– di Fabrizio Bocca –
Giornalista a Repubblica dal 1983 al 2022. Sempre allo Sport, 12 anni da caporedattore. Oggi autore per il Bar Sport del calcio
Silvio Berlusconi e il calcio, veicolo della più grande suggestione collettiva del dopoguerra. Pensare che tutto si potesse ricondurre allo stesso colpo di genio di prendere Sacchi o Van Basten e automaticamente vincere la partita.
Al di là del giudizio politico si è capito fin da subito che l’equazione far gol = governare bene è stata una sciagurata suggestione, l’arma nucleare della propaganda.
Tutta colpa del calcio…
Per uno che vince la Coppa Campioni, anzi ne vince addirittura cinque, tanto da autocelebrarsi a lungo come presidente più vincente della storia del calcio, sarà uno scherzo non solo guidare l’Italia, ma addirittura trasformarla, farla progredire in un paese nuovo, prosperoso, giusto, lanciato verso il futuro. Questo è il punto, il nocciolo del grande black hole berlusconiano, l’hard disk del più facile e illusorio dei populismi.
Parlo di quel momento in cui dal calcio si passa alla politica. Non a caso storicamente da lui e da tutti definito: la discesa in campo. Con evidente riferimento all’attività più popolare e più in vetrina di Silvio Berlusconi. Anche oltre la Tv, perché nel calcio c’è la sfida, la misurazione, ci sono le vittorie. E si possono anche concretamente contare. Mentre intanto pure Forza Italia e l’azzurro sono praticamente uno scippo dei simboli della Nazionale.
Tutto il resto in fin dei conti è contorno: il calcio è il genitore di tutto quanto, precede Mani Pulite, il bunga bunga e l’infinita sociologia del fenomeno, la sconvolgente e a volte pure comica cronaca dell’epopea berlusconiana.
Prendo solo questo micro dettaglio nell’oceano di immagini e parole per dire che lo sport e il calcio sono stati, il veicolo della più grande suggestione collettiva del dopoguerra. Pensare che il calcio potesse essere la cartina al tornasole, la vetrina del buon governo e della buona politica. Che fosse il calcio dunque a scegliere, tutto sommato, un partito e un uomo di governo. Pensare che tutto si potesse ricondurre allo stesso colpo di genio di prendere Sacchi o Van Basten e automaticamente vincere la partita.
Al di là del giudizio politico si è capito fin da subito che l’equazione far gol = governare bene è stata una sciagurata suggestione, l’arma nucleare della propaganda.
Sembra assurdo, eppure è andata così.