È possibile che l’universo, la natura e tutto ciò che ci circonda possano essere descritti e interpretati con la sezione aurea?
È davvero pensabile che il creato sia un mero calcolo scientifico-matematico di una qualche mente superiore?
Il più grande segreto dell’universo
La natura detiene un grande mistero, segretamente custodito nei secoli dai filosofi e matematici, che lo hanno protetto gelosamente da coloro i quali avrebbero voluto profanarlo. Nel tempo, questo segreto è stato in parte rivelato a coloro i quali si sono dimostrati meritevoli e hanno predisposto i loro occhi a vedere e le loro orecchie ad ascoltare, nella speranza di capire il significato delle meraviglie che la natura ci offre ogni giorno.
Molti tendono infatti a percorrere la vita come sonnambuli, senza guardarsi veramente intorno o notare la bellezza che ci circonda. Altri invece sono magneticamente attratti dalla religione, dalla scienza o dal mistero.
Arte e numerologia
I centri di tradizione iniziatica sullo studio dei numeri, dell’armonia, della geometria e della cosmologia risalgono a tempi avvolti nella nebbia delle culture egizie, babilonesi, indiane e cinesi. È evidente nelle configurazioni delle piramidi (es. Piramide di Cheope) e nelle relazioni dei cerchi di pietra di Stonehenge o negli artefatti e nelle costruzioni dei Maya e di altri popoli mesoamericani. Attraversando l’oceano, persino i muratori gotici li hanno incorporati nelle loro cattedrali, come Notre-Dame de Paris in Francia, perdendo col tempo il proprio carattere operativo e dando quindi vita alla moderna massoneria speculativa.
Lo stesso grande filosofo Platone, nei suoi insegnamenti scritti e orali, ha accennato – anche se enigmaticamente – che esiste una chiave d’oro che unisce tutti questi misteri.
La sezione aurea
Dalla geometria all’architettura, dalla pittura alla musica, fino a comprendere tutto ciò che esiste in natura, possiamo osservare come esista una proporzione che permette di rappresentare in maniera armonica ogni cosa.
Questa rappresentazione è data da un rapporto che è stato definito “numero d’oro”, pari a 1.6180339… Ci si può avvicinare a questo numero in modo geometrico, rappresentandolo attraverso la sezione aurea, che può essere visualizzata e, quindi, più facilmente compresa.
Negli oggetti quotidiani possiamo trovare alcuni esempi di questo numero d’oro nelle carte di credito o di debito, nelle schede SIM dei cellulari e nelle vecchie musicassette. Sono tutti rettangoli aurei con un rapporto tra base e altezza pari a 1,618.
La proporzione divina
La storia della sezione aurea è difficile da svelare. Nonostante il suo utilizzo nell’antico Egitto e nella tradizione pitagorica, la prima definizione che troviamo viene da Euclide (325-265 a.C.) che la esprime come
divisione di una linea in rapporto estremo e medio.
Il primo trattato su questa materia di chiama “Divina Proportione” del monaco Luca Pacioli (1445-1517) – libro illustrato nientemeno che da Leonardo Da Vinci. Secondo la tradizione, fu Da Vinci a coniare il termine “sezione aurea” (dal latino “sectio aurea”); in ogni caso, il primo esempio pubblicato di questa frase si trova in “Pure Elementary Mathematics” di Martin Ohm (1835).
Esistono molti nomi per questa sezione misteriosa. Viene chiamata alternativamente rapporto, proporzione, numero o sezione aurea o divina.
La notazione matematica del numero aureo varia dal simbolo greco “tau”, τ, che significa il “taglio”, o più comunemente “phi”, dal greco φ, ovvero la prima lettera del nome dello scultore greco Fidia, “Phidias”, che lo aveva utilizzato nel tempio Partenone di Atene. Cos’è mai questo taglio dorato e perché lo circonda tanto fascino?
La sequenza di Fibonacci
Una delle eterne domande che si sono sempre fatti i filosofi è: come può l’Uno diventare Molti (un po’ come con Dio, che è uno e trino, o con la nascita dell’universo)? Esiste un modo in cui le parti possono avere una relazione significativa con il tutto?
Senza addentrarci troppo in complicati calcoli matematici, per rimanere affascinati dalle implicazioni pratiche della proporzione aurea, basti pensare: quale mai potrebbe essere il comune denominatore tra un cavolfiore, un ananas, una pigna, la molecola del DNA e una galassia? Ebbene, può sembrare assurdo, ma è la sequenza di Fibonacci.
La natura esprime la sua bellezza attraverso il linguaggio della matematica e una serie di numeri interi: la sbalorditiva serie di Fibonacci.
0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, 377…∞
Hai mai fatto caso a quanti petali hanno i fiori? Il giglio e l’iris ne hanno 3, l’elleboro verde o la rosa canina ne hanno 5, l’erba trinità 8, la margherita dorata 13, il fiore di cicoria 21, la margherita 21 o 34, etc…
La testa dei girasoli, invece, è costituita da semi disposti su due serie ben visibili di spirali (una gira in senso orario e l’altra antiorario). Quante spirali ci sono in ogni serie? Di solito due numeri di Fibonacci consecutivi: 34 e 55 oppure 55 e 89.
Questa sequenza di numeri è additiva, in quanto ogni numero è la somma dei due precedenti, e moltiplicativa, perché ogni numero approssima il numero precedente moltiplicato per il numero d’oro. Il rapporto diventa sempre più accurato man mano che i numeri crescono. Inversamente, ogni numero diviso per il suo vicino più piccolo approssima φ, che è sempre il nostro 1.6180339.
Il rettangolo aureo e la spirale aurea
Anche il rettangolo aureo può essere costruito a partire dalla sequenza di Fibonacci, affiancando in successione tanti quadrati ognuno dei quali ha per lato un numero di Fibonacci.
Prendendo in mano squadra e compasso, invece, è possibile disegnare la spirale di Fibonacci, che tanto ci ricorda le corna di un ariete o il guscio di una lumaca Nautilus.
La bellezza è soggettiva?
Nonostante il buonismo dilagante al giorno d’oggi, l’esistenza della sezione aurea dimostra che forse la bellezza non é soggettiva.
Personalmente non ritengo questo concetto in contraddizione con il dovere etico-morale di accettare e rispettare il nostro prossimo per quello che è e così com’è; perché uguaglianza non vuol dire perfetta identità o massificazione. Uguaglianza significa accettare il fatto di essere importanti tanto quanto gli altri, seppur differenti.
Una nota locuzione latina afferma che “de gustibus non disputandum est” (i gusti non si discutono). Ecco, forse possiamo concludere che la bellezza è oggettiva, ma i gusti sono soggettivi.