Una condizione psicologica studiata nel 1978 dalle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes, per cui chi ha successo crede di essere un imbroglione.
La sindrome dell’impostore consiste infatti nella difficoltà a interiorizzare i propri successi, dubitando costantemente delle proprie capacità nonostante i risultati raggiunti. Caratteristica fondamentale è il costante senso di inadeguatezza e terrore di essere smascherati, appunto per degli impostori.
Fermamente convinti di non avere meriti, nonostante le conferme esterne, sentono di aver ingannato tutti portandoli a sopravvalutarli o a concedergli falsa riconoscenza. Non si tratta di semplice umiltà, ma di svalutarsi condizionati dalla convinzione errata che i propri traguardi siano alla portata di chiunque.
A monte oltre ad una naturale tendenza al perfezionismo, vi è la tensione a corrispondere, anzi a superare le aspettative altrui. Oltre ad un forte senso del dovere è necessario anche essere abituati all’introspezione e al pensiero (auto)critico.
Dagli anni Settanta ad oggi i presunti impostori sono molto aumentati e non solo a causa dell’ambito lavorativo sempre più ipercompetitivo e instabile. A ciò va sommato che man mano che si accrescono le proprie conoscenze diviene sempre più difficile dare una definizione univoca e definitiva a tante cose. Senza tener conto della rapidità con cui lo stato delle conoscenze muta e che obbliga a un costante aggiornamento.
Ovviamente gli effetti sull’autostima e fiducia in se stessi possono essere devastanti, un po’ la stessa situazione per cui durante una discussione su un tema conosciuto, si sceglie di tacere perchè insicuri delle proprie competenze. Tra gli atteggiamenti tipici di chi soffre della sindrome dell’impostore c’è il ricorso all’umorismo e all’autocritica per sminuire i complimenti ricevuti. Attenzione però, non per troppa modestia ma perchè in sincera difficoltà nel riconoscere un proprio successo.
Uno studio conferma che questo problema sia egualmente diffuso tra uomini e donne e che i giovani siano più colpiti. Un terzo dei millennial intervistati soffre di inadeguatezza e circa il 52% di loro teme di essere scoperto incapace, mentre circa i 2/3 degli intervistati sente di essere stato bloccato in ambito lavorativo proprio da bassa autostima e poca fiducia in sé.
Effetto Dunning-Kruger vs sindrome dell’impostore
All’estremo opposto troviamo, chi troppo sicuro di sé non ha mai sperimentato la sindrome dell’impostore e difficilmente mette in dubbio le proprie conoscenze. L’altra faccia della medaglia è infatti l’effetto Dunning-Kruger, un bias – trappola cognitiva- per il quale, inconsciamente sono proprio gli incompetenti a sopravvalutarsi. Un po’ lo stesso meccanismo per cui, causa Covid-19, molti si sono scoperti virologi.
Un incompetente puro, non essendosi mai misurato con nessuna sfida in merito e nemmeno con le capacità altrui, non si renderà mai conto dei propri limiti e continuerà a sovrastimare le proprie prestazioni.
Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio .
William Shakespeare
Abbiamo così da una parte inesperti che gridano a gran voce le proprie convinzioni spacciandole per dati di fatto e dall’altra esperti che tendono a sminuire il valore delle proprie parole.
Seppure diametralmente opposte una soluzione comune potrebbe essere l’adozione di uno sguardo più oggettivo nei confronti dei propri meriti e fallimenti. Da una parte è giusto imparare ad accettare i complimenti e soprattutto rendersi conto che gli altri siano altrettanto imperfetti. E se sentite che nessuna delle due opzioni faccia al caso vostro, beh sappiate che ogni giorno c’è sempre qualcosa da imparare, specialmente su voi stessi.
Valeria Zoppo