Di Marilù Manzini
Ho avuto la fortuna nella mia vita di conoscere Silvio Muccino qualche anno fa durante la varie presentazioni e interviste del suo ultimo film “Le leggi del desiderio”. Ci siamo incontrati alle dieci di sera in un albergo con altre persone. Era buio fuori, freddo, eppure quando è entrato nella stanza c’è stata subito una gran luce che abbagliava gli occhi: era Lui. Perché ci sono anime piene di notte, piene di buio, e anime piene di luce. Silvio è un raggio di sole che scalda la pelle.
Anche se nel grande circo della vita non ci rincontreremo mai non ha importanza perché Silvio è uno di quei ricordi belli che ti porti in tasca. Silvio è un giovane uomo che prende fiato prima di parlare, soppesa quello che sta per dire, è delicato nei gesti ma anche puro istinto. Quella stessa delicatezza che lo ha fatto fermare un giorno per strada vedendo un cane abbondato e lo ha preso con se, lo ha portato a casa, forse un po’ titubante sul da farsi, all’inizio, ma poi quello è diventato il suo cane, il compagno della sua vita. Uno che te lo immagini parlare col cane perché sa che è un ‘anima nobile e non un animale. Una storia quella del salvare un cane per strada che vorrei sentirmi raccontare tutti i giorni e che non mi stancherebbe mai. Una di quelle cose che il denaro non ti regala: la verità di un momento grande come la vita. Una delle poche cose che sappiamo di lui, perché la sua vita Silvio se la tiene stretta stretta, chiusa in una tasca interna del cappotto sul lato del cuore senza mostrarla a nessuno.
Perché lui ha la bellezza della riservatezza. Non è come certe persone che ti sbattono in faccia continuamente la loro vita privata e i loro mille problemi, che addirittura ne hanno fatto un lavoro, una debole arte. Lui i suoi problemi li affronta sempre da solo e in silenzio. Non ha un manager o qualcuno di fianco che gli suggerisce la vita. E’ libero come il vento che soffia sul mare di Ostia in una di quelle spiagge desolate che non conosce nessuno. Silvio è Roma, la Roma della Dolce Vita di Federico Fellini. Uno che vorresti fosse il tuo migliore amico, con cui hai la sensazione potresti parlare di qualsiasi cosa e lui non ti giudicherebbe mai, perché è un non giudicante, e tra le cui parole troveresti sempre un buon consiglio. Magari citerebbe una canzone di Leonard Cohen o un suo poema e ti strapperebbe un sorriso e tu avresti la certezza di esserti arricchito di nuova saggezza. Tu che hai paura di uscire a cena con chiunque con uno come Silvio faresti il giro del mondo in 80 giorni senza aver la benché minima paura. Perché di Silvio ti puoi fidare. Silvio se fosse una canzone sarebbe un misto tra jazz e rock. E se fosse una canzone italiana sarebbe una canzone di Luciano Ligabue. Quello stesso Ligabue per cui ha girato uno dei suoi video più belli sfidando il cielo, buttandosi col paracadute, affrontando tutte le sue paure. Ma sarebbe anche una canzone di un romano, di uno come Venditti, perché in questo mondo di ladri in questo mondo di eroi forse non è molto importante ma puoi fidarti di lui.
Uno che fa sempre la cosa giusta alla fine, forse può sbagliare, come aveva fatto quando scelse la famiglia invece che la cognata, nel drammatico caso di suo fratello Gabriele che aveva alzato le mani sulla moglie, ma poi ha avuto il coraggio di chiedere scusa, di ammettere l’errore, di dire ho sbagliato, perché chiedere scusa non è una sconfitta ma la vera vittoria. Uno che sistema il karma con le sue mani come sistema i mobili di casa. Uno che sa riconoscere un’ essenza tra mille in un negozio di profumi per via del nonno che aveva un negozio di fragranze. Uno che se sa che adori la cioccolata te ne fa arrivare un camion intero sotto casa perché conosce la sottile arte del corteggiamento di altri tempi, come nel suo primo ispirato film “Parlami d’amore”. Uno che in un mondo fatto di like dove si stabilisce quanto uno sia figo e valga nel suo mestiere, ne ha appena 30mila sulla sua pagina di facebook ed è perfetto proprio per questo. Perché il mestiere della vita non si conta in like ma in gesti. Uno che di una donna ama le imperfezioni, i difetti e non certo la bellezza ostentata. Silvio è un film d’altri tempi che vorresti vedere e rivedere, uno di quei film degli anni ’50 vestito in abito scuro elegante. Ma è anche quello che si mette i jeans strappati e il giubbotto per portare fuori il cane a passeggiare in un parco anche durante un temporale. Non sono i suoi capelli lunghi o gli occhi azzurri come il cielo a renderlo bellissimo, il codice della sua bellezza è sotto il petto, dentro al cuore che si riflette nel suo sguardo limpido e nel sorriso che sa di buono. Magistralmente affascinante il codice della bontà.
Un uomo testardo nell’inseguire i propri sogni come un ariete che tira giù tutte le porte, proprio come il suo segno zodiacale. Ha tirato giù la porta della regia, ma bussando prima, con alcuni videoclip dagli Stadio ai Negramaro passando per Grignani e anche Ligabue, facendosi le ossa ed emancipandosi dalla pesante ombra del fratello Gabriele che lo aveva lanciato giovanissimo nel film “Come te nessuno mai”. Un sognatore puro che conosce il peso di ogni singolo sogno affidandosi solo al suo istinto e alle sue mani con cui soppesa i sogni. Ricordo a memoria ogni battuta del film scritto con Carlo Verdone “Il mio migliore nemico” e ogni volta mi fa ridere, io che rido difficilmente davanti a un film, un ruolo centrato alla perfezione per lui, magistralmente recitato. Un uomo che ha affrontato mille tempeste e altrettanti flop al botteghino ma che continua a cadere e rialzarsi come un vero guerriero, perché a uno così non puoi tagliare le ali e se lo facessi lui avrebbe la fantasia di volare anche senza, perché sa reinventarsi. Nel ambizioso “The Place” di Genovese Silvio torna sulla bicicletta e non è mai stato più bravo a pedalare, a reinventarsi come attore per qualcun altro in un film che non sia suo, e interpreta la parte di un giovane sbandato che vorrebbe non vedere più il padre che gli ha rovinato l’infanzia. Nel mondo del cinema se parli di lui magari qualcuno dice “E’ un matto” e proprio per questo hai la certezza che sia più normale degli altri normali e vorresti tanto affidargli la parte del protagonista nel tuo film. Uno che non sopporta il Natale e preferisce chiudersi in casa da solo e mettere la segreteria al telefono, questo è il mio regalo di Natale per te Silvio.
Bellissimo il ritratto che hai scritto!!! Conobbi Silvio anni fa, proprio quando uscì il film “Parlami d’amore” e lo trovai di una purezza intellettuale sconcertante! Ed ora continua ad essere un uomo sensibile, lontano anni luce da tutto quello che è suo fratello Gabriele, ed è un bene…Per me Silvio ha capito la vera arte del cinema e la vive nella sua vita con autentica poesia, così diverso dagli altri e proprio per questo così speciale!