L’Ars boccia la legge, già in vigore a livello nazionale dal 1981, che impedisce di ricandidarsi alle elezioni a chi non ha saldato le spese per condanne definitive della Corte dei Conti. Non è una novità per Palazzo dei Normanni che quando deve fare sue leggi nazionali, inerenti i costi della politica e della trasparenza, si dimostra incapace nel raggiungere l’obiettivo.
Ciò ha suscitato la reazione di chi invece supportava l’approvazione della norma, come Pino Apprendi che poco dopo la bocciatura ha urlato che si trattava di “uno scandalo”.
Altra pietra dello scontro e che fomenta il dibattito anche a livello nazionale è la norma sui controlli delle spese elettorali che dall’Ars non è mai stata approvata, tanto che per le elezioni sia la Corte d’Appello che la Corte dei Conti sono prive di qualsiasi potere per verificare regolarità delle spese affrontate in ambito elettorale.
Grazie alle pressioni messe in atto dal deputato Dem, Apprendi, all’interno dell’Ars era stato possibile approvare a malapena una legge che recepiva parzialmente la regolamentazione nazionale riguardo la trasparenza elettorale, anche se inerente solo i controlli della Corte dei conti. Una norma che rientra nel ddl delle Province e che ha riscontrato il voto positivo di una maggioranza trasversale tranne che per l’articolo proprio riguardante la trasparenza.
Tra gli artefici della bocciatura dell’articolo vi è anche il Pd ma le stranezze non sono finite qui, come precisa Apprendi: “Ho presentato anche un emendamento per recepire la norma del 1981 che prevede l’incandidabilità di chi ha condanne definitive della Corte dei conti e non ha ancora pagato ma il vicepresidente dell’Ars Giuseppe Lupo mi ha detto che la materia era elettorale e non attinente ai testi trattati”.
Di fatto quindi tutti potranno ricandidarsi e nessun organo potrà tenere sotto controllo le eventuali pendenze con la Corte dei Conti. Il motivo alla base di questo immobilismo? Ovviamente i numerosi deputati che hanno aspirazioni elettorali e che sono alle prese anche con condanne definitive della Corte dei conti. Quel tipico opportunismo che ostacola i tentativi di rinnovare la compagine politica e che impedisce all’isola siciliana di compiere concreti passi in avanti.
Dorotea Di Grazia