Aumentano gli scontri tra tunisini e migranti nella città di Sfax. Negli ultimi giorni si sono verificati diversi episodi di violenza tra cittadini locali e subsahariani, che hanno causato anche il decesso di un tunisino. Ed ora il presidente Saied dichiara che “la Tunisia rifiuta di essere un paese di transito per i cittadini subsahariani”.
Scontri tra tunisini e migranti a Sfax
Ancora violenze a Sfax, in Tunisia. La città, che è uno dei principali punti di partenza da cui i migranti (in primis subsahariani) tentano di raggiungere l’Europa, è negli ultimi mesi preda di una forte tensione e di scontri e la scorsa settimana centinaia di residenti sono scesi in piazza per protestare contro la presenza dei migranti, che considerano una minaccia alla loro sicurezza. Culmine di questa situazione al limite sono stati gli ultimi 3 giorni, durante i quali si sono verificati diversi scontri tra tunisini e migranti subsahariani, durante i quali una persona è rimasta uccisa.
La vittima, un uomo di 38 anni cittadino di Sfax, è deceduto per emorragia in seguito ad una coltellata: in un primo momento era stata fermata una sola persona ma grazie alle telecamere di sorveglianza sono state individuate ed arrestate tre persone di origine subsahariana, ora in carcere con l’accusa di omicidio premeditato. Anche se apparentemente risolto, l’accaduto rischia di generare una nuova spirale di odio tra le due fazioni (migranti e locali), le quali si trovano davvero sul filo del rasoio, con i cittadini tunisini che non tollerano più la presenza dei subsahariani e con quest’ultimi che sono pronti ad attaccare al primo episodio sospetto. Nei quartieri popolari infatti, i quali sono abitati da numerosi subsahariani, spesso scoppiano violenze verbali e fisiche tra le due parti.
Già il mese scorso, nella notte tra il 22 e il 23 maggio era stato ucciso dagli abitanti di Sfax un uomo di 30 anni originario del Benin, ed altri 5 migranti di origine subsahariana erano rimasti feriti durante gli scontri che ne risultarono. Un odio che sembra sempre di più essere indirizzato verso una particolare popolazione, e che sta mano a mano coinvolgendo tutta la Tunisia. Il paese già versa sull’orlo del fallimento finanziario ed un’ulteriore crisi interna non gioverebbe di certo dello stato.
Le parole del presidente Saied
Gli ultimi avvenimenti non hanno lasciato indifferenti le alte sfere del governo tunisino, che spingono in una direzione non certo pacifica l’opinione pubblica. Già in un discorso del 21 febbraio scorso, il presidente Kais Saied aveva richiesto una decisa applicazione della legge sulle condizioni di soggiorno in Tunisia, ipotizzando che ci fosse, attraverso il fenomeno migratorio, un tentativo di cambiare la composizione demografica del paese per «considerare la Tunisia come uno stato africano senza affiliazione araba e islamica». Parole che rapidamente hanno fatto il giro dei social network venendo rilanciate dai movimenti populisti e che hanno diffuso un odio razziale che probabilmente era già presente tra la popolazione, ma che non era mai stato reso manifesto. Il 4 luglio il premier Saied è ritornato sull’argomento, affermando in modo molto chiaro la posizione del governo di Tunisi. “la Tunisia rifiuta di essere un paese di transito per i cittadini subsahariani“. Il Forum tunisino per i diritti economici e sociali ha stimato che sarebbero 21mila i subsahariani che a vario titolo sono presenti sul suolo tunisino, ma dalla popolazione sono percepiti in numero molto maggiore .
L’intenzione sembra essere quella di respingere ed allontanare il più possibile questi gruppi di migranti, “restituendo la Tunisia ai suoi cittadini”. Diverse ong locali e internazionali hanno infatti denunciato gli incitamenti all’odio e le intimidazioni contro i migranti subsahariani (spesso fatti attraverso i social), i quali contribuiscono alla mobilitazione contro i gruppi più vulnerabili e alimentano comportamenti violenti nei loro confronti. Un esempio ne è l’episodio riportato dall’ong Refugees in Libya, la quale sostiene che sarebbero avvenuti alcuni respingimenti forzati di migranti verso la Libia. I migranti sarebbero stati fatti salire su degli autobus e riportati indietro contro la loro volontà, mentre altri sarebbero stati addirittura lasciati a molti chilometri dalla città più vicina.
La situazione è chiaramente difficile ma non un comportamento del genere da parte del governo di Tunisi non dovrebbe più essere tollerata dalla comunità internazionale. Non è tollerabile che migranti vengano deportati verso altri paese o abbandonati nel deserto, né che cittadini tunisini vengano uccisi e uccidano, coinvolti in una spirale scatenata dall’odio.
Marco Andreoli