Le tre sorelle erano conosciute dal governo come attiviste del gruppo clandestino “Movimento 14 giugno”, per questo motivo furono arrestate nel gennaio 1960 insieme ai loro mariti, vennero liberate alcuni mesi dopo ma i loro coniugi restarono reclusi.
Furono uccise il 25 novembre 1960 mentre si recavano in carcere a visitare i loro mariti, l’auto in cui viaggiavano, una volta intercettata fu fermata da alcuni agenti, le tre sorelle e l’autista furono costretti a scendere e condotti in un luogo appartato. Vennero uccisi a bastonate.
I loro corpi poi rimessi nel veicolo fatto precipitare in un burrone dai loro carnefici nel tentativo di far passare quella brutale violenza in un incidente.
Ieri al Parlamento italiano la ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti con l’abito e la mascherina di colore rosso, scelta simbolica nel giorno in cui si discute la mozione contro la violenza sulle donne, usa queste parole:
” Questo Parlamento è trasversalmente e profondamente impegnato nel promuovere azioni strategiche per ripudiare qualsiasi forma di violenza contro la violenza sulle donne”
Ma non è così, per discutere la mozione contro la violenza sulle donne,
la Bonetti si rivolge ad un Parlamento vuoto. Di 630 deputati, ne sono presenti otto.
Eppure sono 108 le donne uccise dall’inizio dell’anno.
È una strage di donne, colpevoli di vivere un ‘amore’ sbagliato con un individuo misogino, egoista, padre padrone che pensa che tutto ruota intorno a lui.
Donne. Uccise perché non hanno preparato la colazione, donne picchiate, violentate ogni giorno dall’uomo che le sta accanto, incapaci di capire che quello non è amore ma solo violenza, fin quando, la loro vita si spegnerà con un colpo di pistola o massacrate di botte.
Donne. Costrette a vedere uccisi i loro figli, perché il padre padrone, abbandonato, si vendica sulla progenie.
Io l’ho creato io lo distruggo.
Ricatti alle donne che hanno deciso di lasciare l’uomo che è il padre della propria creatura, sanno che per la madre il figlio è l’essere che amano più al mondo, a cui darebbero non una volta ma ogni istante della propria vita, ogni respiro, ogni attimo della propria esistenza.
Non ti uccido ma ammazzo il figlio.
Si non ti uccido solo una volta, ma ogni istante della tua vita, uccido il mio seme, affinché tu ogni giorno morirai lentamente, perché tu ogni giorno penserai a me, perché ogni istante della tua vita avrai negli occhi l’uccisione di tuo figlio avvenuta dalle mani del creatore.
Io sono il creatore, io sono il demiurgo,
io sono l’onnipotente che tu rifiuti, per questo deve essere punita nel modo più spietato, più terribile, più disumano, non avrai altro dio all’infuori di me, non avrai altro pensiero all’infuori di me.
Donne. Stuprate perché andate in discoteca, ragazze fatte ubriacare, drogate stuprate dal branco, si perché agli uomini piace il branco, violentare in branco, perché così si misura il machismo, perché così si misura la violenza, violentando per ore e ore una ragazza per, poi stanchi, buttarla fuori di casa per strada come una bambola di pezza.
Donne. Odiate, insultate da altre donne, donne contro donne, basta vedere gli insulti su Facebook a donne che hanno avuto la capacità di occupare posti prestigiosi, spesso insulti così offensivi, da sconvolgere il destino della donna che li riceve.
Basta. Leggere i commenti su giornaliste, donne di spettacolo, politiche di destra e di sinistra, ti fa capire come la violenza, oggi, colpisce tutte e tutti, è come un virus che ti penetra dentro, ti si avvinghia, ed è una malattia che non ti lascia più.
Le parole. Scritte, augurare la morte ad una persona, perché non sei d’accordo con il suo pensiero, ti fa capire quanta cattiveria, s’impossessa di te, non uccide con un’arma ma con le parole che trafiggono allo stesso modo di un proiettile.
La violenza è diventata il nostro pane quotidiano, ci si sazia solo se si è capaci di far male.
Santina Sconza