La Sindrome da Rassegnazione provoca il coma nei bambini rifugiati

Fonte: Magnus Wennman per The New Yorker

Da quasi due decenni la Svezia combatte contro una misteriosa malattia chiamata Sindrome da Rassegnazione, che colpisce solamente i figli dei richiedenti asilo: i bambini e adolescenti, con un’età compresa tra i sette e i diciannove anni, si ritirano per mesi in una solitaria apatia, smettendo di camminare, di parlare, di nutrirsi e persino di aprire gli occhi.

La Sindrome da Rassegnazione provoca il coma nei bambini rifugiati
Ernada Hidanovic e suo figlio Armando, refugiati in Svezia. Foto: Paul Madej





La Sindrome da Rassegnazione è stata diagnosticata per la prima volta in Svezia alla fine degli anni ’90, ma i casi si sono moltiplicati nel decennio successivo, arrivando agli oltre 400 soggetti segnalati nel biennio 2003-2005.

I “bambini apatici” sono diventati un enorme problema politico legato al tema dell’immigrazione: molti hanno accusato i bambini di fingere, altri hanno detto che i genitori avvelenavano la loro prole per assicurarsi la residenza; nessuna di queste accuse è mai stata supportata da alcuna evidenza, anzi, i medici hanno constatato la gravità e l’involontarietà della patologia.

In un articolo pubblicato da Acta Paediatrica nel dicembre del 2005, Göran Bodegård, direttore della Psichiatria Infantile di Stoccolma, affermava che i pazienti, nonostante non manifestassero problematiche fisiche o neurologiche, apparivano:

“Totalmente passivi, immobili, fiacchi, schivi, taciturni, incapaci di mangiare e bere, incontinenti e privi di reazioni dinanzi a stimoli fisici o al dolore.”.

Nell’ultimo decennio, il numero di bambini affetti dalla Sindrome da Rassegnazione è diminuito, ma il Board of Health svedese ha recentemente dichiarato che ci sono stati 169 casi tra il 2015 e il 2016.

I bambini più colpiti dalla malattia sono richiedenti asilo in Svezia: la maggior parte di loro appartiene a minoranze etniche particolarmente vulnerabili (come i Rom, gli Yazidi e le persone in fuga dall’ex Unione Sovietica e dai Balcani), un piccolo numero sono migranti non accompagnati, pochissimi gli asiatici e nessun africano.





Lo stimolo scatenante della patologia coincide spesso con la comunicazione del diniego del permesso di restare sul suolo svedese e del conseguente rimpatrio.

I medici che curano i bambini apatici credono, infatti, che il trauma sia un fattore chiave nell’insorgenza della sindrome: molti dei bambini colpiti hanno assistito a violenze estreme contro membri della propria famiglia o hanno vissuto in ambienti insicuri nei loro paesi.

I bambini colpiti dalla Sindrome da Rassegnazione spesso vivono da anni in Svezia, che rappresenta la terra della speranza, parlano la lingua e si sono adattati bene alle loro nuove vite nordiche: l’obbligo di lasciare il luogo in cui si sentono finalmente al sicuro con la famiglia e di dover affrontare nuovamente il viaggio a ritroso verso il paese da cui erano fuggiti è troppo da reggere e da assimilare e si rifugiano nell’apatia.

Molti medici ritengono che la strada per il recupero di questi bambini dipenda dalla costruzione di un senso di sicurezza e di una risoluzione positiva delle richieste di asilo delle loro famiglie in Svezia.

Secondo Elisabeth Hultcrantz, medico otorinolaringoiatra che collabora come volontaria con Doctors of the World e che si occupa di minori affetti da questa malattia, la Sindrome da Rassegnazione sarebbe una forma di autodifesa e, raccontando del caso di Sophie, bambina apatica in cura, ha detto:

“Quando spiego ai genitori cosa è successo, dico loro che il mondo è stato così terribile che Sophie è entrata in se stessa e ha scollegato la parte cosciente del suo cervello. Penso che sia una forma di protezione, questo coma in cui si trovano.”.

https://www.youtube.com/watch?v=Hv1r0f7FI7s

L’anno scorso The New Yorker ha dedicato l’inchiesta “The trauma of facing deportation” alla Sindrome da Rassegnazione, indignando l’opinione pubblica: a seguito del reportage alcuni dei partiti politici più in vista del paese hanno chiesto un’amnistia per le vittime e sono state raccolte oltre 60.000 firme per bloccare la deportazione dei bambini apatici, grazie cui il parlamento svedese ha dovuto rivedere le richieste di asilo di 30.000 famiglie che stavano per essere deportate.





Secondo il dottor Karl Sallin, neurologo svedese a capo della ricerca sulla Sindrome da Rassegnazione e pediatra nell’Ospedale Pediatrico Astrid Lindgren di Stoccolma, la problematica è ancora più complessa poiché è legata al trauma e non solamente alla condizione di rifugiato:

“Sappiamo di molti casi in cui i pazienti hanno avuto un miglioramento senza che alla famiglia fosse stato concesso un permesso di soggiorno, e ci sono addirittura bambini che si sono ammalati pur beneficiando del permesso. Possono passare anche cinque mesi dalla risposta positiva alla richiesta di asilo prima che si apprezzino i primi segni di miglioramento.”.

Questo fenomeno, di probabile origine psicologica e legato, come il disturbo post traumatico da stress, a episodi traumatici e particolarmente stressanti, si manifesta come già detto solamente in Svezia: a questo proposito è stata una sorta di “psicogenesi culturale“, in cui, secondo Sallin, i bambini interiorizzano i modelli di comportamento presenti nel paese, con il conseguente pericolo di un effetto domino.

È evidente che l’unica possibilità di trattamento per questi bambini colpiti dalla Sindrome di Rassegnazione è garantire loro l’asilo in Svezia, cioè un luogo conosciuto, stabile e sicuro in cui vivere; pare però che il fatto di curarli incrementi il numero dei casi.

Il solo modo per evitare la comparsa dei sintomi di questa terribile malattia sarebbe di evitare i traumi di cui i bambini sono vittime, legate alle violenze subite nei paesi d’origine ma anche all’esclusione e alla pressione sociale a cui sono sottoposti giunti in Europa.

Chi subisce le conseguenze più drammatiche delle migrazioni e delle guerre sono sempre i bambini: trovare soluzioni più efficaci per gestire la crisi dei rifugiati è un obbligo morale verso l’infanzia in primis.

Fadua Al Fagoush

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