Uscito per Fandango, Sherocco (2023) scioglie l’apparente paradosso di un’unità nella differenza. E cioè il legame tra le persone che fanno parte della comunità LGBTQI+ oggi. Una comunità così articolata che a un primo sguardo si potrebbe stentare a vedere cosa la tiene insieme, nella vita quotidiana e nella lotta. Sherocco è una passeggiata e un passo di danza sul terreno di questa domanda.
In principio, Sherocco è stato un festival: un luogo e un contesto dedicato alle culture LGBTQIA+. Un’occasione per ritrovarsi e ragionare insieme, in spirito di bellezza e critica, sulle rivoluzioni della soggettività e del desiderio. I partecipanti, diversi per formazione, esperienza e prospettive, sono stati numerosissimi e autorevoli. Sul versante della teoria, si ricordano tra gli altri i nomi di Maya De Leo, Francesca Recchia Luciani, Porpora Marcasciano, Cirus Rinaldi, Vera Gheno. Su quello della prassi, spiccano ad esempio Vladimir Luxuria, Eleonora Magnifico, H.E.R.
Transfemminista queer e antirazzista, la sfida che affrontava era quella di essere casa per una comunità proteiforme. E cioè di includere, al netto delle differenze teoriche, politiche e ideologiche la sorprendente varietà delle esperienze di vita e di soggettivazione possibili. Una sfida superata appieno, grazie a un dibattito onesto, coraggioso e fecondo tra i partecipanti, i cui interventi sono racchiusi in questo libro. Che, portando con sé lo spirito del festival, si propone come uno strumento eccezionale per riflettere sui saperi, le pratiche e i poteri in gioco quando si parla di sessualità e identità.
La teoria dentro Sherocco: un divenire multiforme, incessante, eternamente rivoluzionario
Tra i molti interventi di cui Sherocco si compone, è forse quello di Lorenzo Bernini a fotografare in maniera più chiara l’esigenza cui il festival e il libro rispondono. Infatti, scrive Bernini,
La storia ci insegna che la rivoluzione non è mai davvero compiuta. La rivoluzione è ancora qui, o non è rivoluzione. Di attivismo femminista, transfemminista, LGBTQI+, antirazzista, intersezionale c’è ancora un gran bisogno. E a sua volta questo attivismo ha un gran bisogno di luoghi e momenti in cui coltivare la memoria, in cui diffondere sapere, in cui produrre un pensiero nuovo. Per difendere le nostre conquiste, per allargarle, per estenderle ai paesi in cui ancora non sono presenti. Per costruire, a partire dalle nostre differenze, un mondo differente, un mondo queer. Accogliente per tutti i sessi e tutti i generi che ancora possiamo immaginare.
Umani, con la propria sessualità, la propria identità, la propria immaginazione e il proprio desiderio si diventa. E lo si diventa secondo forme e strategie culturalmente e storicamente specifiche. Non c’è nulla, nell’umano, che sia naturale o predeterminato. Per questo le retoriche che mettono al centro una presunta “naturalità” dovrebbero quantomeno essere guardate con sospetto.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questi problemi non riguardano unicamente la comunità LGBTQI+, ma tutti quanti. Perché le strategie e le formulazioni violente e intolleranti minano il diritto di ciascun* a essere sé stess*, imponendo costrizioni che sono ideologicamente connotate. Ecco dunque che leggere questo volume e interrogarsi su concetti come “genere”, “sesso”, “identità” e “comunità” diventa qualcosa di più di un’apertura dei propri orizzonti. Diventa, cioè, un esercizio di manutenzione delle libertà individuali e collettive.
Di corpi, desideri e libertà incarnate
La rivoluzione, però, non basta pensarla. Perché esista, ribadiscono le voci che partecipano a Sherocco, c’è anche da incarnarla, da viverla. Da portarla fuori, nel mondo, attraverso i propri corpi e il proprio desiderio che, già solo con il fatto di esprimersi, possono fare la differenza.
Ecco allora che diventano cruciali le riflessioni e le prese di posizione di personaggi pubblici come Vladimir Luxuria e di artiste come Eleonora Magnifico. Ma anche di chi, come Silvia Calderoni e Daniela Nicolò, portano sulla scena tutta la capacità eversiva delle differenze. Raccontando le proprie esperienze, queste figure decostruiscono narrazioni eccessivamente semplicistiche – e perciò violente – dell’identità e della sessualità nell’orizzonte contemporaneo. Permettendo di comprendere, insieme alle voci molteplici di Sherocco, come oggi più che mai si rendano necessarie narrazioni alternative a quella maggioritaria cis ed eteronormativa.