Sono passati ben sedici anni da quel terribile 1 Giugno 2001, quando Serena Mollicone, all’epoca diciottenne, scomparve nel nulla per essere poi ritrovata dopo quarantotto ore priva di vita nel bosco dell’Anitrella: un delitto che sconvolse il piccolo centro agricolo di Arce e l’opinione pubblica intera.
I risultati della recente perizia fatta dal medico legale delegato dalla Procura della Repubblica di Cassino, che indaga incessantemente sulla morte della ragazza, fanno sperare che finalmente dopo tutto questo tempo si possa giungere alla tanto agognata verità. La ferita rinvenuta sul cranio di Serena – secondo gli ultimi esami – sembrerebbe essere compatibile con il segno ritrovato sulla porta all’interno della caserma dei Carabinieri di Arce.
Ad oggi gli unici indagati per questo efferato delitto sono il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, all’epoca dei fatti comandante della stazione di Arce, sua moglie Anna e suo figlio Marco. Si ipotizza che Serena Mollicone si trovasse presso la famiglia Mottola, nel loro appartamento all’interno della caserma, poco prima della scomparsa.
Durante le indagini i Ris hanno ispezionato la casa più volte e congetturato che l’anomalia rilevata sulla porta potesse essere stata potenzialmente creata dalla stessa Serena, che cadendo perché spinta, l’avrebbe urtata: questo spiegherebbe anche la ferita allo zigomo della ragazza L’ultima perizia supporta decisamente questa ipotesi, pur non dando la certezza assoluta.
Altra novità rilevante, quanto sconvolgente, è che la giovane donna non sarebbe morta per le percosse ricevute, ma per soffocamento. Chi ha commesso l’omicidio, quando ha capito che la ragazza, nonostante i colpi inferti e la botta contro la porta, sarebbe comunque sopravvissuta, ha pensato di metterle un sacchetto di plastica in testa.
Nello specifico, dopo le percosse la povera Serena Mollicone, sarebbe stata trascinata fuori e abbandonata nel boschetto mentre era ancora in vita. Solo dopo diverso tempo l’assassino sarebbe tornato sul posto e trovandola viva l’avrebbe soffocata con il sacchetto. La vittima, quindi, non sarebbe morta sul colpo, come si è sempre pensato, ma tra sofferenze atroci prima che arrivasse l’asfissia.
Il padre di Serena si ritiene soddisfatto dei risultati giunti grazie a questa nuova indagine e visibilmente addolorato si sfoga così ai microfoni di RaiNews24:
” Serena ha sacrificato la sua vita per gli ideali. Lei è andata lì quel giorno per denunciare lo spaccio che avveniva in paese, che aveva già portato alla morte sette o otto ragazzi e mai nessuno ha pensato di fare nulla per questa situazione.Serena gracile e minuta, ma forte dei suoi ideali è andata quel giorno in caserma per fare questa denuncia, in cui sarebbe stato implicato anche il figlio dell’allora comandante. La denuncia non viene raccolta e lei viene dirottata in quella casa e lì avviene tutto quello che sappiamo. La rottura della porta è compatibile con la ferita al cranio di Serena. Mi aspettavo che la morte fosse avvenuta istantaneamente, invece ho saputo che mia figlia ha sofferto tantissimo..mi auguro che anche chi ha commesso questo orrendo delitto soffra allo stesso modo.”
Guglielmo Mollicone non è l’unico a parlare: le nuove rivelazioni scuotono le coscienze di molti e così Maria Tuzi, la figlia del brigadiere dei carabinieri Santino Tuzi, si fa avanti rilasciando inquietanti dichiarazioni a Il Messaggero. Il carabiniere si suicidò nel 2008, a pochi giorni di distanza dalla sua deposizione in cui affermava di aver visto Serena entrare nella caserma di Arce quel primo Giugno 2001. Le indagini sul suicidio di Tuzi sono ancora in corso, ma sua figlia non sembra avere dubbi sul fatto che la morte del padre sia collegata al caso Mollicone.
“Mio padre è stato ricattato, qualcuno gli ha prospettato ritorsioni contro figli e nipoti. Per questo, per anni, ha taciuto sulla morte di Serena”
Sono queste le parole crude e dirette che Maria Tuzi usa per spiegare le motivazioni per cui suo padre non avrebbe parlato prima: secondo il suo parere, dopo le dichiarazioni rese agli inquirenti, qualcuno avrebbe reso all’uomo l’esistenza estremamente difficile, tanto da portarlo a togliersi la vita. Avrebbe, quindi, commesso il terribile gesto per proteggere la sua famiglia da eventuali ritorsioni.
Il delitto di Arce, un caso intricato e alquanto doloroso, che ha visto negli anni indagini serrate, potenziali accusati poi prosciolti, esami del DNA su quasi trecento persone, sino al 2011 ovvero l’anno in cui viene iscritta nel registro degli indagati la famiglia Mottola.
Nel 2016 per volere del GIP di Cassino, Angelo Valerio Lanna, il caso non viene archiviato e viene disposta la riesumazione del cadavere di Serena Mollicone che avviene il 22 Marzo dello stesso anno, permettendo così nuove perizie e nuovi esami legali. Ad oggi la salma della ragazza si trova a Milano, a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Anna Lattanzi