Sentimenti nazionali: il facile entusiasmo e la delusione nazional-popolare

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Sentimenti nazionali: il facile entusiasmo e la delusione nazional-popolare

Da qualche giorno mi girava e rigirava in testa l’idea di dedicare qualche pezzo a qualcosa che ci unisce, a quei sentimenti che ci caratterizzano come nazione, o popolo … se proprio vogliamo esagerare.

Nella mia riflessione è passato di tutto e di peggio, perché da buon italiano sono bravo a criticare, ma di un sentimento – diciamo passabile – si può parlare, ed è il facile entusiasmo. Meglio glissare su sulla tendenza a uniformarci nei giudizi: nessuno ammetterebbe mai, ad esempio, che preferisce i culi di Ingres alla faccia della Gioconda, eppure, senza problemi, al Louvre ci soffermiamo più sui primi che sulla seconda e non solo per questioni di fila che deve scorrere.

Sul facile entusiasmo ci hanno mangiato e ci mangiano in tanti, e se è un periodo di stanca e ci viene difficile entusiasmarci, nessun problema!, riusciamo persino a fare un utile sforzo pur di non riflettere troppo.

Chiamatele se volete facili infatuazioni, allegre e speranzose deleghe di responsabilità ma lo facciamo sempre. Pensiamo al governo Renzi: nonostante ci sia stato imposto, all’inizio molti hanno pensato: beh è uno nuovo (vabbè, meglio non ravanare in proposito!), è giovane, quindi lasciamolo fare. Come se il governo del paese sia la macchina nuova da dare in mano a un neopatentato. Ma il salto nel buio è preferibile all’impegno, è più comodo “zompare” alla cieca così possiamo riporre le nostre speranze al di fuori di noi e del nostro agire, con l’illusione che possa essere finalmente ogni volta #lavoltabuona”. E’ facile innamorarsi del primo che dice “faccio tutto io” per i primi tempi, no? Se, poi, non fa una mazza non conta, l’infatuazione iniziale fa sembrare fatiche di Sisifo anche le promesse.

Ma andiamo ancora più indietro, parliamo del neo ottantenne  Silvio Berlusconi e della sua famosa “discesa in campo”: era il 1994 e, nonostante “Mani Pulite”, l’Italia godeva ancora del positivo riverbero offerto dalla crescita economica degli anni 80’, e per salvarsi le terga (parola di Montanelli e Biagi) Berlusconi decise di entrare in politica.

In fondo pochi credevano ai suo slogan patinati, al milione di posti di lavoro, alla inclita buona fede e amore incondizionato per l’Italia, eppure pensammo: non è un politico, casomai non ci saranno un milione di occupati ma qualcuno ci sarà, poi è già ricco mica ha bisogno di rubare? Che male può farci?

Ebbene questo innocuo romanticone che si attaccò ai nostri sentimenti traditi dal latrocinio della prima repubblica è stato in grado di rovinare l’economia del paese, indebolire e render ridicole le istituzioni, abbassare la qualità della politica italiana – già mediocre all’epoca di suo -, e, non pago, insieme ad una sinistra allo sbando in procinto di suicidarsi, ha recuperato, ripulito e riproposto tutta la malapolitica spazzata via dalle inchieste giudiziarie, per poi chiudere in bellezza il suo carrierone dettando le regole del suo commiato politico – da condannato – imponendo riforme deleterie e infauste per tutti noi. In poche parole dopo il Berlusconismo Mani Pulite sembrava quasi un’ innocua cresta sulla spesa al supermercato.

Insomma, noi italiani più che credere a tutto quello che ci propinano, saltiamo da infatuazione ad infatuazione con l’oziosa speranza che arrivi quello buono che ci cambi davvero la vita. Una sorta di innamoramento istantaneo che deve renderci felici senza sforzo o impegno.

La nostra vita è già complicata: c’è poco lavoro, la famiglia costa, siamo pieni di debiti in leasing, poi c’è l’affitto, lo smartphone a contratto, l’amante esosa, anche l’idraulico costa troppo … con tutti questi buffi almeno lasciamoci trasportare dai sentimenti pieni di sincerità ed entusiasmo del demagogo di turno con la vana speranza che si riveli un Pericle dei giorni nostri. No?

In fondo se facciamo la fine di K. con l’infermiera Leni, a noi cosa importa? Prima o poi arriverà un altro innamorato pazzo di noi che, per un lunghissimo quarto d’ora, alimenterà il nostro desiderio di sentirci salvi senza far fatica.   

vignetta di Mauro Biani

 

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