Su una carrozzina, coperto da un piumone. È stato trovato così, questa mattina a Milano, il senzatetto morto alla stazione della metropolitana. A chiamare il 118 sono stati alcuni passanti, ma i soccorritori hanno potuto solo constatarne il decesso. Le uniche notizie riguardanti l’uomo arrivano da una nota dell’Associazione italiana difesa animali e ambiente: “Lo conoscevamo perché in passato aveva avuto un cagnolino che era stato poi affidato ad una famiglia milanese togliendolo dalla strada. Nei mesi scorsi lo avevamo rivisto a Molino Dorino era su una carrozzina e non si muoveva, ma viveva lì”. Riguardo alla sua situazione, aggiunge la nota: “Di fianco alla sua carrozzina aveva un giaciglio di fortuna all’aperto sotto il portico. Avevamo fatto un video dove denunciavamo la situazione, di un uomo, un disabile che non poteva certo vivere in quelle condizioni. Pare avessero cercato in molti di convincerlo ad andare in un dormitorio pubblico o in un ospedale, ma lui era rimasto li sulla sua carrozzina, fino a quando stamattina non è stato ritrovato morto”. La causa del decesso è da ricercare, probabilmente, nell’abbassamento delle temperature di questi giorni e nelle precarie condizioni di salute dell’uomo, certamente non adatte a una vita in strada.
Inizia l’emergenza freddo
Tornano in mente le parole con cui inizia un romanzo di Jean Claude Izzo, Il sole dei morenti, tristemente realistico nella sua durezza: “L’inverno Titì se lo portava dentro. In quell’istante, gli sembrò perfino che il freddo fosse più pungente nel suo corpo che fuori, per strada. Forse per questo non batteva più i denti, aveva pensato. Ormai non era che un unico blocco di ghiaccio, come l’acqua nei canaletti lungo i marciapiedi”.
Così arrivato il primo senzatetto morto di questo autunno. Quella dei clochard è una situazione di cui ci si ricorda quando ne fanno notizia i decessi. Ma la situazione, a livello italiano ed europeo, è sempre più complessa e inaccettabile. Secondo le ultime statistiche ufficiali – una ricerca ISTAT in collaborazione con la Fio.PDS (Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora) – in Italia i senzatetto erano più di 50.000 nel 2015. A livello europeo si parla di 700.000 persone che vivono per strada o in ricoveri provvisori. In costante aumento, di anno in anno.
Un problema complesso
Secondo Feantsa (European Federation of National Organisations Working with the Homeless) e Fondazione Abbé Pier, tra i problemi più complessi da risolvere, c’è la gestione dei ricoveri di emergenza. L’accesso condizionato a processi di selezione e la gestione stagionale rendono i ricoveri una soluzione emergenziale e temporanea, senza che ci sia una strategia di aiuto e reinserimento efficace sul medio e lungo periodo. Un altro dato che dovrebbe mettere in allarme la società è l’aumento dei giovani tra i senzatetto, nonché le situazioni di rischio che riguardano le famiglie monogenitoriali. Anche se mancano dati esaustivi, la crisi economica ha influito probabilmente sull’aumento delle persone senza fissa dimora.
Le notizie e i report raccontano una realtà che, per la maggior parte dell’anno, rimane nascosta – o ignorata – dall’opinione pubblica. Di certo, a breve, con l’arrivo dei mesi più freddi e dei primi decessi tra i senzatetto, scatteranno i piani emergenziali delle istituzioni. Numeri verdi, appelli ad aprire le stazioni ferroviarie, interrogazioni parlamentari. Il tutto senza un piano davvero efficace o un sostegno reale alle tante associazioni di volontari che si prodigano per dare aiuto a queste persone in difficoltà.
Anzi: molto spesso i clochard sono considerati un problema per il decoro cittadino, persone da multare, cittadini di serie B.
Un rischio diffuso
I dati raccontano la realtà di un fenomeno che, proprio per la sua natura sfuggente, è probabilmente molto più ampio rispetto ai numeri delle statistiche. Ed è sicuramente molto sfaccettato. Ci sono tra loro persone che lavorano, in nero o saltuariamente (circa il 62%), altri che vivono di elemosina ed espedienti. Altri ancora che non hanno alcun reddito, mentre solo il 3% riceve sussidi assistenziali. Le donne (il 14%), hanno spesso storie legate alla rottura dei rapporti famigliari. La perdita del lavoro è spesso la causa che innesca i guai per molti uomini. L’immigrazione e le scarse possibilità di integrazione possono spingere sulla strada molti stranieri, così come l’incidenza del costo dell’abitazione (per molte famiglie più del 40% del reddito) crea difficoltà alle famiglie, che spesso non hanno altra scelta che cercare un’abitazione alternativa di fortuna. La spirale è spesso molto più rapida di quanto si possa immaginare e le possibilità di uscirne sono tanto più scarse quanto la situazione è inaspettata. Per dirla ancora con le parole di Izzo “Solo quando il mondo ti crolla addosso scopri l’orrore. Che nel mondo esiste l’orrore. Perché sei sbattuto in un’altra vita e incontri gente di cui non avevi nemmeno immaginato l’esistenza, né il dolore”. Gli ultimi dati ISTAT parlano del 20,3% della popolazione italiana a rischio povertà. Situazioni in cui può bastare poco perché si spalanchino le porte della vita in strada.
La storia, tristemente, si ripete
Nel 2018 fecero notizia i 10 clochard morti in due mesi a Roma. La capitale, città della carità cristiana, e Milano, città del progresso, raccolgono insieme almeno un terzo di tutti gli homeless in Italia. Altri morirono in Veneto, nel bergamasco. Storie simili, ma ciascuna diversa dalle altre, che raccontano di difficoltà, spesso abbandono, disperazione. Giacigli fatti di cartoni e coperte che è possibile osservare in ogni città – italiana ed europea – davanti ai quali, ogni giorno, passano migliaia di persone senza quasi farci caso. Solo la notizia di un senzatetto morto ci ricorda che sotto quei cartoni e quelle coperte si trovava un essere umano.
Eppure il report di Feantsa e della Fondazione Abbé Pier sottolinea come la situazione non sia affatto inevitabile. In Finlandia, ad esempio, si è passati dai ventimila senza tetto degli anni ’80 ai seimila del 2017. Ma, sottolinea sempre il report: “La sistemazione di emergenza deve diventare un servizio di transizione a breve termine, accessibile a tutti, e una piattaforma per reindirizzare le persone a soluzioni appropriate”. Per farlo però, sottolinea il documento, sarebbero necessarie la “mobilitazione di una solida base giuridica, la volontà politica e la pianificazione strategica”. Un piano che riconosca l’obiettivo della dignità e dei diritti umani come qualcosa di imprescindibile. Non un temporaneo piano di “emergenza freddo”, da attuare solo quando i giacigli di fortuna sono illuminati dalle luci natalizie o quando, come oggi, arriva la notizia di un altro senzatetto morto per strada.
Simone Sciutteri