“Nella sconfortante ultima legge di bilancio, dove la parola università è pressoché assente, dove non è dedicata ad essa un solo pensiero e una sola strategia, è stata minata, con il silenzio, la nostra libertà”, – sottolinea il rettore dell’Università degli Studi di Milano, Elio Franzini, affermando che – “non di contingenti e posteriori foglie di fico ha bisogno l’Università italiana, o di annuali piani straordinari, bensì di progetto, di disegno, di investimento per il futuro“. “Ignorarlo – e quest’anno come non mai – significa ignorare la progettualità del Paese, il suo futuro, il suo destino”.
Queste parole si riferiscono al discorso introduttivo del rettore in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico nell’Ateneo milanese, svoltosi il 4 febbraio. Inducono ad una riflessione profonda sul macro settore Istruzione, Ricerca e Università, centrale per qualsiasi Paese che voglia fare dell’innovazione e del progresso il suo punto di riferimento. Non solo.
La centralità assume valore anche rispetto allo sviluppo di una strategia di internazionalizzazione, capace di instaurare relazioni con altre università europee e mettere in evidenza percorsi di ricerca scientifica che rappresentano il futuro. Per formare il tessuto sociale, culturale ed economico c’è bisogno dello studio. Inutile negarlo.
La libertà di costruire e progettare è il punto focale da tenere ben presente
In occasione della cerimonia d’inaugurazione del nuovo anno accademico, è intervenuta anche Marta Cartabia, costituzionalista, giurista e Presidente della Corte Costituzionale nonché prima donna ad aver assunto tale carica a partire dall’11 dicembre dello scorso anno. Il suo intervento è stato ricco di spunti interessanti.
Ad esempio, quando si è parlato della convinzione che “la vitalità della democrazia dipenda dalla questione – in senso ampio – educativa” e che “seminare nel campo dell’istruzione significa investire nei cittadini di oggi e di domani”. La scuola, infatti, insegna a costruire ed esprimere un pensiero critico, assumendo un compito elevato e necessario per lo sviluppo della democrazia e di una società autentica.
L’Italia non dimostra di avere coraggio e progettualità: questa è la verità
Perché, altrimenti, gli investimenti nella Ricerca sono al di sotto della media europea? Nel caso delle scuole inferiori e superiori, ad esempio, uno studio condotto dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), che include 36 membri in tutto il mondo, rivela che il nostro Paese spende il 3.6% del PIL totale, al di sotto della media del 5% dei Paesi OCSE, che corrisponde inoltre ad una delle percentuali più basse tra questi.
Certo, quando si tratta di celebrare le eccellenze italiane si è in prima fila, come nel caso dell’Istituto Spallanzani a Roma, dove quattro ricercatrici hanno isolato il Coronavirus, una delle quali precaria. Tuttavia, nel momento in cui bisogna varare la nuova legge di bilancio si decide di non destinare maggiori risorse a questo settore così importante.
Perché ancora oggi la ricerca è un settore lavorativo precario? Intanto, il neo Ministro Manfredi, in occasione della sua nomina, a fine dicembre, disse di non poter considerare l’Università e la Ricerca come “la Cenerentola del Paese”.
Speriamo quindi che ci sia una inversione di rotta, il prima possibile.
Marta Annalisa Savino