La strategia economica nascosta nella nuova organizzazione del sistema carcerario turco

Sono oltre 300 mila i detenuti che attualmente sono reclusi nelle carceri della Turchia, ma l’obiettivo finale del governo di Ankara è quello di raggiungere i 500 mila condannati. Infatti, secondo il rapporto annuale sulle statistiche penali del Consiglio d’Europa per il 2022, la Turchia risulta il Paese con la più grande popolazione carceraria tra i 48 Stati membri dell’organizzazione internazionale.

È in questo contesto che il governo turco continua a progettare nuove strutture per l’incarcerazione di un numero sempre maggiore di prigionieri. Il sistema carcerario turco, quindi, acquista definitivamente una nuova prospettiva industriale basata sul modello delle carceri statunitensi. Lo scopo principale è quello di creare profitti economici.

I dati pubblicati il 27 giugno scorso nel rapporto “SPACE I”, diffuso dal Consiglio d’Europa e realizzato in collaborazione con l’Università di Losanna, sottolineano anche il problema del sovraffollamento delle carceri.  Turchia, Romania e Grecia rappresentano i Paesi in cui la situazione è decisamente più grave rispetto, ad esempio, all’Italia che conta circa 54 mila detenuti.

L’analisi dei dati pubblicati nel rapporto “SPACE I”

Il rapporto “SPACE I” esamina le singole realtà dei Paesi presi in analisi, fornendo dati e bilanci carcerari che riguardano:

Prendendo in considerazione le statistiche pubblicate dal Consiglio d’Europa, i dati mostrano che il numero di detenuti per 100 mila abitanti è in diminuzione nelle 48 amministrazioni penitenziare europee esaminate nel rapporto “SPACE I”. A gennaio 2020, si registravano 1.528.343 detenuti in 51 amministrazioni penitenziarie, ovvero 103,2 carcerati per ogni milione di persone. Ciò significa che dal 2019 al 2020, il tasso di incarcerazione europeo è sceso dell’1,7%.

Il calo del tasso di incarcerazione si è manifestato già a partire dal 2013, quando la percentuale sfiorò il 20%. Tale decremento deriva dalla diminuzione del numero totale di reati tradizionali. Come spiega Marcelo F. Aebi, responsabile del progetto “SPACE” e coordinatore del gruppo di ricercatori dell’Università di Losanna, l’aumento dei crimini informatici:




“si traduce in un minor numero di condanne perché gli autori di questi reati sono spesso basati al di fuori del territorio nazionale e sono difficili da trovare e da punire”.

Secondo la relazione firmata dallo stesso Marcelo F. Aebi, insieme a Edoardo Cocco e Lorena Molnar, l’unico Paese che supera il numero di detenuti del sistema carcerario turco è la Russia.

Tuttavia, Mosca dal 2022 non è più considerata come membro del Consiglio d’Europa in seguito all’invasione dell’Ucraina. Però, è importante sottolineare che a partire dallo scorso autunno, la popolazione carceraria in Russia è diminuita notevolmente perché migliaia di detenuti sono stati reclutati per entrare a far parte del gruppo dei mercenari della Wagner.

L’influenza della politica di Erdogan nell’aumento della popolazione carceraria in Turchia

Con l’avvento di Erdogan, in Turchia la popolazione carceraria ha subito un aumento del 118%. Ad oggi, sono 300 mila i detenuti in una nazione che conta 84 milioni di abitanti, numeri che se confrontati con quelli del decennio precedente rispecchiano l’aumento netto di tale fenomeno.

Paesi con i più alti tassi di popolazione carceraria al 31 gennaio 2022.

Prima dell’ascesa del Presidente turco, la popolazione carceraria ammontava a 136.638 prigionieri. L’87% dei detenuti era già sotto processo e/o condannati, mentre il 12,8% risultava in carcerazione preventiva e in attesa di giudizio. Per quanto riguarda la differenza di genere dei prigionieri, il divario è evidente: il 96,1% è rappresentato da detenuti di sesso maschile, contro il 3,9% che è di sesso femminile. In riferimento alla nazionalità, invece, il 96% è di origine turca e circa 12 mila incarcerati hanno origini straniere.

Tra i reati più ricorrenti troviamo l’8,8% dei detenuti condannati per violazione dell’obbligo di residenza, il 6,4% per spaccio o fabbricazione di stupefacenti, il 24,6% per furto, il 7.1% per danni intenzionali e il 5% per danno di proprietà. Ma non mancano oltre 14 mila condanne per abusi su minori e circa 5100 per violenze sessuali.

L’incremento del numero di detenuti è la causa principale del sovraffollamento del sistema carcerario turco, infatti, nelle 386 carceri in funzione possono essere ospitati circa 270 mila prigionieri, ovvero 30 mila persone in meno rispetto alle stime attuali.

Il sistema carcerario turco nasconde una strategia economica per lo sviluppo del Paese

Il ministero della Giustizia della Repubblica di Turchia afferma che nel 2022 sono stati costruiti 22 nuovi edifici destinati ad ospitare carceri, ai quali si aggiungono 20 nuovi progetti di strutture detentive che saranno operative entro la fine del 2023. Il sistema carcerario turco, quindi, sarà formato da 428 carceri in totale e arriverà ad ospitare più di 500 mila detenuti.

Il progetto che prevede l’ampliamento del sistema carcerario turco è il fulcro di una pianificazione portata avanti dal governo islamico conservatore del Akp (Partito per la giustizia e lo sviluppo), che punta a chiudere le piccole strutture carcerarie per aprire delle organizzazioni detentive fuori dai centri abitati.  Queste ultime sono inserite in un ampio progetto economico che ovviamente influisce nell’aumento costante della popolazione carceraria turca, sopratutto negli ultimi anni.

Queste nuove strutture edificate in zone periferiche, hanno dato la possibilità di accogliere un numero maggiore di detenuti e questi investimenti sono stati giustificati a livello pubblico dalle parole di Mehmet Metiner, rappresentante dell’Akp che presiede la sottocommissione parlamentare per le carceri, il quale denuncia una crescita generale della criminalità:

 “Abbiamo bisogno di più carceri di massima sicurezza perché è aumentato il numero dei sospettati e dei condannati. […] Per contrastare la criminalità bisogna adottare misure economiche e sociali, ma quando la situazione economica sembra migliorare i nemici della Turchia cercano di provocare nuove crisi con l’aiuto di organizzazioni terroristiche”.

Non mancano, però, le controbattute dell’opposizione, non convinta da queste scusanti utilizzate per normalizzare agli occhi dell’opinione pubblica questo nuovo disegno carcerario. I partiti dell’opposizione, infatti, sostengono che da queste attenuanti si può solamente dedurre che questa nuova ingegneria carceraria è stata pensata dalle autorità per riuscire a gestire il più rapidamente possibile alcuni dei problemi che si presentano a livello politico e sociale.

Infatti, stando a quanto dichiarato dal ricercatore del Centro di ricerca sulle prigioni turche, Mustafa Eren:

“in Turchia c’è stata una pianificazione. Non si costruiscono nuove prigioni per rispondere a un aumento del numero di detenuti, ma il contrario”, perché , “Quando il numero di prigionieri si moltiplica per tre o quattro significa che c’è un altro motivo, una forma di ingegneria sociale in atto”

Il sistema carcerario turco ispirato al modello statunitense

Per adottare questo nuovo schema carcerario di stampo industriale, il governo turco ha deciso di adottare il prototipo statunitense. Le strutture detentive poste nelle periferie degli agglomerati urbani vanno a formate delle vere e proprie “città”, la cui costruzione crea automaticamente un aumento delle offerte di lavoro e la possibilità di nuovi investimenti imprenditoriali. Tra i vantaggi di questa sperimentazione c’è anche la possibilità di attuare economie in scala, arricchendo così le aziende che lavorano nel settore dell’edilizia pubblica.

L’esperimento che ha avuto più successo è rappresentato dal complesso di Silivri.

Inoltre, questo sistema carcerario prevede un programma di lavoro per i detenuti. I prigionieri vengono chiamati a svolgere diverse attività retribuite con paghe che vanno dai 2,7€ ai 3,5€ giornalieri, quote decisamente inferiori rispetto a quelle degli operai in regola, e che quindi generano un immediato risparmio economico.

“Lo stato ha trovato manodopera a buon mercato e ha deciso di usarla. Quando osserviamo i precedenti a livello mondiale ci rendiamo conto che queste pratiche sono il frutto di un liberismo selvaggio”, commenta il sociologo Tayfun Koç.

Si può quindi concludere asserendo che la Turchia di Erdogan ha ufficialmente introdotto questa nuova organizzazione del sistema carcerario turco, in cui l’artigianato proveniente dalle prigioni rappresenta una fonte di profitto statale, come dichiarato dall’assistente del ministro della giustizia, Bilal Uçar :

“Abbiamo fatto passi avanti nel campo delle condizioni di incarcerazione, dei diritti e delle libertà. Tuttavia, e questo è molto più importante, le nostre carceri sono diventate delle fabbriche. Molti cittadini non lo sanno ma queste fabbriche danno un contributo importante alla produzione nazionale. E lo sfruttamento di questo potenziale cresce di giorno in giorno”.

Andrea Montini

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