Bashar Al Assad non tollera i dissidenti: sono migliaia i civili che in Siria vengono arrestati, imprigionati e torturati perché accusati di essere contro il regime.
La guerra in Siria si è trasformata da guerriglia civile localizzata a guerra in cui sono coinvolti i maggiori attori a livello internazionale. Un dramma che si è esteso oltre i confini ed è giunto fino a casa nostra, tramite uno schermo o letteralmente a piedi.
Un piccolo pezzo di mondo che ospita svariati conflitti: tutti contro l’Isis, il regime di Bashar Al Assad contro i dissidenti, i ribelli contro il regime, e così via. Ognuno persegue il proprio interesse, incurante delle migliaia di vittime.
Una delle figure centrali di questa guerra è proprio Bashar Al Assad, importante alleato per Mosca, ma dittatore crudele nei confronti della Siria. Una persona dipinta sotto sfumature e sfaccettature diverse, contrastanti. Ma al di là di quello che quest’uomo possa rappresentare per un Paese o per l’altro, quello che è innegabile è ciò che avviene, per causa sua, nelle prigioni siriane.
La verità sulle torture e uccisioni è stata raccontata dalle maggiori ONG, come Amnesty International e Human Rights Watch, nonché da coloro che hanno assistito e vissuto il fatto in prima persona.
Amnesty denuncia quello che accade nella prigione di Saydnaya, a nord di Damasco. Decine di impiccagioni sono state eseguite ogni giorno, dall’inizio della guerra. Una morte atroce riservata a comuni civili, colpevoli di non essere in linea con il regime di Assad.
“Nel carcere militare di Saydnaya lo Stato siriano perpetra in sordina una carneficina dei propri cittadini: la maggior parte delle vittime sono civili, ritenuti oppositori del governo. Dal 2011, migliaia di persone sono decedute in seguito a esecuzioni extragiudiziali tramite impiccagioni di massa, perpetrate di notte e in assoluta segretezza. Molti altri detenuti del carcere militare di Saydnaya sono stati uccisi dopo essere stati torturati a più riprese o essere stati privati sistematicamente di cibo, acqua, medicinali e cure sanitarie. I corpi delle vittime di Saydnaya sono sepolti in fosse comuni”.
(Amnesty International – Rapporto su Saydnaya)
Le azioni che il regime ha intrapreso contro i civili stanno assumendo la forma di uno sterminio. Benché qualcuno si ostini a negare la realtà, indagini, testimonianze e foto mostrano perfettamente quello che l’intera comunità internazionale fa finta di non vedere.
I racconti sono terribili, rievocano vecchi spettri del passato e dimostrano quanta strada ci sia ancora da fare per difendere i diritti umani. Storie che somigliano a quelle già udite, più e più volte negli ultimi settant’anni.
“Il pestaggio fu davvero violento, come se si ostinassero a voler far entrare un chiodo in un sasso. Un compito impossibile, eppure continuarono a picchiarmi. Arrivai a sperare che mi tagliassero le gambe invece di continuare a prenderle a botte“.
(Sameer, ex detenuto)
Tutto ciò avviene col tacito consenso del mondo. Quale sia il comportamento adatto, quali siano le azioni più opportune è difficile stabilirlo, ma sicuramente Antonio Razzi non è un buon esempio. Il senatore di Forza Italia, che sostiene essere amico di Kim Jong-un, dittatore nordcoreano, ha deciso di pubblicare sui social una foto sconcertante. Un selfie che ritrae un Razzi tutto sorridente con Bashar Al Assad, altrettanto sorridente, al suo fianco.
“Non saprei nemmeno che termini utilizzare per descrivere ciò che ho visto“.
(Omar – ex detenuto)
Radavoiu Stefania Ema