La Corte Costituzionale si pronuncia sullo sfruttamento della prostituzione

La Corte Costituzionale salva la Legge Merlin e precisa il labile confine fra autodeterminazione e sfruttamento della prostituzione.

Il 20 settembre del 1958 entrava in vigore la legge Merlin che chiudeva in Italia le case di tolleranza o “case chiuse”. Legge necessaria per l’entrata dell’Italia nell’ ONU, che fra gli altri trattati internazionali prevedeva anche la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Questa obbligava gli stati membri a contrastare e combattere la tratta degli esseri umani e lo “sfruttamento della prostituzione altrui”. La parola chiave è “altrui”. Principi riconfermati dalla Corte Costituzionale che si è pronunciata sulla prostituzione.

La Consulta con il comunicato del 6 marzo 2019 fa salva la legge Merlin e chiarisce le dinamiche penali della “prostituzione al tempo delle escort.”

La questione era stata sollevata dalla Corte d’Appello di Bari. In riferimento all’attività di prostituzione liberamente e consapevolmente esercitata dalle cosiddette escort. La Corte di Bari sosteneva che la prostituzione è un espressione della libertà sessuale tutelata dalla Costituzione. Inoltre sosteneva che punire chi svolge un’attività di intermediazione tra prostituta e clienti o di favoreggiamento della prostituzione equivarrebbe a compromettere l’esercizio della libertà sessuale e di iniziativa economica. Quindi gli imputati non rientravano in un ottica di sfruttamento della prostituzione.

La Corte Costituzionale pronunciandosi sulla prostituzione, nella sua lungimiranza, ha respinto le tesi della Corte d’Appello definendo i parametri moderni dello sfruttamento della prostituzione.

La Consulta infatti ha ritenuto non in contrasto con la Costituzione la scelta di politica criminale operata dalla legge Merlin. Cioè quella di configurare la prostituzione come un’attività in sé lecita, ma al tempo stesso di punire quelle condotte di terzi che “sfruttando la prostituzione altrui” la agevolino o la sfruttino. Insomma una conclusione non solo logica, ma aderente ai trattati internazionali.

la connessione fra l’articolo 2 della costituzione, che riconosce e garantisce i diritti inviolabili, e l’articolo 3 che impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli economici e sociali allo sviluppo della persona umana non attengono alla prostituzione. Questa infatti, secondo la Consulta, non è uno strumento di tutela e di sviluppo della persona umana, ma una forma di attività economica. Attività economica particolare, ma tutelata dall’art. 41 della Costituzione, che trova il limite della tutela della sicurezza, della libertà e della dignità umana. La libertà sessuale e di iniziativa economica resta tutelata, ciò che la legge Merlin punisce è il favoreggiamento e lo sfruttamento. Anche nell’era delle escort questa legge viene fatta salva dalla Consulta, per evitare che terzi possano indurre alla prostituzione, sfruttare questa o utilizzare le donne come merce di scambio.

Leandro Grasso

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