Il 28 dicembre scorso la polizia morale iraniana ha arrestato una ragazza, rea di essersi tolta l’hijab in pubblico. La ragazza indossava un hijab bianco perché aveva aderito alla campagna My Stealthy Freedom, lanciata da Masih Alinejad (giornalista e attivista iraniana che vive in esilio tra Londra e New York).
La campagna My Stealthy Freedom è iniziata nel 2014 su Facebook, da allora molte donne hanno pubblicato foto e video sui social facendosi ritrarre senza velo. Il loro obiettivo è quello di garantire alle donne, il diritto di essere libere di scegliere il proprio abbigliamento. Azioni che rappresentano una ferma opposizione alle stringenti regole del governo iraniano.
Contrariamente a quanto il capo della polizia di Teheran aveva annunciato, la ragazza è stata ugualmente arrestata. Se però il loro obiettivo era quello di mettere a tacere le voci del dissenso, hanno ottenuto l’effetto contrario. Infatti la giovane donna, in pochi giorni, è diventata il simbolo della lotta alla libertà femminile.
L’immagine di lei che sventola il suo hijab bianco, come fosse una bandiera, è stata trasformata in una vignetta che subito è diventata virale sui social. A Piazza Enghelab, proprio dove lei ha manifestato contro il velo obbligatorio, sono comparsi fiori e lettere. Numerosi giovani iraniani, in queste ore, le stanno mostrando la loro solidarietà.
Ma la protesta delle donne non si è fermata solo a Teheran. Su Instagram la giornalista Masih Alinejad ha pubblicato un video che ritrae un’altra giovane a capo scoperto nella cittadina di Bojnord, nel nord del paese.
A commento del video si legge:
“Arrestandoci aumenti ancora di più la nostra consapevolezza. Non lasciamola sola!”
Non solo My Stealthy Freedom
La campagna My Stealthy Freedom non è l’unica né l’ultima iniziativa promossa per affermare il diritto delle donne di scegliere il proprio abbigliamento. Nel luglio 2016, infatti, si è verificato un avvenimento di forte rilevanza culturale : in una società che ci si aspetterebbe essere maschilista e patriarcale, sono stati gli uomini a coprirsi con il velo così da mostrare tutta la loro solidarietà nei confronti di mogli, sorelle, madri, figlie e zie.
Volendo guardare al passato dell’Iran, l’hijab appare non solo come mero capo d’abbigliamento, ma diventa vera e propria chiave di lettura politica dei governi. Lo Scià di Persia Pahlavi, salito al potere nel 1926, bandì l’uso del velo. Il governo della dinastia Pahlavi è passato dunque alla storia per i suoi tentativi di occidentalizzare il Paese.
Un passo indietro fu fatto nel 1979, quando il potere passò nelle mani dell’ayatollah Khomeini che si affrettò a ripristinare l’obbligo del hijab accanto ad una serie di riforme atte a limitare le libertà personali delle donne.
E la condizione femminile non è di certo migliorata neanche con la presidenza di Khatami, che ha anzi visto l’emanazione di un ancor più rigoroso codice del costume
Tuttavia oggi non è impossibile vedere, soprattutto nella moderna Teheran, donne che indossano piccoli hijab che coprono solo parte del capo e dei capelli, e costumi quali jeans e make up considerati appartenenti alla cultura occidentale.
Lorena Bellano