“Ciao a tutti, sono Sian, ho 24 anni e faccio questo reel perché ho davvero bisogno del vostro aiuto, anche una semplice condivisione potrebbe fare tanto.”
Prima però vorrei fare un passo indietro. Sin dal principio possiamo infatti notare una differenza abissale tra il comportamento della burocrazia italiana e quella inglese dalle parole di Sian:
“Per chi non lo sapesse per poter fare l’intervento, avviare la terapia ormonale, cambiare i documenti bisogna precedentemente chiedere il permesso al giudice, una volta che il giudice ti da il permesso tu puoi fare tutto ciò. Io, avendo la cittadinanza britannica, non ho dovuto chiedere il permesso al giudice per poter fare il cambio e quindi l’ho fatta in Inghilterra dove questo permesso non serviva e bastavano le cartelle cliniche di tutto il percorso fatto nei precedenti anni.”
In Inghilterra quindi oltre ai tempi d’attesa molto più brevi, non si ha bisogno di affrontare l’ennesimo, grande scalino per poter fare questa operazione, ovvero il permesso del giudice, ma bastano “semplicemente” le cartelle cliniche degli anni passati. “Semplicemente” perché di semplice, nell’affrontare la disforia di genere, non credo ci sia molto e lo stato italiano, al posto di venire incontro a chi sta lottando, sembra sempre aggiungere degli ostacoli in più.
Ritornando ai documenti però, Sian contatta il suo legale per poter cambiare quelli italiani subito dopo aver cambiato quelli inglesi. Passano due anni. Finalmente le viene assegnata una data per l’udienza: 19 Gennaio 2022.
Sarebbe tutto “perfetto” se qualche ora fa Sian non avesse ricevuto una chiamata dal suo avvocato che la informava di come il giudice abbia deciso di inviare questa sentenza ad un altro tribunale, mettendola nella condizione di dover pagare altri 550 euro per poter anche solo ottenere una nuova data. Il problema però, come spiega la ragazza, non sono solo i 550 euro che si sommano ai precedenti 330, ma soprattutto l’annientamento di tutto il lavoro fatto nei due anni che hanno seguito l’intervento, dato che adesso il suo avvocato dovrà ripresentare le carte, i fascicoli e tutto il resto.
“Diciamo che ho aspettato 2 anni per un’udienza, non ho intenzione di aspettare altri due anni e girare ancora con due documenti completamente diversi dopo aver fatto un intervento completo di cambio sesso. Trovo tutto ciò davvero assurdo perché ho un documento italiano che si riferisce a me in un modo e con un nome e un documento britannico della stessa validità, lo stesso tipo di documento, che si rivolge a me con un altro nome, un altro genere, cioè stiamo parlando qui di due persone completamente separate. Due persone che non si conoscono e questa è la situazione in cui mi trovo, ora io non so più davvero a chi rivolgermi perché Dio solo sa quando mi daranno un’altra data per l’udienza, potrebbero passare altri anni, potrebbero mettermi altri bastoni tra le ruote ed è davvero ingiusto ed è allucinante che io debba girare con due documenti e due identità completamente diverse. Quindi io per favore davvero vi chiedo aiuto, cercate di condividere questa storia quanto più possibile e fatemi uscire da questo calvario.”
Due persone completamente diverse, due identità separate, è questo che la burocrazia italiana sta lasciando a Sian Price che voleva solo ottenere ciò che le spetta di diritto.
La cosa che mi ha sconvolto di più, oltre a questa tremenda e costante attesa a cui è stata sottoposta Sian, è la differenza con cui l’Inghilterra e l’Italia si rapportano a questo processo: in Italia serve un giudice che ti permetta di sottoporti ad un intervento di cambio del sesso. Dopo tutte le difficoltà, i disagi, le terapie ormonali, il difficile percorso psicologico, un giudice, una persona esterna che probabilmente non ha idea di cosa significhi vivere una disforia di genere, ha il compito di decidere se una persona possa effettuare un cambio di sesso o no.
La parte peggiore poi, è che non sai quando -o se, mi viene da dire a questo punto- questa decisione avverrà.
Io con Sian ho parlato e oltre alla gentilezza che può facilmente essere percepita dal suo video, sono rimasta colpita quando mi ha detto che lei sa di non poter cambiare il mondo con un solo video ma vorrebbe semplicemente che la gente sapesse cosa devono affrontare le persone trans e di come vengono “sballottate a destra e sinistra”.
Io, come Sian, lo so che un articolo non può cambiare il mondo, ma come le ho detto, penso che già insieme al suo video, siano un bel gradino di partenza.