Sinner unico campione del tennis? Perché in Italia si parla meno delle campionesse?

Sinner unico campione del tennis

Mentre il Paese festeggia la vittoria allo Slam, proclamando Sinner unico campione del tennis, qualcosa stride e raccoglie l’attenzione dei più appassionati di tennis: forse il giornalismo ha dimenticato le donne?

Sinner unico campione del tennis: questa è l’incoronazione simbolica che la stampa sta passando negli ultimi giorni. Perché, a proclamare un campione, si fa sempre bene ed è giusto rendere merito a un giovane ragazzo talentuoso e lavoratore che col suo impegno ha donato lustro alla maglia italiana. Tuttavia, sarà davvero l’unico?

In effetti, non lo è. Non siamo a corto di azzurre che hanno reso lustro ai nostri colori, raccogliendo prestigiosi successi. Flavia Pennetta e Francesca Schiavone, per citarne due. Il Roland Garros del 2010, portato a casa da Schiavone, gli Us Open del 2015 dove abbiamo ammirato una Pennetta trionfante, per altro, contro un’altra atleta italiana di tutto rispetto, Roberta Vinci.
Come se non bastasse, nel 2022 il duo Schiavone – Pennetta ha trionfato in coppia al Roland Garros nel doppio Legends.

Cosa ci dice tutto ciò? Che la cultura dello sport in Italia c’è ed è forte, nonostante le difficoltà più o meno note che si riscontrano nel settore. Difficoltà che si sommano ad altri ostacoli, a resistenze di varia natura, quando si tratta dello sport al femminile. Minor attenzione dei media e conseguenti differenze sui guadagni degli sponsor, per esempio.



Queste differenze sembrano oltrepassare il nostro Paese e pesare, tuttavia, in tutto il mondo.
Risale proprio alla primavera scorsa l’appello della campionessa del tennis Iga Swiatek, la quale avrebbe chiesto parità nei montepremi per tutti i tornei dei circuiti ATP e WTA, così com’è previsto già per i quattro appuntamenti del Grande Slam.

Us Open, Australian Open, Roland Garros e Wimbledon, dal 1973 al 2007. Ecco l’ordine esatto e la finestra temporale in cui i quattro appuntamenti del Grande Slam hanno offerto un montepremi uguale per uomini e donne. Consuetudine ancora mancante in gran parte delle altre sfide, grandi o piccole che siano.

Alla disparità sui premi si aggiunge la disparità sociale e mediatica. Il tennis femminile non sempre accede agli stessi canali televisivi o streaming a cui accede il tennis maschile, per esempio. La stampa, grande motore dell’informazione, riserva titoletti microscopici e brevi testi in cui annovera pressappoco data, luogo e titolo vinto dalle azzurre; mentre, quando a vincere sono gli atleti, ecco che ne tesse le lodi con attenta perizia.

Se la domanda, quindi, è: Sinner unico campione del tennis? La risposta più adatta è un dipende. Sono passati 48 anni dall’ultima vittoria italiana nel circuito maschile degli Slam, quella di Panatta. Quasi metà secolo dall’ultima vittoria maschile nel Grande Slam.
Nel frattempo, di vittorie femminili ce ne sono state.

Allora, lo scalpore mediatico è dovuto dall’importanza di questa riconquista? Dipende.
La cultura media dello sport dice che le azzurre raggiungano in media meno successi e che quindi il loro effort faccia di conseguenza meno scalpore. Questo è quel che si legge in forum, blog, sui social: basta fare un giro dei commenti. Ma quando si dimostra, numeri alla mano, che non è così, cosa succede? Si punta alla straordinarietà dell’evento, raccontandosi che la notizia fa così scalpore perché gli uomini hanno vinto meno?

Insomma, giustificazioni deboli che si piegano in una o nell’altra direzione, pur di celare una disinformazione di matrice misogina. Possiamo eleggere Sinner unico campione del tennis del suo tempo, nel circuito maschile, a ragion veduta. È bravo, è giovane, si sta facendo valere e ha dato prestigio ai nostri colori.
Non possiamo considerarlo unico campione del tennis nel senso assoluto, non possiamo continuare a ignorare i fenomeni del circuito femminile.

Per uno sport più competitivo, più prestigioso, per una maglia azzurra più forte, occorre che l’informazione si faccia inclusiva e che si dia visibilità alle atlete che ogni giorno si sacrificano e amano la loro missione, poiché solo così si potrà innescare un circolo virtuoso che possa premiarle come anche loro meritano.

Stefania Barbera

 

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