Nella soleggiata California le onde non sono sempre state buone con i surfisti: un giorno c’erano e il giorno dopo chissà.
Un pomeriggio d’estate, il mare si era portato via tutti i cavalloni e, tra la folla, alcuni giovani iniziavano a sfiorare l’asfalto con la salsedine ancora sui vestiti. Cavalcavano del legno su quattro ruote. Erano gli anni sessanta e i Beach Boys suonavano con le loro camicie a fiori. Fu subito un connubio apprezzato: le onde erano la strada e i pesci erano le persone.
Nel decennio successivo tre ragazzi con i capelli lunghi rivoluzionarono l’idea di skateboarding, che divenne presto uno sport a tutti gli effetti. Alva, Peralta e Adams erano i Lords of DogTown. L’uretano portò con sé l’alba dei primi teams ufficiali e dei contest; le piscine vuote, nei backyards americani, non erano mai abbastanza.
Gli anni passano e il mercato dello skateboarding corre veloce per tutte le vie del centro, di ogni città del mondo. Gli anni passano e le tavole crescono: Hosoi, Hawk e Mountain volano da un lato all’altro dell’halfpipe, Mullen perfeziona il suo freestyle e il Santa Cruz -Wheels on fire diventa cult-movie per ogni skater. Proprio quest’ultimo partorisce la moda delle videoparts colme di tricks spericolati, invasione di piazze e monumenti, lattine di birra e musica punk.
Vans, H-Street, Nike e tutta la famiglia dei brand di streetwear non ci pensa su due volte: ogni team ha un suo stile e gli sponsor vedono fiamme nei piedi dei giovani. Gli anni novanta sono luogo di nascita di un milione di stili differenti: chi più hip-hop e tecnico, chi più scellerato, rockettaro e sketchy (in italiano lo definiremmo “alla carlona”).
Il mondo sta sotto la tavola in ogni momento dell’anno e così tutto il globo è invaso da eventi e gare, rampe altissime e belle ragazze per fare il tifo, un paio di denti rotti a bocca. Oggigiorno lo skateboarding è un messaggio internazionale e non vi è differenza tra il teenager che ha appena incominciato, il cinquantenne che fece storia con il suo grip ed un paio di sneakers o tuo fratello più piccolo, che riscopre la tavola di quando non eri più alto di un metro e tanti capelli.
In Italia, nel 2015, è nata L.C.I (Longboard Crew Italia) con lo scopo di promuovere e diffondere la disciplina del longboard skate, una delle branche dello skateboard. Con sede a Torino, quest’associazione organizza attività aperte a tutti con un buon respiro di libertà e fantasia. Tra ciò che viene proposto emergono interessanti attività quali: corsi nelle scuole, “Ride for Casa OZ” (progetto atto ad utilizzare il longboard come mezzo per fare sport, integrare ed aiutare ragazzini disabili e/o con problemi di salute), “Longboarders Without Borders” (progetto fino ad incrementare l’inclusione sociale, tramite lo sport, delle fasce deboli e a rischio di emarginazione), “Ride for Engim” (progetto studiato per insegnare le discipline del longboard ai ragazzi del prelavorativo, partendo dallo sport fino ad arrivare all’insegnamento delle basi del codice della strada) ed il Torino Night Ride (giro notturno della città, che da anni si svolge con il Patrocinio di città di Torino e Regione Piemonte. È stato studiato per permettere ai neofiti e non di girare in sicurezza grazie alla supervisione di istruttori UISP che badano al corretto svolgimento delle attività, insegnando gratuitamente a tutti).
Il futuro è prospero e il 2020 sarà il primo anno di skateboarding alle olimpiadi (Pechino)…ci sarà da ollare la fiaccola. Skateboarding’s not a crime, but a no-skateboarding area is!