Shaul Ladany: sopravvissuto alla Shoah e scampato all’eccidio di Monaco nel 1972. La corsa del professore israeliano che ha partecipato a ben due Olimpiadi è la storia di una testimonianza senza tempo.
Ogni anno, Shaul Ladany compie, in cammino o in marcia, una distanza in km pari alla sua età. Nato il 2 aprile del 1936, all’alba della Seconda Guerra Mondiale, è pronto a spegnere le 85 candeline e salire ancora sul podio. Per lui, ogni passo, ogni metro, ogni km, è uno step che fa riaffiorare la sua memoria: i ricordi di una persona ultraottantenne scampata per miracolo sia a un bombardamento a tappeto, sia a un attacco terroristico tra i più violenti e considerevoli del dopoguerra e a un lunghissimo periodo di prigionia in un campo di concentramento nazista. Il racconto della sua vita è una delle più incredibili storie che si possano ancora ascoltare ai nostri giorni.
La difficile infanzia di Shaul Ladany
La sua prima corsa inizia nel 1941, quando ha soltanto 5 anni. Shaul Ladany è costretto ad affrontare, con la nonna di 65 anni, una fuga di 25 km a piedi, questa la misura della sua prima marcia. I piedi congelati che affondano nella neve, i passi veloci che attraversano le macerie, gli occhi spaventati che cercano disperatamente un rifugio, mentre dal cielo sopra Belgrado piovono le bombe della Luftwaffe. La sua casa natale, costruita dal papà, si sgretola miseramente sotto le bombe. Shaul è figlio di genitori di origine ebrea. Il papà si chiama Dionys, ed è un commerciante in servizio attivo nell’esercito jugoslavo, la mamma Sofia Kassovitz è in casa quando una bomba centra in pieno l’edificio dove vivono. La Germania ha appena attaccato la Jugoslavia e la famiglia Ladany inizia a correre tra le macerie e la morte, sparse ovunque per strada.
Trovano un rifugio, il freddo, la fame, la paura li attanagliano. Nascosti resistono quindici giorni, fin quando il tenente Ladany non li raggiunge. Ha trovato un carretto e due muli, caricano i nonni, ricominciano la marcia. Scappano verso l’Ungheria, lì ci sono altri familiari pronti ad accoglierli. Lì abitano ottocentomila ebrei, al momento salvi perché l’Ungheria era alleata di Hitler.
Il treno dell’inganno e il campo di concentramento
Shaul viene liberato dagli Alleati nel dicembre 1944, e si trasferisce in Svizzera con quello che rimane della sua famiglia. Lì riprende la scuola e sviluppa una sana passione per la camminata e la marcia.
Il ritorno in Germania: le Olimpiadi di Monaco 1972
Dotato di una grande resistenza alla fatica, Ladany si allena su distanze molto lunghe, anche superiori a quei 50 km che rappresentano il massimo a livello competitivo e agonistico. Nel 1972, decide di prender parte alla spedizione olimpica israeliana alle Olimpiadi di Monaco, riaffacciandosi su luoghi sinistramente familiari. La sola persona ad avere un passato in un campo di concentramento, dettaglio che non passa inosservato alla stampa tedesca dell’epoca. Il 5 settembre 1972, alle 4 del mattino, otto fedayn membri di “Settembre Nero”, un’organizzazione terroristica palestinese, fanno irruzione nel villaggio olimpico travestiti da atleti, ognuno indossava una tuta sportiva col nome di una nazione araba e una borsa decorata con i cerchi olimpici. I terroristi entrano nella palazzina degli atleti israeliani: ne uccidono subito due e ne sequestrano altri nove che vengono uccisi nelle ore successive.
Anche stavolta Shaul Ladany riesce a salvarsi
Ladany viene svegliato bruscamente nel cuore della notte e riesce miracolosamente a lasciare la palazzina qualche istante prima che venga consumato il massacro. E lui ce l’ha fatta, i terroristi scavalcano la sua stanza, saltano la sua porta per andare prima dai suoi connazionali che facevano parte della squadra di tiro e di scherma, dandogli così l’opportunità di scappare dalla finestra. Dei 14 atleti Israeliani presenti a Monaco se ne salvarono soltanto 3.
A Monaco ’72, gareggia nella marcia sulla distanza dei 50 km. Si classifica in 19esima posizione con un tempo di 4 ore, 24 minuti e 38 secondi. Lontano dal podio, vero, ma con una gioia, una soddisfazione immensa e un’emozione di trionfo e tripudio personale nel cuore.
L’oro mondiale
Poche settimane dopo essere tornato a casa, in Israele, Ladany viene contatto da Galitzky, un ebreo ortodosso che vive in Svizzera, che gli chiede di rappresentare la sua nazione partecipando ai campionati del mondo. La federazione israeliana è tutt’altro che entusiasta della richiesta e sconsiglia vivamente a Ladany di prendere parte alla manifestazione facendo un’opera di ostruzionismo. Non lo hanno fermato i nazisti, non lo hanno fermato i terroristi e non lo ha fermato neanche la federazione sportiva israeliana. Non lo ha fermato nessuno. Ladany parte, finanziato da Galitzky che gli paga anche una guardia del corpo personale, gareggia e vince il suo primo oro mondiale nella marcia da 100 chilometri.
Ladany continua a correre inesorabilmente
Oggi Ladany nonostante il suo bypass e gli acciacchi dovuti all’età è ancora molto attivo. Oltre a continuare a camminare per distanze chilometriche, sta cercando di sviluppare dei modelli matematici che possono essere applicati allo sport.
Sarà per questo che Ladany, fra le altre cose instancabile marciatore, arrivato all’età di 85 anni, ogni anno cammina per tanti chilometri quanti sono gli anni compiuti, ogni candelina un chilometro.
Francesca Danila Toscano