Siria: sei anni di conflitto e un negoziato in corso a Ginevra

Fonte: http://spondasud.it/?p=11862

Conflitto in Siria

È il 15 marzo 2011 ed in Siria, sull’onda delle primavera araba, che ha avuto inizio il 2010, iniziano tutta una serie di manifestazioni pacifiche violentemente represse tuttavia, contro il regime di al Assad.

A sei anni dall’inizio del conflitto, i numeri della crisi siriana all’interno di sei anni di guerra civile vanno dai 310.000 ai 440.000 morti, oltre 11.5 milioni di sfollati, 13.5 milioni di persone che necessitano di protezione, 5.7 milione di persone con immediato bisogno di aiuto e una media di 4-5 siriani che vivono in stato di povertà.

Questo perché la Siria al contempo si trova coinvolta in tre diversi conflitti: civile, settario (regionale, tra sciiti e sunniti) e un confronto infine tra due blocchi (Russia e USA, se possono esserne considerati effettivamente due). Si tratta di una crisi con implicazione regionale: per cui assumono rilievi i confini del Paese, nonché il quadro etnico – settario che vedo una predominanza del 90& di siriani mussulmani sunniti.

Attualmente e dinamiche in atto vedono dei negoziati in corso con la richiesta del “cessate il fuoco” interno, oltre a delle dinamiche politiche e militari, e il negoziato di Ginevra ove si cerca di arrivare alla pace.

Un passo indietro

Aspetto istituzionale politico viene stabilito da Hafiz al Assad a partire dal 1970 e conta di alleanze internazionali e dell’appoggio di minoranze non sunnite.

All’interno della Siria la minoranza curda è stata sempre marginalizzata – basti pensare che solo nel 2008 si arrivò alla concessione delle carte d’identità – mentre sempre attiva è stata la lotta agli islamisti sunniti.

A partire dagli anni 2000 – anche se con implicazioni precedenti – il Paese ha visto anche un clima di tensione sbocciare con Israele.

A seguito del “risorgimento di ribellione araba”, “le primavere arabe”, la guerra civile scatta con una scritta ad opera di ragazzi – chiaramente ognuna delle dinamiche citate assume particolare rilievo, ma come si riconduce all’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando l’inizio della Grande Guerra.



Allo stesso modo in questo caso fu una vicenda apparentemente banale a provocare quell’escalation di tensione che dura da sei anni.

Si vuole la ribellione e le manifestazioni in breve tempo impazzano, tuttavia ogni azione è violentemente repressa. Si arriva a breve ad un’estremizzazione del conflitto – ad opera del regime con forti ambiguità turche – e a un’escalation militare, che coinvolge un quadro di potenze con implicazione regionale, ma anche internazionale.

Fonte: http://www.remocontro.it/2014/10/14/libano-laltra-guerra-isis-minaccia-beirut-poi-mare-caos/

La dimensione del conflitto

Tre sono quindi gli elementi essenziale alla comprensione del conflitto in Siria: un’evoluzione nel tempo data da internazionalizzazione, estremizzazione, islamizzazione minoranze – ricordiamo che l’ISIS assume rilevanza solo in seguito all’inizio della guerra.

Dal punto di vista interno, il regime conta su 3 importanti forze: Syrian Arab Army, National Defence Forces, Milizie e paramilitari – parliamo di una galassia in continua evoluzione.

Dal punto di vista esterno invece, gli alleati del regime sono Iran, Hizbollah – che garantisce una massa di manovra – e la Russia – a fronte dell’appoggio aereo, che ad oggi si rivela essere il piano più importante, ove il regime non riesce a controllare le aree interne.

Data la complessità sul campo, l’intervento militare americano appare molto coloniale all’interno conflitto. A partire dall’intervento in Iraq viene aperto un vaso di Pandora mai più richiuso. Gli americani restano all’interno del territorio mediorientale creando una sorta di revanche all’interno di alcune frange della popolazione lì presente, depredata, impoverita, sottomessa.

Gli alleati riescono, rispetto ai conflitti già presenti nel territorio mediorientale, a ristabilire la “pace” fino a che, nel 2008, con le elezioni presidenziali, i repubblicani perdono. Bush non è più al potere e quella guerra considerata repubblicana non viene definitivamente deposta.

La situazione nel territorio è sensibilmente migliorata, ma tuttavia ancora fragile, ragion per cui all’abbandono dei territori da parte degli USA, tutto precipita.

Nel dicembre 2011 quando gli americani si ritirano, lasciano loro malgrado spazio all’ISIS perché si radicalizzi.

Si decide così di intervenire nuovamente prima che l’ISIS arrivi a Bagdad, attraverso bombardamenti aerei.

L’intervento americano, sotto questo punto di vista, non è mai stato lineare all’interno della Siria, diversamente da quello russo, sin dall’inizio a supporto del regime.

Assad sta cercando di ottenere una vittoria sul campo nonostante la debolezza armata, attraverso la manipolazione tattica del cessate il fuoco iniziato ad Astana. Tuttavia il pericolo maggiore è rappresentato dalla moltitudine di forze contrapposte all’interno della Siria.

I ribelli infatti si presentano di due tipi: islamisti e moderati.

Il Da’esh – alias lo Stato islamico, quindi la massa di ribelli islamisti – ha il suo centro di gravità a Raqqa, che presenta notevoli difficoltà a livello strategico e rischia di essere cannibalizzato da movimento neo-alqaidisti. La sconfitta dello Stato islamico dopo gli eventi degli ultimi mesi è probabilmente vicina, ma il luogo comune del “se volessimo, potremmo annientarli”, che si ciba di popolane considerazioni, è del tutto erroneo.

Anche se il Da’esh verrà sconfitto continuerà a rappresentare una forte minaccia asimmetrica.

Evoluzione

Ad oggi sono cambiati gli assetti di potere, sia siriani che regionali, e un ruolo decisivo è stato assunto dagli attori esterni.

La popolazione civile è decimata – i sopravvissuti sono umanamente distrutti, mentre la società è militarizzata. Stesso si dica sul piano delle infrastrutture: la Siria è distrutta, un elemento importante per il momento in cui la ricostruzione avrà inizio, andando a costituire un business economico e politico, che influirà sulla governance del Paese e ne garantirà – o meno – la stabilità e sicurezza.

Ginevra

A Ginevra si è aperto un nuovo round di negoziati per la Siria, per uscire dall’incubo che attanaglia il Paese da 6 anni a questa parte.

La soluzione politica auspicata è quella espressa dal diplomatico Staffan de Mistura nel discorso inaugurale della quarta tornata di colloqui tra regime e opposizione.

L’escalation militare continua, in particolare si è intensificato notevolmente l’impegno americano, che il 9 marzo ha visto l’arrivo dell’artiglieria dei marines schierata su Raqqa, la fortezza del Da’esh.

Quale siano gli esiti di questo nuovo round di negoziati non lo si può supporre con grande facilità, né sarà la sola diplomazia a salvare una situazione che necessita di un piano strategico notevole in atto.

Non rimane che seguire con attenzione ogni possibile sviluppo, per quando gli auspici di giustizia nel panorama desolante di una popolazione straziata, siano tanto vani quanto pieni di amarezza.

Ilaria Piromalli

Fonte immagine: http://spondasud.it/?p=11862

 

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