Serbia, la Russia in Casa. Il ruolo di Mosca nei Balcani occidentali

il ruolo di Mosca nei Balcani occidentali

Gli scontri di questi giorni nel nord del Kosovo tra militari delle forze Nato e manifestanti serbi, hanno riportato l’attenzione sul ruolo di Mosca nei Balcani occidentali. La regione sudorientale dell’Europa ha sempre rappresentato un crocevia importante nelle relazioni tra l’Occidente (Ue-Nato) e la Russia, con il Cremlino che negli ultimi anni ha intensificato gli sforzi per provare ad allontanare sempre di più Belgrado da Washington.  

Gli scontri di questi giorni nel nord del Kosovo tra militari delle forze Nato e manifestanti serbi hanno messo in evidenza due aspetti  fondamentali nelle delicate dinamiche geopolitiche della penisola balcanica: da un lato, hanno confermato le tensioni mai sopite tra Belgrado e Pristina nonostante l’impegno della Nato e dell’Unione europea; dall’altro, hanno riportato l’attenzione sul ruolo di Mosca nei Balcani occidentali. 

Gli storici legami tra Russia e popolazioni balcaniche sono sopravvissute al crollo dell’Unione Sovietica, al disfacimento della Yugoslavia e dei regimi comunisti dell’Europa dell’est. E ancora oggi, la politica russa utilizza un ampio spettro di strumenti per ritagliarsi un proprio spazio nella regione.

Il rinnovato – e sempre più invasivo – sostegno di Mosca a Belgrado ha un valore strategico ben definito. Infatti, a Mosca sanno bene che creare scompiglio nei Balcani, significa non solo ritardare l’annessione nell’Unione Europea di diversi Paesi della regione ma soprattutto infastidire la Nato, ora  concentrata sulla guerra in Ucraina.

L’appoggio del Cremlino a Belgrado nella lotta per il Kosovo

Negli ultimi anni Belgrado ha coltivato rapporti molto stretti con Mosca e il presidente serbo  Aleksandar Vučić ha spesso fatto affidamento sulla Russia di  Vladimir Putin nella lotta per il Kosovo. Mosca rappresenta, infatti, l’alleato più importante della Serbia in quanto ha più volte espresso la propria contrarietà all’adesione della piccola repubblica balcanica alle Nazioni Unite. La Russia ha sempre giudicato illegale l’azione militare della NATO contro la Jugoslavia nel 1999 considerando ancora vigente la risoluzione 1244 delle Nazioni Unite, secondo cui il Kosovo è parte della Serbia.

In passato, Belgrado non ha fatto mancare il proprio supporto a Mosca, ricambiando il favore in occasione dell’annessione russa della Crimea nel 2014, quando, al contrario degli altri paesi dell’Ue, ha deciso di non imporre sanzioni economiche contro il Cremlino. La Serbia condivide con la Russia un forte sentimento anti-nato e anti-Ue come dimostra un rapporto Ipsos del 2022 in cui il 44% della popolazione serba si  dichiarava contraria all’ingresso del Paese nell’Unione Europea.

Sulla base di queste premesse, è possibile comprendere il valore delle affermazioni rilasciate in questi giorni dal  portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, che nel rinnovare il sostegno incondizionato di Mosca alla Serbia, ha precisato che “tutti i legittimi interessi dei serbi del Kosovo devono essere rispettati”.

I Balcani rappresentano un crocevia in cui s’incontrano molte delle tensioni in grado di radicalizzare lo scontro tra occidente e oriente: dalla questione delle minoranze etniche, al tema dell’ingerenza delle potenze occidentali nella regione.  Per questa ragione, anche in occasione degli scontri di questi giorni in Kosovo il Cremlino, – che ha sempre sfruttato la retorica dello scontro di civiltà come dimostra la recente esperienza dell’invasione dell’Ucraina –  sta cercando di soffiare sul fuoco del nazionalismo per impedire che Pristina e Belgrado possano trovare un accordo con la complicità dell’Unione europea e della Nato.



Gli accordi tra Serbia e Russia su gas e armi

Negli ultimi anni, pur cercando formalmente l’adesione all’Unione europea, la Serbia si è rifiutata di allineare la sua politica estera con il blocco dei 27 e ha invece rafforzato la sua alleanza con Mosca  sul piano della sicurezza energetica e della fornitura di armi.

Nel 2022  Belgrado e Mosca hanno firmato un accordo per “consultazioni” reciproche su questioni di politica estera – sottoscritto dal ministro degli Esteri serbo Nikola Selakovic e di quello russo Sergey Lavrov – che ha raffreddato ulteriormente i rapporti con l’Ue.

Sul versante energetico, la Serbia ha firmato con la russa Gazprom un contratto per il gas naturale ad un prezzo fortemente agevolato, equivalente ad un terzo di quello  pagato dagli altri paesi europei. In occasione di quell’accordo, i due presidenti di Serbia e Russia avevano anche discusso di una serie di argomenti non direttamente legati al dossier energetico, tra cui la situazione in Ucraina e gli eventi legati al Kosovo.

Ma anche per quanto riguarda le forniture militari, Belgrado ha fatto affidamento sull’industria bellica russa – e di recente anche cinese – per rafforzare la sua dotazione militare. Nello stesso anno dell’invasione russa dell’Ucraina, Mosca ha consegnato alla Serbia 30 carri armati e 30 veicoli corazzati, insieme ai sofisticati sistemi di difesa aerea Pantsir.

Il soft power di Mosca nei Balcani

Il Cremlino vede nella Serbia un elemento in grado di destabilizzare il già precario equilibrio della penisola balcanica, ma per rafforzare i legami con Belgrado ha bisogno di creare anche stabili e durature relazioni economiche e commerciali in grado di indispettire l’Unione europea e Washington. In un simile contesto, la politica doppiogiochista del presidente serbo Vučić – che guarda all’Ue ma contemporaneamente strizza un occhio a Putin – rappresenta per Mosca un’occasione d’oro da capitalizzare al massimo.

Il soft power russo nei confronti di Belgrado agisce quindi su più direttrici: la fornitura di armi, la cooperazione economica e commerciale, il sostegno reciproco su decisioni di politica estera, e la  creazione di un’identità culturale condivisa ad uso e consumo di Mosca.  Non a caso, la narrativa russa rivolta alla Serbia, si basa su espressioni ricorrenti come: “vecchi amici”, “una storia comune”, “la stessa religione”, “la comprensione tra i due popoli”, “due nazioni fraterne’’, etc.

E  gli scontri di questi giorni in Kosovo, dimostrano come l’ambigua propaganda del Cremlino è tesa a mettere in evidenza l’altruismo della Russia nei confronti di Belgrado, alimentando focolai di revanscismo tra la popolazione serba e speculando sull’idea di una fantomatica sottrazione del Kosovo orchestrata dagli americani.

Infine, non si deve dimenticare che, dall’inizio della guerra in ucraina, la manipolatoria politica russa nei Balcani occidentali è cresciuta in modo costante ricostituendo un legame  unitario con gli eventi nella regione del Mar Nero che ha consentito a Mosca di raggruppare le due aree d’influenza in un solo complesso di sicurezza altamente vulnerabile alle tensioni provenienti dalle regioni adiacenti e proiettato nel più ampio contesto di uno scontro – purtroppo non più soltanto diplomatico – con l’asse occidentale rappresentato dall’Ue e dalla Nato.

Tommaso Di Caprio

 

 

 

 

 

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