Poetry Slam: la responsabilità e sensibilità poetica

«Italia slam world esci dalla scatola…sii creativo… Sali sui tetti e fai i tuoi Slam! Siediti sulla fontana di fuori, alzati, bagnati tutto e recita le tue poesie! Non essere così chiuso in te stesso, sii un artista, sii creativo!»

Marc Kelly Smith (2014) a Monza

Poetry Slam è una competizione di poesia. I poeti si sfidano mettendosi in gioco, ma la poesia non è un gioco e loro lo sanno bene. La poesia, il poeta e la sua sensibilissima percezione della realtà viene riflessa al mondo attraverso una performance: il suono della parola poetica e il gesto poetico diventa così protagonista della vita di ognuno, poeti e non. Il pubblico è la sua giuria. Non funge da metro di giudizio del poeta ma della sua capacità di risvegliare la parte più nobile dell’umana natura, la sensibilità al mondo esterno. L’applauso è il verdetto. Giudica poeta e pubblico al contempo. Chi può vincere è la Poesia.

Poetry Slam ha ormai ventinove anni e Marc Kelly Smith è il poeta americano che ha dato vita a questa competizione o meglio a questo movimento artistico. Questo progetto nasce una sera all’interno di un locale dell’Uptown di Chicago, da quel momento in poi dilaga non solo in America ma anche in Europa. A portare questo movimento artistico in Italia è stato il poeta e performer Lello Voce, nel 2001.

Uno dei poeti più apprezzati che ha frequentato, e ancora frequenta, le competizioni dei Poetry Slam è Guido Catalano, l’uomo che ha saputo elevare l’ironia trasformandola in poesia. Quando assisti a un Poetry Slam non ti puoi annoiare, perché le rime e suoni dei poeti ti incalzano e ti schiaffeggiano in faccia gioie e dolori personali e sociali.

Il movimento artistico ci fa conoscere il poeta nella sua contemporaneità.

la poesie

Non è più il poeta romantico che nell’immaginario collettivo vive rinchiuso nella sua stanza a scrivere poesia che nasconderà nel cassetto, sperando che un giorno alla sua morte queste vengano trovate ed apprezzate da un editore o un critico letterario.

Il poeta del Poetry Slam esce fuori da questo immaginario, esponendo se stesso e la sua poesia all’ambiente che l’ha generata, che spesso è oggetto della sua critica. Quando legge le sue poesie lui si nutre della reazione delle persone. L’autore interpreta se stesso, sul palco e fra il pubblico c’è la realtà. Questo tipo di interpretazione senza filtri e intermediari riesce a comunicare direttamente agli animi delle persone.

Lo scritto del poeta diventa trasversale, si espande e si appropria della terza e quarta dimensione, tempo e profondità, si trasforma in performance.

La poesia esce fuori dai luoghi istituzionali e si apre a tutti noi, al suo popolo. Il popolo di cui parlava Victor Hugo nella sua “La Fonction du poète”. Molti definiscono questo movimento poetico come pop, quindi popolare. Invece, a me piace pensare che finalmente la poesia si sta riappropriando del suo posto nella società, perché il poeta fa poesia insieme agli altri, stimolando a dando diritto di replica alla sua comunità. La poesia per esprimere il suo delicato potere deve essere cantata e condivisa. Come dice Marc Kelly Smith «la poesia non è fatta per glorificare il poeta, essa esiste per celebrare la comunità».

Come ogni movimento artistico che nasce nei sobborghi e nelle periferie, arriverà il giorno dell’istituzionalizzazione. Spero che quando ciò avverrà, porterà in dote una ritrovata sensibilità umana a quelle istituzioni secolari che si sono appropriate del diritto e ruolo di riconoscitori dell’Arte poetica. 

 

 

Giulia Saya

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