Serbia e Kosovo 20 anni dopo il conflitto
Sono passati circa 20 anni dall’intervento NATO nel conflitto tra Serbia e Kosovo. Le azioni dell’Alleanza Atlantica furono rese necessarie dalla politica di Milosevic, presidente serbo che stava attuando una pulizia etnica della minoranza kosovara.
Quest’oggi, invece, potrebbe essere Pristina a causare lo scoppio del conflitto.
Il 14 dicembre prossimo, infatti, il parlamento della giovane repubblica balcanica si riunirà per decidere circa la formazione di un esercito nazionale.
Tale decisione convertirebbe il Kosovo Security Force, forza di protezione civile e ordine pubblico, in un vero e proprio corpo militare statale.
Seppur composto da un numero esiguo di unità, circa 4mila persone, la Serbia non vede di buon occhio il possibile esercito regolare di Pristina. La prima ministra serba, Ana Brnabic, esterna infatti forti timori. Questa ha ventilato la possibilità che i militari kosovari possano essere impegnati in azioni di pulizia etnica contro la minoranza serba, concentrata nel Kosovo settentrionale.
Tra dazi e proclami
La premier Brnabic ha poi continuato il suo discorso, assicurando che eventuali attacchi alla minoranza serba porterebbero reazioni dure da parte di Belgrado.
“Speriamo di non dover intervenire, ma è una delle opzioni sul tavolo per evitare la pulizia etnica di serbi”
Il presidente kosovaro Ramush Haradinaj ha bollato come fake news le illazioni su possibili pulizie etniche della minoranza serba. Ha poi aggiunto che l’esercito di Pristina verrebbe impiegato esclusivamente per aiutare la NATO nelle missioni in Iraq e Afghanistan. Jens Stoltenberg, segretario generale dell’Alleanza Atlantica, è però contrario alla proposta kosovara. Dice arrivi al “momento sbagliato”, e che possa causare “gravi ripercussioni” internazionali.
Stoltenberg fa molto probabilmente riferimento alle reazioni che un conflitto susciterebbe. La Serbia ha infatti trovato nella Russia, dopo il conflitto del 1999, un valido alleato.
Le tensioni tra le due repubbliche balcaniche sono aumentate dopo la decisione di Pristina di imporre dazi del 100% sui beni provenienti dalla Serbia. Belgrado è stata accusata dal governo kosovaro di voler tagliare fuori il Kosovo dalle organizzazioni internazionali, soprattutto per via del mancato riconoscimento dell’indipendenza.
Obiezioni interne e reazioni estere
All’interno del parlamento kosovaro si levano voci contrarie. Sono quelle dei deputati di origine serba, che valutano la proposta dell’esercito regolare come anticostituzionale. La Costituzione del Kosovo, varata il 15 giugno 2008, affida infatti la difesa nazionale al sopracitato Kosovo Security Force. Tramutare questa in un esercito vero e proprio sarebbe dunque impossibile. Inoltre, gli stessi parlamentari hanno ricordato come le forze NATO siano ancora presenti sul territorio di Pristina.
Federica Mogherini, rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri, ha criticato la politica kosovara. Auspica che i dazi commerciali siano presto ritirati, in quanto sono una misura utile solo ad “alzare la tensione e rendere più difficile il dialogo tra Serbia e Kosovo”.
Philip Kosnett, ambasciatore americano a Pristina, plaude invece la proposta del governo di dotarsi di un esercito vero e proprio. Definisce questa come logica, coerente e sovranista, ma chiarisce anche come sia un processo che richiede tempi lunghi.
La votazione del 14 dicembre prossimo è probabilmente la più importante della giovane storia del Kosovo, indipendente dal 2008.
Un fattore che potrebbe conciliare un abbassamento dei toni è il desiderio comune a Serbia e Kosovo di entrare nell’Unione Europea, ma potrebbe non essere abbastanza.
Stefano Mincione