo Margaret Bruchac l’uomo potrebbe tenere in mano un pugnale ribaltato; secondo Daniel Crown l’uomo potrebbe tenere in mano uno specchietto, uno dei tanti oggetti che hanno largamente attirato l’attenzione dei nativi americani; oppure potrebbe essere un semplice libricino contenente alcuni saggi religiosi. Insomma, le ipotesi sono tante, ma ancora oggi non c’è alcuna certezza.
Sicuramente il dipinto lascia di stucco alla vista dell’indigeno con in mano quell’oggetto. Chissà, forse è un oggetto venuto da futuro, oppure un semplice specchietto. Che la fantasia di ognuno interpreti quell’oggetto come meglio desidera, alla fine questo è anche il bello dell’arte.