Shukatsu: alla lettera vuol dire “prepararsi adeguatamente alla morte”.
Viene definito in questo modo il rigido sistema per cercare lavoro in Giappone dopo l’Università. Sistema che vige fin dagli anni 50 e che, proprio per questo, si basa su stereotipi di genere e discriminazioni.
I requisiti
Uno dei tanti requisiti che i candidati devono soddisfare è quello relativo all’abbigliamento. Per l’occasione vengono usati i cosiddetti “abiti da recluta”. In particolare, si tratta di una divisa che offre solo due varianti: una maschile (composta di camicia bianca e cravatta scura) e una femminile (con abito da donna e camicetta bianca). Rapportando questo rigido schema binario al presente, è chiaro che i requisiti appaiono obsoleti e totalmente inappropriati, in una società che grida alla giustizia e alle pari opportunità. “Forniscono solo istruzioni di etichetta e abbigliamento basate su un binario di genere, per uomini e donne”, afferma un* student* alle prese con la ricerca lo Shukatsu.
Alle donne, inoltre, in molte aziende giapponesi è stato chiesto di togliere gli occhiali. Ciò viene giustificato con l’impressione fredda che le dipendenti di sesso femminile danno quando indossano gli occhiali. Un’altra ragione potrebbe essere che viene nascosto il trucco, riconducendo tutto ad una questione fisica. I tacchi, poi, sono requisito fondamentale delle donne nel mondo del lavoro.
La risposta del Giappone
Il Giappone, però, si sta avvicinando alle esigenze dei lavoratori, seppur a piccoli passi. Pare che già oltre 600 scuole in tutto il Giappone abbiano allentato le loro regole sulle uniformi scolastiche. La Japan Airlines ha smesso di chiamare i passeggeri “Signore e Signori”, sostituendolo con “Tutti i passeggeri”.
Nel 2019, l’attrice Yumi Ishikawa ha avviato un movimento sui social chiamato “#KuToo” . La parola si basa sul movimento femminista #MeToo e la parola giapponese Kutsu. É nato per ribellarsi alla rigida norma dei tacchi sul luogo del lavoro.
“Spero che questa campagna cambierà la norma sociale in modo che non sia considerata cattiva educazione quando le donne indossano scarpe basse come gli uomini”, afferma.
A cura di Yumi Mizuno è partito anche un altro movimento sui social con l’hashtag: #ShukatsuSexism. La campagna è rivolta alle aziende e incoraggia ad accogliere una gamma più diversificata di persone con i loro prodotti. L’obiettivo di Mizuno è spingere i reclutatori a dare il loro meglio.
Mariachiara Giorgia Grosso