La più famosa estinzione di massa è certamente quella dei dinosauri e sappiamo che la causa principale venne dall’esterno del nostro pianeta sotto forma di un enorme asteroide che provocò una specie di inverno nucleare, ma quella non è stata l’unica e nemmeno la più catastrofica, in realtà per quel che ne sappiamo ce ne sono state cinque. Ora scienziati del MIT hanno sviluppato un rigoroso metodo matematico per cercare di predire se stiamo andando incontro a una sesta estinzione di massa e il non confortante risultato pubblicato su Science è stato: con ogni probabilità sì e non abbiamo nemmeno molte speranze di riuscire ad evitare di passare la soglia che mette in moto il meccanismo.
Niente allarmismi il pericolo è molto reale ma non è per domani
Qui si cerca di fare informazione scientifica, molto semplificata ma non sensazionalistica, la prima premessa da fare è che se davvero stiamo entrando (alla fine di questo secolo) nella spirale di eventi che sfocerà inevitabilmente in una estinzione di massa i tempi che ci vorranno per arrivarci sono dell’ordine dei diecimila anni.
D’altro canto non è nemmeno da sottovalutare, è vero che fra diecimila anni la razza umana chissà se ci sarà ancora e dove e come sarà e che forse distruggeremo il nostro ecosistema molto prima, ma nella speranza che si riesca a fare qualcosa in proposito sarà meglio tenere presente anche la soglia scoperta dai ricercatori del Department of Earth, Atmospheric and Planetary Sciences del MIT, superata la quale potrebbe mettersi in moto un evento di lungo periodo ma non più evitabile.
La soglia e come è stata calcolata
Il titolo dello studio è Thresholds of catastrophe in the Earth system ed è stato realizzato con i metodi della matematica, quindi scusate ma dovrò snocciolare un sacco di numeri. I ricercatori hanno analizzato il cosiddetto ciclo del carbonio e hanno scoperto che variazioni in questo ciclo, con accumulazione di una quantità maggiore nelle acque degli oceani sono collegate a vaste estinzioni di specie marine, questo può succedere sia per un cambiamento che avviene su lunghi periodi di tempo ma troppo velocemente per la capacità di adattarsi delle specie, che per un cambiamento improvviso. Nel secondo caso la grandezza dell’evento di estinzione dipenderà dalla variazione della quantità di carbonio nelle acque, nel primo caso da quanto il ritmo dell’aumento ecceda la capacità di adattamento.
Tenendo conto di questi due aspetti, velocità della variazione e entità, il prof.Daniel Rothman e chi ha collaborato allo studio hanno calcolato il numero più importante, 310, ma trecentodieci cosa? trecentodieci gigatonnellate è il valore soglia che purtroppo equivale grossomodo a quanto carbonio avremmo immesso negli oceani per la fine del secolo.
Anzi in realtà secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nella migliore delle ipotesi per quella data avremo aggiunto agli oceani 300 gigatonnellate di carbonio, nella peggiore ben 500. Gli scienziati hanno calcolato che una volta perturbato il ciclo del carbonio ha bisogno di 10000 anni per stabilizzarsi, e che il principio del ritmo dell’aumento si applica per cambiamenti che travalicano quella scala temporale mentre per eventi più brevi quella che conta è la quantità di carbonio aggiunta, ma comunque passata la soglia lo scenario è lo stesso, riscaldamento globale e acidificazione degli oceani.
Entrando un po’ più nello specifico degli eventi studiati e del metodo: Rothman ha studiato gli eventi relativi al ciclo del carbonio in un arco di 542 milioni di anni, gli eventi sono 31 ma la maggior parte per fortuna sono stati benigni, non hanno portato a una estinzione di massa. Studiando le variazioni quantitative del carbonio e l’arco di tempo di ciascun evento grazie agli isotopi carbonio 12 e carbonio 13 gli scienziati sono arrivati a una formula matematica che permette di calcolare questo valore soglia (applicabile ai due tipi di variazioni sia quelle improvvise che quelle su larga scala) e hanno scoperto che solo gli eventi che avevano passato la soglia fatidica hanno dato origine a un’estinzione di massa, tanto più severa quanto più grande era lo sforamento, infatti la grande estinzione del permiano è collegata al superamento più importante.
I ricercatori, infine, hanno anche individuato il probabile meccanismo che sta dietro questa soglia, il ciclo del carbonio è essenzialmente costituito dal ciclo tra la fotosintesi che lo cattura e la respirazione degli organismi che lo rilascia, ma in realtà nel ciclo c’è una falla, una falla provvidenziale, parte del carbonio negli oceani va a finire sul fondo, rimane intrappolato nei sedimenti e viene sottratto al ciclo. Rothman e compagni hanno scoperto che superare la famosa soglia di immissione del carbonio equivale a tamponare quella benefica falla che tiene in equilibrio il ciclo.
Roberto Todini