La Sirenetta di Copenaghen, uno dei simboli più famosi della Danimarca, è stata sfregiata ancora una volta nella notte tra il 2 e il 3 Luglio. La statua, secondo gli imbrattatori, raffigurerebbe un “pesce razzista”.
Così si consuma un altro capitolo della saga dell’abbattimento dei simboli razzisti o presunti tali.
Sull’onda delle sacrosante proteste che sono seguite all’omicidio di George Floyd la rabbia dei manifestanti di tutto il mondo si è rivolta contro i simboli. Le statue raffiguranti diversi personaggi storici sono state prese di mira. In America, ad esempio, Cristoforo Colombo e gli schiavisti come Edward Colston sono stati giudicati ugualmente colpevoli e alcune delle opere erette in loro onore sono state abbattute dai cittadini.
In Inghilterra ad essere accusato di razzismo è stato Winston Churchill e in Italia si è riaperto il dibattito relativo all’atteggiamento violento e colonialista di Montanelli.
Nel mirino della furia iconoclasta incapace di operare differenze tra i singoli casi è finita anche la sirenetta di Copenaghen.
Nella sua lunga e travagliata storia la statua simbolo di Danimarca ha più volte subito danni a seguito di atti vandalici.
Tutti, però, sono d’accordo nel dire che la fiaba di Andersen, da cui la statua trae ispirazione, non contiene messaggi razzisti.
A cosa è dovuto allora il giudizio riservato al soggetto dell’opera di Eriksen?
La risposta è tanto semplice quanto spiazzante. Pare che nel cartone animato della Disney, durante la scena molto famosa in cui il personaggio di Sebastian intona la canzone “In fondo al mar”, faccia la sua comparsa tra i coristi un pesce cui sono state attribuite le sembianze stereotipate delle donne afroamericane.
Questo è il motivo per cui la sirenetta di Copenaghen sarebbe un “pesce razzista”.
Certo, le immagini stereotipate proposte dai media contribuiscono in modo fondamentale al processo di creazione dell’identità sociale svilente generalmente attribuita alle minoranze degli Stati. Pur non sottovalutando la questione, però, l’atto di vandalismo compiuto ai danni della statua danese non può che far riflettere sulla stupidità e sulla dannosa inutilità di questi gesti.
La discriminazione sociale, in qualunque forma essa si manifesti, è un problema serio.
Dovremmo parlare di redistribuzione, di riconoscimento della dignità individuale. Dovremmo discutere delle possibilità di realizzazione che hanno i cittadini del mondo, di quanto esse dipendano da fattori culturali, etnici, di genere, di orientamento sessuale o di reddito.
Sicuramente dovremmo interrogarci anche sul ruolo che hanno avuto i diversi media nella diffusione dei luoghi comuni che alimentano le discriminazioni.
Se in un primo momento poteva sembrare che ci fosse la possibilità di intavolare un serio ed ampio dibattito pubblico relativo a tali tematiche, lentamente l’attenzione di molti si è spostata su questioni sempre più marginali. Oggi l’opinione pubblica sembra molto interessata a discutere dell’eventuale razzismo celato nell’immagine del pesce-corista del cartone Disney. Un sentito grazie, quindi, agli ignoti imbrattatori di Copenaghen per il loro contributo alla causa.
Silvia Andreozzi