Il sistema giudiziario americano e la punizione creativa

Quanti di noi, di fronte a molti reati, hanno affermato che bisognerebbe attuare una punizione equa per il colpevole, ripagandolo con la stessa moneta?

Un giudice americano che vive nell’Ohio, Michael Cicconetti, applica quella che chiama “giustizia creativa prevedendo, come alternativa alla condanna pecuniaria o detentiva, una punizione personalizzata per far comprendere al colpevole le conseguenze dei suoi atti e percepire quel che ha provato la vittima.

punizione

Ciò è possibile perché il sistema giuridico americano appartiene al Common Law, applicato nei paesi anglosassoni, che differisce dal Civil Law, in vigore nelle altre nazioni.
Quest’ultimo trae origine dal diritto romano e dal Codice di Giustiniano: stabilisce che i principi siano codificati in leggi che regolamentano le fattispecie dei reati.
Il giudice sanziona un comportamento soltanto se una norma lo prevede: ad esempio in Italia l’omicidio stradale è stato riconosciuto reato solo a marzo di quest’anno. In precedenza non veniva punito dando origine a gravi ingiustizie.

Il sistema di Common Law invece si basa sul principio dello “stare decisis”: la sentenza di un giudice è vincolante e crea un precedente, obbligando gli altri magistrati nel momento in cui valutano un caso uguale o analogo. Se la fattispecie è nuova e non regolamentata si decide ex novo per non lasciarla impunita.
Il giudice dispone di maggiori strumenti per indagare e valutare al meglio la situazione, a differenza dei nostri che soggiaciono a più vincoli, ad esempio nell’ammissione delle prove.

Nel determinare la pena il sistema americano è ispirato dall’esigenza di applicarne una il più possibile adatta alla personalità dell’imputato perché il fine non è solo quello di infliggere punizione e allontanare il reo dalla società, ma rieducare per evitare che il colpevole ricada nel reato una volta scontata la condanna.

Il giudice Cicconetti è riuscito a ridurre la recidiva dal 75% al 10%. Come ha fatto?

Si è accorto che, in alcuni casi, l’imputato non si era reso conto delle conseguenze delle azioni e condannarlo a trascorrere alcuni giorni in prigione o a pagare una multa non avrebbe cambiato nulla nel suo modo di vedere le cose, portandolo a ripetere il comportamento.

Una ragazza aveva lasciato il proprio cane da solo in casa per una settimana, senza acqua né cibo, in una stanza in disordine e piena di spazzatura. La donna, di fronte alle accuse di abbandono, replicò sorpresa che l’animale non era stato abbandonato ma  lasciato temporaneamente solo.
Davanti a tale reazione il giudice, amante degli animali, pensò che la ragazza fosse incapace di comprendere le esigenze del cane e dovesse capire come ci si sente a starsene dimenticati in un luogo sporco e puzzolento.
La condannò a lavorare una settimana in un deposito di spazzatura di rifiuti di origine biologica, dove le sostanze entrano in putrefazione creando fetori irrespirabili. Solo vivendo in condizioni analoghe a quelle dell’animale avrebbe potuto capire in parte il disagio e la sofferenza imposte alla bestia e prenderne coscienza, per evitare di replicarle.

In un altro caso un uomo aveva abbandonato il cane a 48 chilometri da casa. Lo videro e segnalarono la targa del veicolo all’autorità. La bestia tornò a casa a piedi dopo due giorni e venne adottata dal vicino, ma il giudice fece scegliere al padrone se pagare una multa o percorrere gli stessi chilometri a piedi sotto il sole cocente, come aveva fatto l’animale.

Una donna aveva invece abbandonato diversi cuccioli nel bosco per liberarsene e fu costretta per punizione a trascorrere una notte nella foresta per provare la paura di trovarsi in un luogo sconosciuto e solitario.

Un giovane di 27 anni era stato colto alla guida in stato di ubriachezza: la sentenza fu di recarsi all’obitorio a vedere i corpi di due persone uccise in incidenti d’auto per fargli capire le conseguenze dell’alcool al volante.

Una signora che non aveva pagato la corsa del taxi venne condannata a effettuare lo stesso percorso di trenta miglia a piedi per rendersi conto del valore del servizio fruito.

In tutti i casi il giudice Cicconetti prevede sempre l’alternativa della multa o della prigione ma il più delle volte la pena “creativa” è quella scelta dall’imputato, permettendogli di comprendere, cambiare e reinserirsi nella comunità a cui ha arrecato disagi.

In Italia invece può accadere che ladri sorpresi a rubare in un’abitazione vengano catturati dai Carabinieri dopo un impegnativo inseguimento in auto e a piedi e che il giudice, riconosciuta la fattispecie di reato, li condanni con sospensione condizionale della pena.

Si tratta di un istituto giuridico che il magistrato può applicare tenendo conto delle circostanze nel caso la condanna non sia superiore a due anni e il reo non abbia compiuto atti della stessa specie. Oppure li abbia commessi ma la somma delle condanne non superi i due anni.
Naturalmente la sospensione viene revocata se il soggetto compie un crimine… ma i cittadini sanno, a differenza di alcuni giudici, che il più delle volte gli autori di reati come i furti non vengono scoperti.
Sarebbe interessante conoscere l’opinione del giudice Cicconetti sulla valenza rieducativa di questo genere di punizioni…

Paola Iotti

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