Sesso, bambine e il turismo della depravazione

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Di Zar Abdul


Ci stiamo abituando, purtroppo, a sentir parlare sempre di più di abusi e violenze sulle donne.
Se da un lato la cosa deve preoccupare non poco, dall’altro, ciò è segno di una maggiore tendenza alla denuncia anche dei casi famigliari, e di una maggiore sensibilità da parte dell’opinione pubblica sull’argomento.

Ciò di cui sentiamo parlare poco (o quasi mai) è la violenza e gli abusi su minori, una categoria di persone vulnerabile su cui è necessario porre addirittura un’attenzione ancora maggiore rispetto a tutte le altre.
L’impressione è che si tratti di uno di quegli argomenti di cui non parlare pubblicamente perché scomodo, deplorevole e mette in cattiva luce un paese intero che non riesce a guardare in faccia i propri mostri mascherati da uomini di buona famiglia.
Uno degli argomenti collegati alla particolare fattispecie di sesso e abusi su minori è il turismo sessuale minorile, ed è importante parlarne soprattutto per il ruolo da protagonista che ha il nostro paese.

Il UNWTO (organismo mondiale del turismo) definisce turismo sessuale i “viaggi organizzati dagli operatori del settore turistico, o da esterni che usano le proprie strutture e reti, con l’intento primario di far intraprendere ai turisti una relazione sessuale a sfondo commerciale con i residenti del luogo di destinazione.”

La storia della nascita di questo fenomeno risale alla fine degli anni ‘50, dopo la conclusione della guerra in Vietnam portata avanti dall’esercito degli Stati Uniti d’America.
Il governo statunitense per ricompensare e confortare i suoi soldati stremati della guerra iniziò ad organizzare incontri a pagamento con giovani donne locali.
Nel 1967 venne stilato un patto che aveva come fulcro la vendita di prestazioni sessuali: il “Rest and Recreation”. Questo documento regolamentava i rapporti tra i soldati americani d’istanza in Vietnam e le coste thailandesi (insieme ai paesi limitrofi), che proprio in quegli anni stava conoscendo uno sviluppo notevole nel settore del business del sesso.
Prese così piede la pratica del turismo sessuale di massa, che negli anni si sviluppò con facilità e velocità, grazie anche alla diffusione dei mezzi di trasporto a lungo raggio.
L’aspetto più preoccupante della nascita di questo fenomeno, tuttavia, lo troviamo nelle ricerche del ECPAT (che dal 1996 è End Child Prosptitution Pornography and Trafficking for Sexual Purposes), organismo internazionale nato per combattere la prostituzione e lo sfruttamento minorile. Nelle loro relazioni infatti è riportato il fatto che negli anni ’80 ci fu una crescita importante di quello che è lo sfruttamento dei minori nel turismo sessuale, ed è questo il particolare settore che vede gli italiani in prima fila.
Secondo una ricerca imponente durato due anni, del già citato UNWTO e pubblicata nel Maggio 2016 denominata Global Study On Sexual Exploitation Of Children In Travel and Tourism, ogni anno viaggiano tre milioni di persone al mondo in cerca di sesso con minori.
A rappresentare le mete più frequentate in assoluto sono i paesi in via di sviluppo quali: Brasile, Thailandia, Cambogia, Vietnam e Cina.
L’ECPAT è attualmente l’unico organismo a livello internazionale ad occuparsi in maniera esclusiva dello sfruttamento dei minori per fini sessuali. Nel 2016 ha lanciato un allarme preoccupante, mostrando come il numero dei minori sfruttati per prostituzione sia aumentato fino a raggiungere i 2 milioni.
Secondo il rapporto annuale di Save The Children invece si tratterebbe di 1 milione di minori sfruttati per scopi sessuali, ed è quindi verosimile assumere che si tratti di una cifra intorno ai al milione e mezzo.
L’ECPAT definisce sfruttamento sessuale di una persona di minore età come: violenza sessuale esercitata su una persona di età inferiore ai 18 anni in cambio di compenso, in denaro o in altre utilità, corrisposto al minore o ad una terza persona; costituisce altresì una forma di coercizione e violenza nei confronti di un minore considerato oggetto sessuale e bene commerciale.

Gli italiani, purtroppo, sono primi al mondo per numero di clienti: 80 mila italiani si spostano ogni anno in paesi quali Thailandia, Cambogia, Brasile e Repubblica Domenicana esclusivamente per avere rapporti sessuali con minorenni.
Seguono, in questa particolare classifica, paesi europei quali Francia, Germania e Regno Unito.
I turisti italiani sono per il 90 % uomini, e stando sempre alla relazione Global Study On Sexual Exploitation Of Children In Travel and Tourism, l’età media si è abbassata ed è compresa tra 20 e 40 anni.
Inoltre, sono in crescita anche mete nell’Africa Subsahariana e nell’Europa dell’est.

Pensare di analizzare in maniera esaustiva un fenomeno così complesso, che potremmo definire come “turismo della depravazione”,  in un solo articolo è del tutto utopistico, tuttavia occorre cercare alcuni degli elementi che accompagnavano lo sviluppo di questa pratica nel mondo occidentale.
I motivi della crescita esponenziale del turismo sessuale sono molteplici, tuttavia, la nascita di agenzie e siti dedicati (vedi Gnocca Travels), lo sviluppo tecnologico e le chat anonime hanno sicuramente contribuito e contribuiscono in maniera determinante.
Un aspetto del tutto peculiare del fenomeno nel nostro paese è l’aumento in termine di presenza di cittadini stranieri sul territorio che aggiunge una variante alle mete dei “cacciatori di minori”.
Nello specifico parte delle persone che si spostavano all’estero ora si spostano anche all’interno del paese (soprattutto verso il sud) approfittando dello sfruttamento ai danni di minori dall’Africa Subsahariana e dell’Europa dell’Est.
Importante dire e ribadire che il turismo sessuale con minorenni è reato, indipendentemente da quale paese avvenga l’illecito. In Italia esiste la legge no 269 del 3 agosto 1998 contente le “norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù.”
L’articolo 2 stabilisce una pena detentiva fino ad un massimo 3 anni per “chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa fra i quattordici ed i sedici anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica”

Resta personale la riflessione sul perché di una mancata riforma legislativa forse più specifica e repressiva, sull’efficace della legge, sull’adeguatezza della pena nonché sulla volontà delle istituzioni di combattere in maniera spietata ciò che è un fenomeno che negli ultimi 22 anni si è evoluto ad ha assunto dimensioni esagerate.
Indubbiamente occorre mettere in atto un percorso legislativo e socioculturale a lungo termine con l’obiettivo di ridurre drasticamente il numero sempre crescente di clienti che compiono questo reato deplorevole.
Di difficile tracciamento è il sommerso di questo fenomeno, il che rende tutti i dati fino ad ora esaminati sicuramente una sottostima di ciò che è la reale portata sia in termini di clienti, che di profitto per chi vive di questo business.

Un accenno va fatto anche su quel riguarda il turismo sessuale femminile. Un fenomeno sempre più crescente che vede donne di mezze età espatriare in paesi come il Kenya in cerca di giovani adolescenti (dai 14 ai 16 anni) con cui passare le vacanze.

La mancanza di campagna di sensibilizzazione e di dibattiti su questo argomento, unito alle chat segrete ed anonime, ai tabù sul sesso e all’omertà devono far preoccupare e non molto, perché questi mostri sono persone comuni: i nostri vicini, i colleghi di lavori, i padri famiglia e gli amici di sempre. Sono proprio i più insospettabili e credo che il problema vada preso seriamente da tutti.

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