Sergio Leone e Charles Manson; due destini (per fortuna) lontani

Sergio Leone

Nella ricorrenza per i 30 anni dalla morte di Sergio Leone, il mondo del cultura e della televisione ricordano uno dei più grandi maestri del cinema italiano e internazionale; colui che partendo da circostanze quasi casuali, è riuscito a dare un’impronta unica e profonda al genere western e al suo melodramma intrinseco, attraverso un linguaggio che ricalca la commedia all’italiana.

Un rapporto simbiotico con gli sguardi e i paesaggi, quello di Sergio Leone, ma che non avrebbe ancora la stessa forza evocativa se non fosse accompagnata dalle musiche che il “Maestro” Ennio Morricone scrisse per l’occasione.

E cosi Il mio nome è nessuno, i capitoli della “trilogia del dollaro” e il suo ultimo e immortale capolavoro, C’era una volta in America probabilmente non sarebbero ancora così amati e attuali.

La strage in casa di Roman Polansky

Molti però non sanno che alcune di queste opere rischiarono di non essere mai realizzate.

Sergio Leone infatti, pare che avesse rischiato di essere coinvolto in una delle vicende di cronaca più efferate della storia: Il massacro di Cielo Drive.

Per chi non lo sapesse, si tratta della strage avvenuta nel 1969 per opera della “Family” di Charles Manson, nel quale persero la vita 5 persone, tra cui l’attrice Sharon Tate, moglie di Roman Polansky, incinta di otto mesi.

Pare che questa terribile vicenda avesse incrociato, per un attimo, la vita di Sergio Leone, che invitato proprio quella sera, in quella casa, alla fine avesse declinato l’invito.

Questo straordinario aneddoto fu raccontato, tempo dopo dall’amico e sceneggiatore Luciano Vincenzoni.




 Sergio Leone e quel rifiuto provvidenziale

Era l’estate del 1969 e Sergio Leone si trovava negli Stati Uniti, assieme a Vincenzoni, per cercare dei costumi adatti alle riprese di Giù la testa. Un amico scrittore invitò entrambi nella casa presa in affitto dal regista Roman Polansky e Sharon Tate, per una festa assieme ad alcuni amici dell’attrice, mentre il marito era a Londra. La villa era al 10050 di Cielo Drive, sulle colline sopra Beverly Hills.

Il caso volle che l’allora proprietario della United Artists e grande amico di Vincenzoni, aveva saputo che lo sceneggiatore era a Los Angeles e lo invitò a trascorrere il weekend nella sua casa di San Francisco.

Sergio Leone si trovò quindi da solo a Los Angeles a decidere cosa fare di quel sabato sera e così rifiutò, adducendo la motivazione alla non conoscenza della lingua:

“Ah Lucia’, disse Leone all’amico, che il giorno dopo, informato del massacro, terrorizzato e confuso cercò di mettersi in contatto con lui, non so parlare l’inglese, dovevo andare là senza di te, mi son rotto… faceva pure caldo, me ne sono andato a dormire”.

Tutto il resto è storia e, non c’è un filo di noia se si pensa che sarebbe bastato un attimo, una telefonata mancata e, altri due grandi artisti avrebbero potuto fare una fine orribile e il mondo non avrebbe gli occhi di Noodles che spia da una fessura dello sgabuzzino della bottega, la vita, i sogni e i rimpianti di una società in rapido mutamento.

Fausto Bisantis

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