Oggi, 3 maggio, è la Giornata mondiale della libertà di stampa: un’occasione per sensibilizzare governi e opinione pubblica contro violenze e censure nel mondo del giornalismo.
Fu proclamata il 3 maggio del 1993 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite su raccomandazione dell’UNESCO. Celebra l’anniversario della Dichiarazione di Windhoek, un documento in difesa della libertà di stampa promulgato dai giornalisti africani a Windhoek (Namibia) nel 1991.
La Giornata mira a sensibilizzare governi e opinione pubblica su pluralismo e libertà di stampa, elementi fondamentali per la difesa della democrazia e dei diritti umani. Libertà sancita dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e dall’articolo 21 della nostra Costituzione.
Oltre a promuovere iniziative e commemorare i giornalisti che hanno perso la vita nell’esercizio della professione, è anche un’opportunità per valutare la situazione nel mondo. L’organizzazione non governativa Reporters Sans Frontières ogni anno pubblica una classifica della libertà di stampa nei diversi paesi riferita all’anno precedente. Per il 2018 dichiara:
“Il numero dei paesi considerati sicuri, dove un giornalista può lavorare senza temere per la propria vita diminuisce ancora, mentre i regimi autoritari continuano ad aumentare il controllo sui media“.
Dalla mappa si evince che la maggior parte degli stati è colorata di arancione o rosso, due colori che segnalano un livello alto di allerta. Il nero rappresenta la condizione peggiore per la libertà di stampa e ricopre tutto il territorio cinese, qualche stato nord africano, l’Iran e l’Arabia Saudita. Situazione buona solo nei paesi nordici, in Costa Rica, Giamaica, Nuova Zelanda, Islanda e Portogallo: in questi luoghi la categoria non è considerata in pericolo.
In Europa, cinque gli stati segnalati: Serbia, Montenegro, Ungheria, Malta e Slovacchia. Quest’ultima scende in classifica, soprattutto a causa dell’omicidio del giornalista Jac Kuciak che indagava sul non corretto utilizzo dei finanziamenti Ue.
L’Italia, in giallo, guadagna 3 posizioni rispetto l’anno scorso ma resta ferma alla 43esima posizione per minacce e giornalisti sotto scorta. Cita le vicende di Roberto Saviano e Paolo Borrometi.
In occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, la Federazione nazionale della Stampa italiana, le Associazioni di stampa e gli Ordini regionali dei giornalisti, l’Usigrai, l’associazione Articolo21, la Rete NoBavaglio e Amnesty International Italia, promuovono 48 ore di mobilitazione per rilanciare le “Voci dal mondo contro i bavagli”. Denunciano il pericolo dell’avanzamento dell’estrema destra e la rinascita di mafie vecchie e nuove che continuano a intimidire i cronisti costretti a vivere sotto scorta per praticare la loro professione.
La mobilitazione italiana è partita ieri da Trento, la città di Antonio Megalizzi il giovane aspirante giornalista ucciso lo scorso dicembre durante un attentato terroristico a Strasburgo. Continua in molte città italiane, mentre a Roma, si attiva un presidio di giornalisti italiani presso la Rappresentanza italiana della Commissione Ue e dell’Ufficio d’informazione del Parlamento Europeo.
A livello mondiale, la 26esima giornata mondiale per la libertà di stampa si svolge ad Addis Abeba, in Etiopia, dall’1 al 3 maggio. Il premio Unesco per la difesa della libertà di stampa viene dato al governo etiopico. Il primo ministro Abiy Ahmed, salito al potere un anno fa, ha scarcerato tutti i dissidenti politici, i giornalisti e gli attivisti arrestati nel corso delle proteste contro il governo precedente. Che possa fungere da esempio, visto che ben 22 su 48 Paesi inseriti in fondo nella classifica RSF si trovano nell’Africa subsahariana.
Marta Fresolone