In Siria tutto cominciò sette anni fa con le iniziative pubbliche lanciate per contrastare il governo siriano nel complesso panorama delle primavere arabe, fenomeno di protesta che si estese nell’Africa mediterranea e in tutto il Medio Oriente. Lo scopo delle mobilitazioni era quello di far dimettere il presidente Bashar al-Assad e di indebolire il partito Ba’ath, formazione pan-araba, anti-islamista e di stampo socialista incarnata, in Iraq, dalla figura di Saddam Hussein a partire dagli anni ’80.
La risposta del regime fu la repressione che diede avvio a una lunga guerra civile che portò al coinvolgimento di organi internazionali come le Nazioni Unite, diverse Organizzazioni non governative e la discesa in campo di nazioni con interessi contrapposti come Russia e Stati Uniti. Da ricordare senza dubbio è l’assedio di Aleppo cominciato nel 2012 e che, con una stima di oltre 100mila vittime, superò il famoso assedio di Sarajevo di oltre 4 mesi, battendo così un tragico record.
Dopo la fine delle bombe sull’enclave la battaglia sembra essersi spostata dalle periferie della famosa città siriana alla regione della Ghuta orientale, dove nei giorni scorsi sarebbero stati compiuti attacchi con armi chimiche da parte delle forze di Assad sulla cittadina di Al-Shifuniyah con un bilancio di circa 30 morti, di cui 7 bambini. Notizia su cui la Russia prende notevoli distanze e, anzi, parla di “false notizie provocatorie”.
Mentre le bombe di fabbricazione italiana colpiscono i civili in Yemen e in Siria i barili esplosivi riempiti di ferraglia vengono lanciati su città e villaggi da aerei russi e delle forze regolari siriane l’organizzazione non governativa e indipendente Syrian Network for Human Rights rende noto quello che è il bilancio delle vittime di febbraio.
Nota per il suo lavoro di controllo e supervisione sul territorio l’Ong, che ci tiene a definirsi “imparziale”, fa sapere che solo nel mese appena concluso le vittime sarebbero 1389, di cui il 67% concentrate nella Ghuta orientale, regione rinominata dall’attuale Segretario generale Onu Antònio Guterres come “l’inferno sulla terra”. Secondo l’Ong circa 1100 sono i civili caduti per mano delle forze di Damasco di cui 179 donne e 203 bambini con una media di 8 minori morti al giorno; le altre vittime sarebbero causate dai raid russi, dalle incursioni dei ribelli anti-regime, dall’ISIS e dalle azioni lanciate dalla Coalizione a guida americana.
Davide Travaglini