La terra nasconde nelle viscere elementi che l’uomo strappa con fatica. Qualcuno deve scendere nei cunicoli, respirare polvere e sudore, scavare e portare il materiale in superficie.
Un lavoro pesante affidato ai poveri, agli ultimi degli ultimi, effettuato in condizioni deplorevoli, senza alcuna sicurezza e garanzia per la salute, in nazioni del Terzo Mondo come il Pakistan.
Qui esistono 550 miniere di carbone: molte si trovano nel Punjab, la regione più popolata e ricca, ma i minatori provengono da quella povera confinante del Khyber Pakhunkhwa.
Gli uomini lavorano nei cunicoli per cinque o sei ore: di più il fisico non regge. Non indossano maschere, stivali o elmetti, infilandosi dentro gallerie che rischiano di crollare.L’assistenza medica più vicina è a diverse ore di distanza. Una squadra di quattro uomini estrae in un giorno una tonnellata di carbone guadagnando dieci dollari da dividere tra loro.
Il materiale viene caricato su asini che trasportano più di quaranta chili per almeno venti viaggi al giorno.
Non possono bere e si disidratano, hanno problemi di zoppia agli arti e continuano a trascinarsi in mezzo alla polvere che crea danni a polmoni e occhi.
Passano dal freddo delle profondità al caldo della superficie e a fine giornata sono rinchiusi in angusti ricoveri dotati di piccole finestrelle da cui a malapena tirano fuori la testa per inalare un poco di aria fresca, gli occhi accecati dalla luce e bagnati da lacrime copiose provocate dalla polvere.
Per aiutarli a respirare meglio si pratica un taglio sulle narici, ma si tratta solo di un maltrattamento che non produce alcun sollievo se non ulteriore sofferenza.
La vita di questi piccoli e docili lavoratori è fatta di fatica e dolore e si conclude con morti per affaticamento o ferite. Costituiscono l’unica risorsa di famiglie disagiate e silenziosamente svolgono la loro funzione assieme agli umani.
Sono animali invisibili che, al pari dei minatori, scendono sottoterra, conducendo un’esistenza anonima lacerata da violenze gratuite e sofferenze inimmaginabili.
Un’associazione di volontari cerca di portare aiuto a cavalli e asini in difficoltà in paesi come il Pakistan, la Cina, il Messico e l’Etiopia. Il suo nome è “The Brooke”.
La loro sfida non consiste nel dare temporaneo aiuto agli animali risolvendo situazioni di emergenza, ma nel costruire rapporti di fiducia con le persone che li gestiscono, facendo capire loro quali sono i trattamenti basilari che permettono ai quadrupedi una vita dignitosa.
Educare è più importante che “tamponare” perché si creano le basi per un miglioramento che si protrae nel tempo e che verrà trasmesso alle nuove generazioni.
Si insegna ai minatori a dare da bere con regolarità agli asini portando i secchi nelle gallerie, a trasformare gli ingressi abbandonati delle miniere in ripari e si spiega che le femmine devono rimanere con i cuccioli fino allo svezzamento invece di separarli quando sono ancora troppo piccoli.
Le persone comprendono che gli animali, tenuti in condizioni migliori, godono di un benessere che consente loro di lavorare meglio.
L’associazione è arrivata solo a un piccolo numero di miniere ma confida di raggiungere tutte le 550 presenti in Pakistan.
In Europa gli equidi non vengono più utilizzati per questo tipo di lavoro ma l’uomo riesce sempre a creare occasioni di sfruttamento.
In Spagna, nel borgo montano di Mijas nei pressi di Malaga, una sessantina di asini sono utilizzati come taxi per attirare i visitatori.
L’associazione El Refugio del Burrito, che si occupa della tutela dei quadrupedi, ha elaborato un codice di condotta che prevede regolari controlli veterinari, limiti a ore di lavoro e al peso dei cavalieri trasportati, nonché la costituzione di specifiche zone di sosta per il riposo.
L’economia del paese si basa su questa usanza. Gli uomini hanno l’abitudine di percuoterli o legarli in modo che la corda sia corta e non possano muovere la testa: essendo tutti stalloni i proprietari motivano l’atto sostenendo che si attaccherebbero tra loro, ma si tratta di gratuiti maltrattamenti.
Sempre in Spagna esiste il villaggio di El Rocio situato ai bordi del Parco Naturale di Doñana, un luogo che sembra appartenere a un’altra epoca.
Una volta all’anno, nella settimana di Pentecoste, si svolge un pellegrinaggio alla Virgen di El Rocio, la Vergine della Rugiada.
La tradizione prevede che il percorso di un centinaio di chilometri venga fatto a cavallo o in carrozze trainate da muli. Gli equini presenti sono più di ventimila.
Nel 1969 è stato fondato un ente di beneficienza inglese denominato Donkey Sanctuary con sedi che si sono create in tutto il mondo: in Spagna con “El Refugio Del Burrito”, in Italia, nel 2006, con “Il Rifugio Degli Asinelli“.
Molti dei muli che tirano i carri vengono affittati e subiscono i maggiori danni a causa dell’incuria dei noleggiatori.
Nella testiera, sopra al naso, si trova la serreta, una striscia di ferro dentata che serve per far pressione e fermare la pariglia. Adoperata da mani inesperte provoca torture e danni, togliendo la pelle e mostrando la carne viva. Spesso selle e finimenti non sono adatti o l’uso non corretto origina piaghe dolorose.
L’animale è considerato un semplice mezzo di trasporto e dopo aver camminato per ottanta chilometri non ci si preoccupa di nutrirlo e abbeverarlo.
Una mula anziana di circa venticinque anni era stata legata corta a un albero e non poteva sdraiarsi o abbeverarsi. Soccorsa dai veterinari, dopo ore di cure venne soppressa perché troppo debilitata.
È piuttosto triste vedere persone devote che si recano a pregare la Madonna mostrare atteggiamenti così indifferenti. Invece di trattare i quadrupedi come fedeli compagni di viaggio e ringraziarli per averli condotti fin lì fornendo cibo e acqua, esternano una fredda insensibilità.
Forse, prima di venerare e domandare aiuti divini, sarebbe più utile migliorare il presente con piccoli gesti, rispettando il prossimo anche se questo è dotato di zoccoli e lunghe orecchie…
Paola Iotti
EDUCAZIONE
Educare è più che istruire, è anche e soprattutto risvegliare la responsabilità di crescere, vincendo le paure e l’insicurezza per vivere con dignità e coraggio ogni pezzo di ogni giornata.
PROIBIZIONI
Proibire senza educare o senza alcuna spiegazione logica e plausibile serve solo per alimentare l’istinto di trasgressione che fa parte della natura e della curiosità umana.
Tratto da “Pensieri Sparsi” di Jean-Paul Malfatti,
scrittore e poeta in erba italo-americano-canadese.
Riferimento: http://tinyurl.com/Jean-PaulMalfatti/
La prima cosa che tanti devono imparare ed essere umani con se stessi e con gli altri !
Rispettare gli animali come se stessi visto che e un essere vivente anche lui , e sul piano umano e molto migliore di noi ! Sono rimasto allibito a leggere questo articolo non esiste rispetto e amore nei confronti di queste povere creature viventi !