Shakespeare con la sua opera Troilus and Cressida ci fa dimenticare della perfezione sovrumana di Achille ed Ettore: gli eroi abbandonano la loro veste di semidei e diventano mediocri e vanitosi, affetti dagli stessi vizi dei comuni mortali.
Viene ripresa la famigerata vicenda cantata da Omero, dove protagonisti sono uomini valorosi. La guerra è scatenata per amore, tra il luccichio delle armi e gli eroi che si avvicinano alla perfezione divina. Tuttavia Shakespeare ci ha abituati ad inaspettati colpi di scena.
Questa opera di inizio Seicento rappresenta il canto del cigno di un mondo destinato a tramontare: al posto dell’eroicità antica troviamo l’imperfezione del contraddittorio uomo moderno. Stentiamo a riconoscere gli eroi: essi sono banali e superficiali. Il lettore è confuso, nulla è più come sembra e i punti di riferimento si sono dileguati.
Shakespeare trasforma questi presunti valorosi in uomini lussuriosi, narcisisti, capricciosi: una lucida anticipazione dell’egoismo e della mediocrità d’oggi giorno. Gli eroi diventano le caricature degli irraggiungibili guerrieri omerici.
Lo smascheramento inizia con l’eroe greco per eccellenza: Achille. Non rimane nulla del suo coraggio: ora è superbo, si vanta della sua fama e passa le giornate tra gli ozi e tra le braccia di Patroclo. Essi non combattono e preferiscono prendersi gioco dei loro capi. Se la ridono con la stessa noncuranza e immaturità di due adolescenti, imitando l’anzianità di Nestore e di Agamennone.
Non vige più alcun rispetto per i ruoli e per la gerarchia: l’etica del dovere si è dileguata. Il valoroso Achille diventa un “gigante addormentato“; è talmente meschino che fa uccidere il suo storico rivale Ettore mentre questi è disarmato. Non si sporca le mani: l’ingrato compito spetta alla sua banda di sicari, i Mirmidoni, ma il Pelide se ne prende il merito e si dichiara vincitore di una guerra, dominata con l’inganno.
Forse possiamo sperare nell’eroicità di Aiace? Shakespeare non ce lo consente. L’eroe diventa un vanitoso giovanotto, dedito all’esaltazione dei suoi muscoli e del tutto privo di razionalità. La sua stoltezza diventa bersaglio delle veritiere critiche lanciate dal fool Tersite. Crede ai falsi elogi di Ulisse e si vanta di essere il più valoroso. In Omero è il pilastro dell’esercito greco; qui campione di stoltezza.
Shakespeare non risparmia neppure l’eroe che ha mosso un intero esercito per riconquistare la sua amata Elena: Menelao. Il re di Sparta sveste i panni di guerriero disposto a tutto per amore e assume quelli di “lagnoso cornuto“. Si lamenta per l’affronto subito e per la lontananza della sua donna, una moglie talmente innamorata da cadere tra le braccia di Paride e di tutti i principi troiani… Appare come il marito di una poco di buono e non potrebbe risultare più ridicolo.
Lo smascheramento della presunta eroicità prosegue investendo il guerriero più idolatrato: Ettore. Da difensore ostinato della sua patria, si trasforma in un credulone, talmente misericordioso da concedere una pausa allo stanco Achille, accettare la proposta di disarmo ed essere ucciso a tradimento. Egli rappresenta l’insensatezza degli ideali cavallereschi nel mondo d’oggi: la modernità è latrice di progresso tecnologico e di miglioramento delle condizioni di vita ma anche del prevalere di una mentalità ingannevole ed egoista.
E il pius Enea, colui che mantenne viva la tradizione troiana e gettò le basi per la potenza romana? Diventa un individuo talmente stordito da non riconoscere neppure Agamennone.
Infine, Paride: il principe troiano è un lussurioso, vittima della propria natura lasciva e talmente stolto da aver portato il suo popolo alla distruzione solo in quanto non sa controllare i propri istinti sessuali!
La genialità del drammaturgo inglese è riuscita a delineare la nuova indole moderna: ora non vi è più posto per gli eroi, essi sono scesi dal piedistallo e si sono dispersi nella banalità della folla. Non abbiamo forse a che fare quotidianamente con tale mediocrità?
Eleonora Bufoli