Sisifo: ascesa e caduta dell’ingannatore degli Dei

Re di Corinto, padre di Ulisse, nemico della pietas: l'identità del condannato al supplizio del macigno

Sisifo e il macigno

Tutti conoscono Sisifo come il mortale condannato dagli Dei a far rotolare per l’eternità un masso lungo il crinale di una montagna. Non tutti, però, sanno che la punizione giungeva alla fine di una lunga sequela di inganni e atti di hybris contro uomini e Dei. Come si era meritato Sisifo la sua punizione?

Figlio di Eolo ed Enarete, marito di Merope e padre di Glauco, Ornizione, Tersandro, Almo e Profirione, Sisifo non era esattamente uno stinco di santo. I miti che lo riguardano, infatti, sono pieni di violenza e, soprattutto, di inganni e scaltrezze applicati senza alcuno scrupolo.




Prendiamo, per esempio, il trono della Tessaglia, di cui Sisifo era erede ma che venne usurpato dal fratello Salmoneo. Rivoltosi all’oracolo di Delfi, Sisifo accettò di sedurre Tiro, figlia di Salmoneo, e avere con lui dei figli per ottenere vendetta. Scoperto l’inganno, Tiro uccise i loro due figli. Sisifo, allora, ebbe buon gioco nell’esporre i corpicini sulla piazza di Larissa, descrivendoli come i figli di Tiro e Salmoneo, frutto vergognoso di un incesto. Così Salmoneo fu cacciato e Sisifo poté riprendersi il trono di Corinto.

Un re troppo scaltro che scatenò la furia divina

Poco edificanti, fin qui le azioni di Sisifo ricadevano però ancora nel dominio del lecito. Diversa divenne la questione quando il sovrano cominciò a immischiarsi con gli Dei. In verità, per certi versi la sua condotta fu accortissima. Infatti, si servì di quel che sapeva per ottenere un vantaggio per il proprio popolo, ma questo gli costò caro. Durante una tremenda siccità, mentre si trovava presso la rocca di Corinto e cercava di farsi venire un’idea, Sisifo assistette a una scena insolita. Zeus, il re degli Dei, amoreggiava con Egina, una ninfa fluviale che aveva rapito. Di lì a poco, si presentò al re il dio fluviale Asopo, padre di Egina, chiedendo se Sisifo avesse informazioni sulla ragazza e sul suo rapitore. Sisifo rivelò l’informazione, ma non prima che il dio avesse fatto nascere la sorgente perenne Pirene, per la salvezza della città.

Zeus, naturalmente, non era lieto dell’indiscrezione del re. Così convinse Ade a sguinzagliare Thanatos, la morte, per catturare Sisifo e rinchiuderlo nel Tartaro. Sisifo, però, era furbo. Accolse Thanatos nel proprio palazzo con tutti gli onori e a banchetto fece ubriacare il tetro emissario. Dopodiché, con apposite catene lo incatenò, togliendo per un certo tempo la morte dalla circolazione. Il primo ad accorgersi che qualcosa non andava era Ares, il dio della guerra: si combattevano ancora battaglie sanguinose, ma nessuno moriva più. Ergo, tutto il processo smetteva di essere divertente per il signore del combattimento, una cosa inaccettabile. Proprio per questo il dio andò personalmente a liberare Thanatos e, con lui, catturò Sisifo per condurlo nell’Ade. La sorte di un qualunque mortale, a questo punto, in teoria sarebbe stata segnata. Ma Sisifo non era proprio un mortale qualunque…

Duro a morire

Per provare a eludere la vendetta degli Dei ancora una volta, Sisifo impose alla moglie Merope di non seppellire il suo corpo. In questo modo, a buon diritto poté lamentarsi con gli Dei dell’empietà della moglie, ottenendo da Persefone (o da Ade stesso) una preziosa concessione. Per tre giorni, infatti, gli fu concesso di tornare tra i mortali, per imporre alla moglie i riti funebri. Tuttavia, nemmeno allora il re impose a Merope la sepoltura: si diede, invece, alla fuga. A recuperarlo fu inviato Hermes, che peraltro con Sisifo aveva un conto in sospeso. Quest’ultimo, infatti, aveva smascherato Autolico, figlio del dio messaggero, come ladro e truffatore. Non solo: secondo alcune versioni del mito aveva violentato una figlia di Hermes, Anticlea, da cui sarebbe nato Odisseo.

Quando finalmente fu catturato di nuovo (in altre versioni, dopo la morte naturale), gli Dei ormai di Sisifo ne avevano più che abbastanza. Per questo Zeus decise che la sua punizione doveva essere esemplare. E in effetti lo fu, tanto che oggi si associa al nome di “Sisifo” la fatica tanto immane quanto inutile di far risalire un macigno lungo un crinale e dover ricominciare sempre daccapo.

Valeria Meazza

Exit mobile version