Di Andrea Umbrello
Non ha perso tempo e non lo farò neanche io nel giudicarlo intollerabile e imbarazzante. Da Tripoli, durante la sua prima visita ufficiale all’estero, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha ringraziato il governo libico per “i salvataggi” dei migranti in mare, aggiungendo che la problematica dei flussi migratori non rappresenta “solo un problema geopolitico ma anche umanitario”.
Ha dedicato, e viene spontaneo aggiungere per fortuna, poche parole a proposito del grande tema della rotta del Mediterraneo centrale.
Ciò che rimane, dopo queste sue poche parole, fa male a chi è particolarmente attento nei confronti di una piaga così triste e importante da delimitare il confine tra la vita e la morte di migliaia di persone.
In realtà, già prima dell’incontro di oggi con il primo ministro libico Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh avevamo toccato il fondo. Lo avevamo fatto perché come scrive Giulio Cavalli sulle pagine di questo giornale, cambiano i governi, esplodono le crisi, ma da quattro anni proseguono imperterriti gli accordi tra Italia e Libia. È una dissonante armonia che fluttua lieve su un mare di fondi pubblici assortito da 785 milioni di euro passati dalle casse italiane a quelle libiche, con lo scopo di gestire e bloccare i flussi migratori.
Oggi siamo andati oltre. È la giornata ufficiale delle prime volte, perché oltre a quella della visita all’estero nelle vesti di presidente del Consiglio, per la prima volta in vita sua, Mario Draghi ha preso un badile in mano e ha iniziato a scavare il fondo. Lo ha fatto fino ad arrivare alle viscere dell’umanità, insudiciando la dignità, la sofferenza e la disperazione di migliaia di uomini, donne e bambini che quotidianamente si nutrono col frutto avvelenato che nasce da quel “grazie”.
“Sul piano dell’immigrazione noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa nei salvataggi “, continua Draghi.
Avrebbe potuto rendere ancora più profonda la sua asserzione e magari, aiutarci a capire. In cosa soddisfiamo e affoghiamo la nostra ipocrisia? Nelle torture che lacerano la pelle di uomini che scappano da ombre in cerca della propria carcassa vicino alla quale fermarsi un’ultima volta? In bambini troppo frettolosi per attendere una morte da uomini? Negli occhi gonfi di dolore e lacrime di donne che ricevono il male più feroce durante le continue violenze sessuali che sono costrette a subire?
Fino ad oggi l’Italia si “limitava” a munire la Guardia costiera libica di imbarcazioni e liquidità per allontanare i migranti dalle nostre coste, abbastanza lontano da non poter sentire le urla di chi disperatamente si aggrappa alla vita. Da oggi invece, il nostro presidente del Consiglio ha gettato ogni maschera, e ha urlato al mondo che con gioia e gratitudine partecipiamo alle sofferenze inenarrabili di migliaia di migranti imprigionati nei lager libici, senza sapere quando e se mai ritorneranno a sentirsi liberi.